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29 Settembre 2024 18:00

La storia del pollo al curry, il piatto più rivisitato al mondo

Sebbene sia associato all'India, questo piatto è un vero e proprio mix di culture che vede tra gli attori principali anche la Scozia, dove la narrazione più nota vuole che sia stato inventato il chicken tikka masala, ovvero la versione più famosa di sempre.

A cura di Federica Palladini
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Il pollo al curry è uno dei piatti più celebri a livello globale, il risultato della fusione tra culture culinarie diverse che ha saputo evolversi e adattarsi nel corso del tempo. Sebbene il termine "curry" sia spesso associato alla cucina indiana, le sue interpretazioni e varianti si trovano praticamente ovunque. Si tratta di un piatto dalla storia particolare, che arriva da tradizioni antiche e contemporaneamente è un simbolo gastronomico modernissimo, diventato addirittura “a true national dish”, una specialità tipica della Gran Bretagna, più amata del fish & chips. Andiamo alla sua scoperta.

Le origini e la diffusione del pollo al curry

Per comprendere l'origine del pollo al curry, è necessario fare un passo indietro e puntare i riflettori sul concetto di "curry", un termine di derivazione europea preso in prestito dalla parola di lingua tamil "kari", che significa “salsa” o “zuppa”. In India, dove il curry ha avuto origine, non esiste un piatto specifico chiamato così come lo intendiamo oggi in Occidente. Questo nome è stato introdotto dai coloni britannici che, durante la loro permanenza nel subcontinente indiano nel XVIII e XIX secolo, lo usavano in riferimento a una vasta gamma di preparazioni che prevedevano l’uso di spezie e salse. Quando gli inglesi tornarono in patria, portarono con sé la passione per questa cucina particolarmente saporita, ma modificarono le ricette indiane per adattarle ai propri gusti e alle disponibilità di materia prima dell’epoca. In India, per esempio, il pollo era una delle diverse proteine impiegate, ma nel Regno Unito, dove questa tipologia di carne era molto popolare, soprattutto perché più accessibile economicamente, divenne l'ingrediente d’elezione da abbinare al curry.

Il pollo al curry, quindi, inizia a diffondersi in Europa come una variante semplificata rispetto agli originali più elaborati, mantenendo comunque la sua identità “esotica”. La chiave di volta è l’introduzione della "curry powder", un mix di spezie standardizzato che i britannici mettono a punto per riprodurre i sapori indiani, senza però aderire rigidamente alle tecniche tradizionali di miscelazione delle spezie. Un altro importante passo avviene nel corso del XX secolo, con la crescente migrazione di persone dall’India verso il Vecchio Continente e altre parti del mondo, con la conseguente apertura di ristoranti, che propongono piatti autentici o rivisitati. Londra, in particolare, diventa la destinazione più gettonata: ma non è qui che, negli anni ‘70, avrebbe visto la luce la versione di pollo al curry più celebre di tutte, il chicken tikka masala, bensì a Glasgow, in Scozia.

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L’invenzione del chicken tikka masala

La storia più nota dell'invenzione del chicken tikka masala ha come protagonista il pakistano-scozzese Ali Ahmed Aslam, nato nel 1945 in un piccolo villaggio vicino a Lahore, allora facente parte della British India: si trasferisce a Glasgow da ragazzino insieme alla famiglia, che apre il primo ristorante indiano della città nel 1959. Aslam segue le orme paterne e nel 1964 inaugura il suo locale, il Shish Mahal. Un giorno, siamo negli anni ‘70, un cliente si lamenta che il chicken tikka – un classico piatto indiano realizzato con pezzi di pollo disossati e marinati in spezie e yogurt e poi cotti su spiedi nel forno tandoor – è troppo asciutto. Nel suo racconto (perché comunque tanti altri cuochi ne rivendicano la paternità), Aslam narra che improvvisò un condimento utilizzando un po’ di tomato soup (una salsa di pomodoro dalla consistenza cremosa, diventata iconica nel barattolo Campbell riprodotto da Andy Warhol) ristretta e mescolata con yogurt, da accompagnare alla carne e renderla meno secca. Da questo esperimento prenderebbe vita il celebre chicken tikka masala, dolce e meno piccante dei curry indiani, che incontra rapidamente l’approvazione dei palati dei sudditi di sua Maestà. Nel 2001 questo piatto superò in preferenze il fish & chips, cibo prediletto del Regno Unito e l’allora Ministro degli Esteri britannico Robin Cook lo definì “a true British national dish, not only because it is the most popular, but because it is a perfect illustration of the way Britain absorbs and adapts external influences”. Insomma, una vera e propria specialità nazionale, conseguenza del più positivo incontro tra culture. Ali Ahmed Aslam è morto nel dicembre 2022 all'età di 77 anni.

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Pollo al curry: dalla Gran Bretagna al Giappone

L'interpretazione più semplice del pollo al curry potrebbe essere descritta come una ricetta che prevede di rosolare i pezzi di pollo in olio o burro, per poi cuocerli in una salsa più o meno cremosa insaporita con il curry in polvere, disponibile in tutti i supermercati, o con il garam masala, una nota miscela di spezie (cumino, coriandolo, curcuma, noce moscata) e ingredienti aromatici come cipolla, aglio, coriandolo e zenzero, che varia a seconda del luogo di origine. Il modo migliore per godere dei profumi e delle proprietà delle spezie sarebbe quello di macinarle al momento, ma a livello casalingo non è una pratica comune, dato che il pollo al curry è diventato un vero e proprio comfort food facile e veloce, spesso abbinato al riso basmati. Nei Paesi del Sud-est asiatico, tipo la Thailandia e la Malesia, il curry si caratterizza per avere latte di cocco, lemongrass e galanga, protagonisti della cucina locale. Persino in Giappone è diventato uno tra i cibi più consumati, grazie all'introduzione di un curry dolciastro, da abbinare anche ad altre tipologie di carne e verdure, conosciuto come "kare raisu" (significa “curry and rice”), frutto delle influenze dei commerci con l’occidente nel XIX secolo, e vede alla base della salsa un roux realizzato con la farina. Un piatto ormai talmente radicato che si trova non solo nei menu dei ristoranti, ma anche nelle mense scolastiche.

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Quello che i piatti non dicono
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