Il kebab nasce nel Medioevo, con i guerrieri dell'Impero Ottomano che infilzano della carne sulle proprie spade durante i lunghi viaggi. Un piatto per viandanti che con la sua golosità ha poi conquistato tutto il mondo. Il kebab che mangiamo oggi, più precisamente detto döner kebab, nasce invece in Germania, grazie a due ingegnosi immigrati turchi che hanno rivoluzionato lo street food in tutto il mondo.
Il kebab è uno di quei piatti che ha decine di storie diverse, con tante nascite e rinascite. Un piatto ostracizzato, disprezzato, mal voluto, che però con il suo gusto semplice ha conquistato tutta l'Europa. Se ancora il continente risulta diviso su tante questioni importanti, su alcuni piatti è più unito che mai. La storia del kebab ha radici molto lontane, si perdono nella notte dei tempi, ma al contempo si tratta di una pietanza molto vicina a noi, più di quanto immaginiamo.
Parte dal Nord Europa, a causa delle emigrazioni dei mediorientali, in Italia il kebab arriva negli anni ’90, invade le piazze delle nostre città, in particolare a Torino e Milano. Gli anni ’90 sembrano vicini ma non lo sono affatto: oggi è scontato trovare una grande pizza fritta o un magnifico arancino anche se lontani dai luoghi d'origine, negli anni '90 era impossibile, o quasi. Il kebab potrebbe essere stato il "vero" primo street food contemporaneo, quello che travalica i confini, le culture e prende una fetta enorme di pubblico giovane, sempre in movimento, che vive la notte con lussurioso piacere.
Ancora oggi il kebab è quel tipo di cibo da strada che le persone mangiano barcollando dopo mezzanotte, perché grassoso, ricco di proteine, carboidrati, verdure, salse. È economico e veloce, è l'alternativa salata al "cornetto di mezzanotte" tipico delle serate tra giovani degli anni ’80 con Antonello Venditti nell'autoradio. Un piatto particolare, che va approcciato col giusto stato d'animo perché alla vista non è bellissimo, l'odore è forte, il primo assaggio può disorientare per questo miscuglio di ingredienti ma dopo qualche secondo tutto è già passato e allora cerchiamo solo un altro morso, e ancora un altro subito dopo. Il kebab è così, un comfort food di cui tutti abbiamo bisogno.
Abbiamo detto che il kebab ha tante storie, la prima che bisogna raccontare è quella più vicina a noi: il kebab come lo conosciamo è la sua versione moderna, ha circa 50 anni ed è nato grazie a due immigrati turchi in Germania. Quindi sì, in teoria il "kebab moderno" è tedesco.
Questa è una cosa molto bella: in "Lui è tornato", gioiellino di David Wnendt che racconta satiricamente il ritorno di Hitler in Germania, il dittatore ironizza proprio su questa "invasione degli ottomani" avvenuta a Berlino dalla sua scomparsa in poi. La diaspora turca ha portato circa un milione e mezzo di "ottomani" in Germania a partire dagli anni ’60 e oggi rappresenta la più grande comunità straniera del Paese. Come tutte le emigrazioni della storia ci hanno insegnato, inizialmente i turchi si sono impegnati nei lavori più umili, con il passare degli anni però, il mercato dei "lavori umili" si è saturato e allora hanno virato sul cibo. Il kebab nasce proprio così, negli anni ’70, grazie a Mehmet Aygün e Kadir Nurman, due ragazzi di belle speranze che hanno cambiato la gastronomia mondiale.
Prima di trasformare il kebab per sempre, sono i semplici proprietari di un ristorante turco senza pretese: la carne di montone è cotta al girarrosto, in orizzontale, un po' come i nostri polli allo spiedo, e viene servita al piatto. La prima intuizione è di Memhet: questa carne, anziché metterla in un piatto, perché non provarla in un panino? È il secondo street food della storia della Germania che entra in competizione con il primo in poco tempo, creando uno spaccato generazionale. Gli anziani comprano il currywurst, i giovani l'esotico kebab. Il problema di questo "nuovo" piatto è la lentezza della preparazione, ma in questo caso entra in gioco l'ingegnoso Kadir: lo spiedo posto in verticale, con una fonte di calore costantemente accesa a bassa temperatura così da poter servire le persone in velocità. L'idea è geniale e dà vita, ufficialmente, al döner kebab (in turco, döner significa rotante).
Da questo momento in poi il kebab ha una diffusione capillare in tutto il continente europeo e poi negli Stati Uniti. Nella versione panino o "piadina" il kebab viene mangiato praticamente in tutto il mondo. Una soluzione economica alla fame notturna, per un settore davvero molto florido: secondo il Guardian, solo in Europa, lavorano circa 250 mila persone con un giro d'affari che si aggira attorno ai 3 miliardi di euro. Il giornale inglese lancia anche una frecciatina ai tedeschi: per il Guardian la pietanza arriverebbe proprio in Inghilterra prima che in Germania. Il primo kebab europeo, infatti, risalirebbe al 1966, ma senza le "innovazioni" del döner e del panino. La verità è che la vera rivoluzione l'hanno fatta senza ombra di dubbio in Germania, ma parliamo pur sempre di un prodotto che ha centinaia di secoli. In Turchia ad esempio, il kebab compare centinaia di anni fa, servito in un piatto, in cui viene disposto come un cumulo di fette di carne accompagnate da riso e verdure.
