Una legge del 2014 aveva messo a serio rischio la sopravvivenza dello spiedo bresciano, tra le specialità più tipiche della Lombardia. Il Consiglio regionale con una nuova norma lo salva e tutela: ma che cos’è lo spiedo bresciano?
Lo spiedo bresciano è salvo. Viva lo spiedo bresciano. È questo, in estrema sintesi, il pensiero di molti ristoratori o semplici estimatori dello spiedo nella provincia di Brescia. Una delle tradizioni gastronomiche più radicate nel territorio è riuscita a sfuggire a una scomparsa che pareva inevitabile.
In Lombardia è stata infatti appena emessa una legge (non senza polemiche) per la valorizzazione e la salvaguardia dello spiedo bresciano: una specialità realizzata tradizionalmente con uccelli di cacciagione di cui però era stata vietata la vendita ai ristoratori da parte dei cacciatori. Grazie alla nuova norma i cacciatori stessi potranno donare fino a 150 capi di selvaggina all’anno a chi possiede un ristorante (o agli organizzatori di sagre), in grado così di proporre ai propri clienti il tipico spiedo. Ma di che cosa si tratta? Che cos’è lo spiedo bresciano?
Si tratta di una specialità che prevede l'utilizzo di carne di uccelli di cacciagione, animali di cui però nel 2014 era stata vietata la vendita ai ristoratori, mettendo così a rischio la sopravvivenza dello spiedo tanto amato agli estimatori degli osei. Di antiche origini contadine, si tratta di una specialità tipica delle valli bresciane e del lago di Garda, un tempo tradizione dei pranzi domenicali e delle feste.
Non solo volatili, sullo spiedo vengono infilzate carni anche di maiale, pollo e coniglio, con quella degli uccellini ad arricchire il già lauto e abbondante pasto. La peppola, della famiglia dei passeri, in particolar modo è la varietà più utilizzata per realizzare la ricetta. Il tutto viene condito con burro animale fuso, salvia, lardo e sale. Secondo tradizione lo spiedo deve cuocere molto lentamente all’interno di lunghi forni, per quattro o cinque ore, al fine di garantire carni tenere e al contempo ben cotte.
Dal 2014, per salvaguardare le specie volatili dall’attività venatoria, ne era stata interdetta la vendita dei cacciatori nei confronti di ristoratori, hotel e sagre. Con la legge appena approvata dal Consiglio regionale lombardo i cacciatori potranno cedere a titolo gratuito fino a 150 capi all’anno di piccola selvaggina per utilizzare nella realizzazione dello spiedo e di altri piatti tradizionali. Rimane quindi vietata la vendita, viene però regolarizzata la donazione.
“È un grande giorno per la valorizzazione della cultura gastronomica lombarda – ha ammesso il consigliere regionale Floriano Massardi, promotore della proposta di legge – volta a preservare le tradizioni e le identità dei nostri territori. Sono molto soddisfatto dell'esito positivo di questo progetto di legge che ha impegnato la Commissione nelle ultime settimane”.
La cessione gratuita degli animali sarà sottoposta a attività di monitoraggio, con la legge che stabilisce anche un sistema di controlli per assicurare la tracciabilità della selvaggina. Una norma accolta con favore da tutti i sostenitori della tradizione gastronomica locale, parere contrario invece per quanto riguarda i movimenti animalisti.