Un piatto di recupero tipico della cucina napoletana con un nome davvero particolare: ecco cos'è e come si prepara "'o sicchio d'a munnezza".
La cucina di recupero fa parte della tradizione italiana da secoli: siamo sempre stati un popolo di ingegnosi e di affamati, di persone che non si sono mai potute permettere di buttar nulla. In quest'ottica nasce "o siccio d' ‘a munenzza", un piatto tipico del Natale a Napoli, o sarebbe ancor meglio dire che è un piatto della fine del periodo natalizio partenopeo. Ti diciamo subito che il suo nome non è per nulla invitante: la traduzione letterale è "il secchio della spazzatura", un modo ironico per definire questo primo piatto molto semplice fatto esclusivamente con ingredienti che andrebbero gettati, a eccezione degli spaghetti.
A dispetto del nome non particolarmente goloso, in realtà il piatto è gradevole perché vengono usate le rimanenze della frutta secca natalizia, principalmente noci, pinoli e uvetta. Ad arricchire il tutto si usano i pomodorini del piennolo, conservati proprio per il periodo di Natale, erbe aromatiche e altri elementi a disposizione a casa. La ricetta non può essere infatti univoca proprio perché è di recupero: c'è chi ci aggiunge le olive, i pistacchi, le nocciole, tutte le cosiddette "ciociole" o "siosciole", il nome collettivo per definire la frutta secca che si sgranocchia a fine pasto. Di questo insieme fanno parte noci, castagne, datteri, noccioline, mandorle, fichi secchi, quindi puoi usare uno qualsiasi di questi ingredienti per preparare il piatto. Questo raggruppamento di prodotti è chiamato anche "o spassatiempo", nominato nella celebre Rumba de' scugnizzi, perché le sciociole servono proprio a passare il tempo dopo i bagordi a tavola. È un piatto goloso e veloce, che ha un bassissimo food cost: puoi cucinarlo anche durante l'anno, tenendo bene a mente che i pomodorini del piennolo (difficili da trovare fuori dalla Campania) puoi sostituirli con dei semplici datterini, soprattutto in estate.
La ricetta che ti proponiamo è di Slow Food: l'associazione che era presieduta da Carlo Petrini è andata alla ricerca della più comune preparazione di questo piatto della nonna ma ribadiamo che tutto sta nelle tue mani: non c'è una "legge" scritta. Secondo "La pasta nelle osterie d'Italia", il volume in cui è stata pubblicata la ricetta, il modo migliore per preparare questo delizioso primo piatto di recupero è mettere in ammollo l'uvetta in acqua calda per 15 minuti, tritare le noci, le nocciole, i pinoli, il prezzemolo e l'uvetta. Se vuoi puoi aggiungere a questo trito anche delle olive nere denocciolate. Prepara poi un soffritto di olio e aglio (scamiciato e schiacciato) ma elimina quest'ultimo una volta indorato. Aggiungi noci, pinoli, nocciole, i capperi e l'uvetta, ma solo come ultimo elemento; lascia cuocere per un paio di minuti. Ti suggeriamo di usare un tegame abbastanza grande perché ci dovrai saltare gli spaghetti. Nel frattempo taglia i pomodorini del piennolo e poi aggiungili al tegame: dopo cinque minuti di cottura aggiungi le olive, il prezzemolo e, sempre a seconda del proprio gusto, anche un po' d'origano. Lascia insaporire il tutto per qualche minuto e spegni il fuoco, lasciando però il coperchio.
Metti su l'acqua per la pasta e scola al dente, passa gli spaghetti nel tegame o in una padella e, con l'aiuto di un po' d'acqua di cottura amalgama per bene tutto il condimento. Servi questo squisito primo avendo cura di raccogliere tutto il sugo: è una ricetta di recupero, non si butta via niente.