I tiki cocktail ci catapultano in un mondo lontano, che nemmeno esiste: un po' caraibico, un po' polinesiano. Vediamo la storia di questi drink che tutt'oggi non hanno una definizione precisa e quali sono i più famosi.
Questa è forse la categoria di drink più influente nella storia della mixology: i tiki cocktail sono le uniche bevande al mondo ad aver creato una cultura che raccoglie tutta insieme una cifra stilistica in cui si può racchiudere architettura, letteratura, stile di vita. I tiki cocktail sono l'espressione massima della tiki-culture che ha invaso gli Stati Uniti negli anni '50 e che sopravvive tutt'ora, nonostante alti e bassi dati dalle mode e da nuove sensibilità che stanno mettendo in crisi gli americani (molti parlano di appropriazione culturale).
Queste due semplici parole, "tiki drink", evocano immagini maestose di spiagge sabbiose, amache ondeggianti e frutta tropicale, ma alcuni sostengono che l'immagine romantica sia fuorviante. Spesso incorporano sapori dell'isola e bicchieri fantasiosi con ombrellini di carta e guarnizioni di frutta, le bevande tiki sono più comunemente associate alla Polinesia, ma la verità sulle origini delle bevande non è così chiara o semplice. Tutt'oggi non esiste una definizione precisa di "tiki cocktail": da Wikipedia leggiamo che sono, generalmente, "cocktail a base di rum e sapori freschi e fruttati, caratterizzati da elementi ispirati alla cultura polinesiana o comunque esotica". La verità è che a quasi 100 anni dalla loro prima comparsa, non sappiamo ancora bene cos'è un tiki cocktail ma lo amiamo profondamente.
Una definizione non esiste ma possiamo dire che tutto parte dal Planter's Punch, una bevanda delle Indie Occidentali composta da un elemento acido e due elementi dolci oltre ad acqua e alcol. I tiki prendono questa ricetta di base e fratturano ciascun componente nel suo multiplo. Laddove una ricetta per il punch classico userebbe il lime come unico elemento acido, il tiki richiede lime e pompelmo oppure lime, pompelmo e frutto della passione. L'elemento dolce del punch è lo sciroppo di zucchero, in questo caso troviamo il miele o lo sciroppo d'acero. La più significativa innovazione dei tiki cocktail è però l'amplificazione della componente alcolica: mai prima del 1934 una bevanda ha presentato più tipologie di rum oppure addirittura più tipologie di distillato.
Altra parte fondamentale e sorprendente dei tiki è la componente speziata. Le spezie giocano un ruolo chiave in molte ricette, soprattutto quelle dei primi anni: il Donn's Mix, ideato dall'inventore stesso del tiki bar, è un mix di succo di pompelmo e sciroppo di cannella, usato in decine di ricette. Proprio per questa ragione però non possiamo definire i "cocktail tiki": prendiamo ad esempio la Piña Colada, un simbolo di questa tipologia di drink. Eppure questa bevanda è fatta con rum, ananas e cocco quindi mancano gli acidi e le spezie.
Con gli anni il confine tra tiki e non-tiki è sempre più difficile da distinguere e forse non ce n'è davvero bisogno: il tiki bar è un affare culturale, non tecnico. Ci catapulta in un universo in cui le Hawaii e la Nuova Zelanda sono vicinissime e forse è bello per questo. La fantascienza applicata alla mixology.
Partiamo dall'etimologia perché la prima confusione nasce dalla parola stessa: noi associamo i tiki ai cocktail hawaiani ma la parola "Tiki" viene dalla lingua maori ed è usata per descrivere una scultura in pietra o legno che ha la forma di una persona, solitamente con un'espressione arrabbiata. Quella che poi vediamo spesso trasmutata in un bicchiere per un cocktail tiki arrivato nei bar negli anni '50.
