Potremmo far durare la pasta fresca più a lungo, da uno a quattro mesi, grazie all'utilizzo di particolari batteri e gas. È il risultato di uno studio condotto anche dall'Università di Bari: come cambia la conservazione della pasta.
La pasta fresca può conservarsi più a lungo con l'aggiunta di batteri ‘buoni' nell'impasto e modificando le percentuali di alcuni gas contenuti nella confezione. È quanto emerso da uno studio realizzato dall'Università Aldo Moro di Bari in collaborazione con il laboratorio privato Food Safety Lab e l’Istituto di Biomembrane, Bioenergetica e Biotecnologie Molecolari del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Utilizzando nell'impasto una percentuale di batteri probiotici (come, per esempio, quelli contenuti anche nello yogurt) si riuscirebbe a conferire alla pasta una maggiore e più lunga conservabilità. La ricerca nello specifico è stata condotta su delle trofie, in grado di beneficiare dell'aggiunta di questi micro organismi. Il risultato: una durabilità più lunga di almeno 30 giorni.
"La stabilità microbica della pasta fresca dipende dal trattamento termico, dalla temperatura di conservazione, da adeguati conservanti e dal confezionamento in atmosfera" questo l'incipit dell'articolo pubblicato su Frontiers in Microbiology, dove si spiega nel dettaglio come l'aggiunta di batteri probiotici come il Lactobacillus acidophilus, Lactobacillus casei, Bifidobacterium spp. e Bacillus coagulans nella farina riesca a garantire al prodotto finito una più lunga conservazione, evitando modificazioni nelle principali proprietà chimiche dell'alimento.
Quelli di cui si sta parlando e oggetto dello studio sono batteri definiti ‘buoni', benefici e già naturalmente presenti nel nostro intestino, in grado di contrastare il proliferare di micro organismi nocivi. Aggiungendoli all'impasto questi sarebbero in grado di garantire una vita più lunga alla pasta stessa, capace in questo modo di conservarsi fino a un mese in più rispetto alla norma in condizioni normali e fino a 120 giorni in condizioni refrigerate.
Non solo, lo studio ha preso in considerazione anche una differente modalità di imballaggio del prodotto, con una riduzione nella percentuale di plastica. In aggiunta, anche modificare le percentuali dei i gas utilizzati nel processo di Confezionamento in Atmosfera Modificata (Map), con la rimozione di ossigeno, ha contribuito ad allungare la vita della pasta fresca in questione. Una ricerca in grado non solo di garantire una maggiore conservabilità del prodotto, ma anche di ridurre così gli sprechi alimentari.