Vi siete mai chiesti perché sulle insegne dei locali, a volte leggete la parola con la "B" finale e altre volte con la "P"? State tranquilli, non c'è alcuna differenza tra il kebab e il kepap, se non nella lingua: il significato è sempre "carne arrostita", ma nel primo caso si tratta della parola in turco, nel secondo della traslitterazione dall’arabo. Questa differenza minima è molto importante perché ci porta a fare un passo indietro nella storia.
Prima non si faceva così il kebab, non c'era alcuna pita, non c'erano i pomodori, ma la pietanza si mangiava ugualmente per strada. La leggenda vuole che i soldati persiani nel Medioevo cuocessero dei pezzi di carne infilzati sulle spade; pezzi non particolarmente grandi. Spesso servito con riso, pane naan oppure azzimo. Il pane in Turchia è un affare molto serio ancora oggi e le varietà che hanno superato le intemperie del tempo sono davvero squisite. Per questa sua natura, carnivora e guerriera, il kebab originariamente viene mangiato solo dai soldati e dai nomadi che non avevano la possibilità di cucinare con grandi fuochi e che quindi dovevano arrostire la carne in piccole porzioni.
Pensate a quanto sia affascinante questa cosa: il kebab, nato nel Medioevo, aveva la stessa funzione di oggi, ovvero sfamare i viandanti, accompagnare le persone negli spostamenti, uno street food antico.
Dalla Persia si sposta poi in Grecia e in Arabia Saudita perché in età ottomana la cucina turca conquista tutto il Mediterraneo. Troviamo piatti simili nell'Africa Settentrionale, in Palestina e in Israele. Secondo Ibn Baṭṭūṭa, un esploratore marocchino del 1300 questo piatto c'è anche in India. Ibn scrive il Rihla, un meraviglioso diario di bordo che copre buona parte del mondo allora conosciuto descrivendo minuziosamente posti e alimenti. Il viaggiatore racconta di un piatto, mangiato ai tempi del Sultanato di Delhi, servito nei palazzi reali e nei mercati, con pane naan e carne di montone sfilacciata. Siamo dunque dinnanzi a un piatto davvero antico che nella sua semplicità ha conquistato i palati di tutto il mondo.
La domanda delle domande. In Italia siamo ossessionati dal cibo e appena c'è qualcosa di esotico e di non facilmente identificabile parte la corsa all'ostracismo. Nelle ultime settimane è montata la polemica sull'autorizzazione alla vendita di insetti diramata dall'Unione Europea, va da sé che uno spiedo di carne rotante crei sospetti nei clienti. Anni di fake news e maldicenze sul kebab ne hanno minato la vendibilità, soprattutto rispetto ai clienti più anziani, eppure i kebabbari sono soggetti a tutte le norme Hccp che seguono i ristoranti italiani. Quindi, innanzitutto, nessuna paura per le tipologie di carne usate. L'Italia ha uno dei regolamenti più stringenti al mondo sulla sicurezza alimentare.
Un kebab di alta qualità è composto da tagli nobili di diversi tipi di carne (agnello, montone, bovino, pollo, tacchino). Ci sono poi tanti kebab di bassa qualità che contengono tagli di carne di minor pregio, che vengono raccolti e tritati. La cosa certa è che non troverete mai carne di maiale perché la religione islamica, quella più diffusa in Turchia, vieta espressamente di consumare questo tipo di animale. Generalmente in Italia, a prescindere dalla qualità delle carni, troverete quasi sempre manzo, pollo e agnello.
Per la preparazione del kebab tradizionale sono poi necessarie delle verdure, solitamente pomodori, cipolle, lattughe, peperoni, a seconda dei gusti personali. Fondamentali sono le salse, tradizionali della cucina turca come ad esempio la harissa, una salsa piccante a base di peperoncino, o la tzatziki, una salsa preparata con yogurt e aglio. La globalizzazione ha poi portato anche altri tipi di salse, e oggi non è difficile incappare in maionesi, ketchup o salse barbecue in giro per le città.
Come condimento del kebab di solito ci sono varie spezie provenienti dal Medio Oriente ma la vera particolarità della preparazione sta nel metodo di cottura e di taglio: la carne utilizzata viene tagliata a strisce e infilzata in uno spiedo, questo permette a tutti i grassi presenti nei vari strati di passare attraverso le fette, così da insaporire il kebab. È per questo che i kebap sono sempre gustosi e non "rinseccoliscono" nonostante la lunga preparazione.