Queste incisioni hanno spesso occhi penetranti e un'espressione distorta e minacciosa. Rappresentano principalmente le divinità polinesiane, ma anche antenati o altre figure importanti della cultura maori. Come scrive Cocktail Society "il significato letterale di Tiki equivale ad Adamo nella cultura cristiana. In maori significa il primo uomo sulla Terra". Quindi niente di lontanamente vicino alle Hawaii o ai Caraibi, al divertimento e al bere cocktail. Come è avvenuta questa associazione moderna? Man mano che i viaggi a lunga distanza diventano più comuni, l’antica cultura tiki diviene nota al mondo occidentale. Acquista grande popolarità negli anni '30 e cresce ulteriormente quando i soldati tornano dal Pacifico meridionale dopo la Seconda guerra mondiale. L'hype per questo tipo di cultura esplode proprio alla fine del conflitto ma i cocktail tiki nacquero prima della guerra e molto lontano dalla Polinesia o dalle Hawaii. I tiki nascono in California grazie a due uomini: Donn Beach e Victor Bergeron, fondatori rispettivamente del Don the Beachcomber e Trader Vic's.
Tutto parte alla fine del periodo del proibizionismo, con il contrabbandiere texano Ernest Raymond Beaumont-Gantt che nel 1934 apre il primo bar a tema tiki di Hollywood. Eppure i libri di storia assegnano questo primato a Donn Beach, chi è questo Ernest? Ernest Raymond Beaumont-Gantt e Donn Beach sono, in effetti, la stessa persona. Cambia il suo nome in Donn Beach per "abbinarlo" a quello del locale che si rivela un enorme successo. Oggi Donn Beach è notoriamente conosciuto come il padre della moderna cultura tiki e pare abbia inventato ben 84 ricette diverse legate al trittico rum, lime e succo di frutta su cui solitamente giocano questi alcolici. Nel 1938 segue a ruota Victor Bergeron con il suo Trader Vic's, una delle prime catene di ristorazione della storia (ancora oggi ci sono diversi ristoranti attivi in tutto il mondo), inventore del Mai Tai, uno dei tiki più famosi che ci siano.
A questo duopolio dobbiamo aggiungere una terza persona: Sunny, ovvero Cora Irene Sund, la moglie di Donn Beach. Nei primi anni il locale è stato più di Sunny che di Donn. Il texano è stato anche chiamato alle armi e per la maggior parte del conflitto è stato dispiegato sul fronte del Pacifico per costruire centri di riposo e ospedali per i soldati. Al ritorno dalla guerra il veterano trova una situazione molto cambiata: Sunny è una donna d'affari così capace che in pochi anni arriva ad aprire 16 sedi di Don the Beachcomber in giro per gli Stati Uniti. Questa cosa non va molto a genio al marito che di ritorno dalla guerra manda a monte il matrimonio e chiede il divorzio. La battaglia legale per i diritti sul marchio e sull'azienda è stata molto dura ma alla fine l'ha spuntata proprio la moglie che mantiene il nome del locale negli Stati Uniti. Questo però è uno spartiacque nella storia della mixology: Donn si trasferisce alle Hawaii perché all'epoca l'arcipelago non era ancora territorio americano e quindi può chiamare il proprio locale Don the Beachcomber. Il successo del locale di Honolulu è clamoroso ed è il via alla fusione dello stile di vita hawaiano e della cultura tiki.
I tiki sono fondamentali perché negli anni '30 tutti i cocktail erano spartani e fatti con pochissimi ingredienti, serviti in bicchieri minimalisti: pensa all'Old fashioned, al Martini o al Manhattan. I tiki sono dirompenti: bevande decorate con foglie e fiori commestibili, servite in bicchieri su misura e con preparazioni complicatissime. All'inizio erano noti come cocktail esotici, cocktail tropicali, drink polinesiani o "rapsodie al rum" (citazione di Donn Beach) perché tutti i tiki avevano come base questo distillato. Ma perché proprio il rum? Il motivo è presto detto: l'inizio del proibizionismo ha visto le strade americane invase dal whisky, la fine le ha viste invase dal rum perché il contrabbando dai Caraibi attraverso la Florida si intensifica esponenzialmente. Nel 1933 con la fine del Volstead Act ci sono enormi quantitativi di rum illegale e di bassa qualità da smerciare, in quest'ottica nascono i primi drink "tiki", forti anche del fatto che Donn Beach nasce come contrabbandiere di alcolici.
