La panna è sempre troppo spesso oggetto di cattiverie da parte dei “gastrofighetti”: un ingrediente che va oltre le mode e si presta in maniera imprescindibile a numerose preparazione. Scopriamo insieme i mille usi della panna fresca – e non solo – e perché la consigliamo sia in cucina sia in pasticceria.
Ogni volta si legge il popolare meme napoletano “a mio fratello ingiustamente incarcerato” il pensiero va sempre alla povera panna che, per un motivo o per un altro, è stata spesso bistrattata dai nuovi “gastrofighetti” nati nell’epoca delle mode gourmand. Che la cucina abbia fatto passi in avanti in modo esponenziale negli ultimi 50 anni è cosa nota: una fase evolutiva necessaria per una puntuale presentazione di piatti corretti, impeccabili e all’avanguardia. Certo è che per parlare di “cucina evoluta” bisogna conoscere bene l’origine degli alimenti perché “l’innovazione” nasce dalla conoscenza. Quindi, se è noto il fatto che il filone della nouvelle cuisine sia nato in Francia con Jean e Pierre Troisgros, quello che molti non conoscono, però, è il piatto che ha reso celebre questi colossi della cucina francese: il salmone all’acetosella o saumon à l’oseille (come giustamente si è sempre chiamato in Francia). Questo “famoso” piatto prevede la panna acida come ingrediente principale.
Una cosa è certa: preferire la panna vegetale a quella fresca, pensando faccia meno male, è scorretto. Di fatto, la panna vegetale prevede tutta una serie di lavorazioni artificiali che renderanno il prodotto più leggero, ma non meno dannoso. Come tutte le cose ci vuole sempre buon senso, ed un buon uso. Conosciamo insieme la panna: un grande ingrediente, complice di tantissime preparazioni in cucina e in pasticceria.
In Italia si chiama panna, a Londra double cream, il risultato è sempre lo stesso: una crema ricavata dalla parte grassa del latte. La panna, o crema di latte, è la parte grassa del latte ottenuta in modo spontaneo per affioramento in seguito a decantazione lenta, oppure per centrifuga. Esistono in commercio vari tipi di panna, in base alla destinazione d’uso, e per le direttive europee deve contenere un minimo di grassi lattieri pari al 10%. Quanti tipi di panna esistono?
Le principali usate sono la fresca e la UHT (Ultra High Temperature) e si differenziano sotto diversi punti di vista. La prima ha una durata minore di conservazione mentre la seconda, a seguito della lavorazione, ha una conservazione più lunga. La fresca si presta sia in pasticceria sia in cucina – ed è più facile da montare – mentre la seconda solo in cucina ed è difficile da montare a causa della gelificazione delle proteine casearie con il grasso e di una scarsa quantità lipidica di circa il 25%. Inoltre la UHT ha una quantità di grassi minore rispetto all’altra.
Esistono altri tipi di panna: doppia, repressa, panna da caffetteria, panna acida e spray. Ognuna è studiata in modo diverso in base all’utilizzo e alla destinazione finale.
Il burro è un prodotto che si ottiene a partire dalla panna. Per farlo la panna viene agitata in modo energico in un processo chiamato zangolatura, procedimento che stimola il condensamento dei grassi presenti nella crema di latte, formando delle masse. Per burrificare, la panna deve avere un quantitativo di grassi pari al 35‐40%: quanto più è grassa la panna, più il processo di burrificazione diventa semplice.
La lavorazione della panna permette la formazione di masse di grasso sempre più grandi, finché non diventano grandi quando dei chicchi di cereali; nella fase successiva, la parte solida viene separata da quella liquida, il latticello. Un prodotto che viene a sua volta usato sia nelle cucine americane, sia come bevanda in molti territori dell'Europa del Nord, ma anche in Asia. La parte solida, invece, viene lavorata per ottenere appunto il burro.
Esistono diversi tipi di burro, a seconda della tecnica specifica usata per produrlo: centrifugato, burro di affioramento, grezzo e burro di siero. Per farlo in casa, in maniera basica, basta munirsi di panna fresca e di una planetaria.
Ci sono alcune “convinzioni” che nascono sulla base della non conoscenza: la vulgata che vuole la panna come prodotto dannoso è errata. Senza scomodare Troisgros – come abbiamo fatto all’inizio – possiamo certamente dire con certezza che esistono tante, tantissime, ricette che senza panna non avrebbero ragione di esistere. Chi conosce la differenza fra passato e vellutata? Ecco, solo per dirne una, è che nella seconda va aggiunta alla fine la panna fresca.
Certamente un uso improprio del prodotto tende a ingrassare troppo il piatto e a coprirne il sapore: per questo, prima di ripudiare un prodotto, bisogna conoscerlo e saperlo giudicare. Un maritozzo senza panna non esiste, così come non avrebbe senso la Pavlova. Nessun russo di buon appetito, e buona tasca, può rinunciare al suo spuntino con i blinis e caviale, e nessun tiramisù può nascere senza mascarpone: ebbene sì, cari lettori, per chi non lo sapesse il mascarpone è un formaggio ricavato dall’acidificazione della panna. Inoltre, cosa lega quei famosi – gustosi e succulenti – fili di pasta di mozzarella all’interno della burrata o della stracciatella? La panna.
Se vogliamo spingerci, senza storcere il naso, sulla pasta possiamo dire con certezza che ci sono “must” della cucina italiana “salva cena”, ma con gusto, che vedono la panna come elemento indispensabile: penne alle 3 P (panna, prosciutto e piselli), pennette alla vodka, farfalle panna e salmone. Su quest’ultima, più che un appunto sulla panna, andrebbe fatto sull’abbinamento: il salmone – magari affumicato e imbustato – non andrebbe unito con una crema grassa. Però, se di comfort food parliamo, e non di Cracco o Berton, possiamo certamente dire che un buon salmone fresco – non di allevamento – con un cipollotto tritato grossolanamente, buttato a fine cottura sulla pasta, insieme a un paio di cucchiai di panna fresca, potrebbe dar vita a un piatto onesto dalle grandi soddisfazioni palatali. Infine, non per importanza, è il famoso filetto al pepe verde che è andato tanto di moda negli anni ’80, ma che ancora oggi molti grandi ristoranti internazionali tengono fieramente in carta.
Concludiamo dicendo che, la panna non è il male, anzi: la panna è un ottimo alleato in cucina se di buona qualità e saputo dosare nelle opportune dosi. E poi, nonostante la cucina si sia evoluta, il comfort food è quello che portiamo tutti a tavola ed a volte, tornar bambini, con i dovuti modi, è davvero terapeutico.