Il successo di questa storia viene anche dalla sua teatralità. Molti cocktail hanno dei nomi incredibili: lo Zombie, lo Shark’s Tooth, il Missionary’s Downfall sono molto più accattivanti dei classici nomi dei drink dell'epoca. La caratteristica principale di queste bevande è l'assoluta mancanza di regole, la difficoltà di esecuzione e la fantasia. Proprio per questo motivo oggi è impossibile codificare la "categoria tiki": provare a creare parametri che non sono mai esistiti per una categoria che non è mai esistita non è fattibile perché si dovrebbero applicare retroattivamente delle limitazioni al genere.
"Tiki è una forma di evasione, un mondo fantastico": questa è una frase di Brian Miller, uno dei migliori bartender di New York e vera istituzione del genere. A Punch racconta dei suoi Tiki Mondays, festival settimanale itinerante della Grande Mela, in cui ci si veste con bandane, collane a fiori, perle e così via. Non ci deve sorprendere: quando parliamo di tiki immediatamente pensiamo alle Hawaii, ai bicchieri strani con le facce, all'ananas, agli ombrellini e alle piscine. È l'unica categoria che ha delle case decorate con questo stile e in cui ci sono dei bar ideati e pensati da architetti per ricordare questo tipo di cultura.
I bartender di questi bar sono sempre vestiti a tema e la cosa ricorda molto il Comicon e la geek culture: non ci sono certo fan degli american bar che vanno in giro vestiti come i gangster degli anni '30, non ci sono persone che hanno appartamenti a tema proibizionismo ma ci sono tantissimi posti legati alla cultura Maori del bere, cultura totalmente inventata dai bartender californiani a cavallo della Seconda guerra mondiale.
È come se fosse fantascienza: un mondo ideato da zero, con regole sue, con i suoi abiti di scena e i miti da perseguire. A quasi 100 anni dalla loro ideazione la maggior parte dei tiki bar segue fedelmente il modello iniziato nella Los Angeles degli anni '30. Alla gente piace l'atmosfera dei tiki bar, un po' kitsch, che risponde allo stile richiesto. È come entrare in un set cinematografico di una fiction a tema "tropici" ed ha senso: quando Donn Beach apre il suo locale a Los Angeles decide di ricreare l'aspetto e l'atmosfera delle isole visitate in gioventù con suo nonno, utilizzando reti da pesca, accessori da cantiere navale e insegne fatte a mano sulle pareti, utilizzando mobili di bambù e sabbia per abbellire la location.
La simbiosi tra la tiki culture e il popolo che la vive è tale che Donn per primo comincia a vestirsi con abiti tropicali e dice ai clienti che in realtà non viene dal Texas ma dalla Jamaica. Lo sdoppiamento della personalità che ha portato anche al cambio di nome ha arricchito la sua leggenda. La maggior parte dei bar di successo contribuiscono a portare i clienti lontano da tutti i pensieri della vita esterna, nei tiki si va al passaggio successivo con un livello di immersione simile a quello di un parco a tema. I bevitori non solo vengono trasportati fuori dalla vita di tutti i giorni, vengono letteralmente immersi in una nuova zona del mondo (nuova nel senso che non esiste nemmeno).
Un'altra innovazione che porta Donn Beach attraverso il tiki cocktail è lo storytelling: il bar è teatro, non stai andando a bere qualcosa, stai andando a fare un'esperienza. Questo il suo mantra. Un modo per raggiungere questo obiettivo è attraverso le storie. Donn racconta aneddoti e parla di personaggi, a volte inventati e a volte edulcorati dalla sua fantasia. Arriva perfino a creare un'aura di magia attorno alle sue ricette: quasi tutte sono rimaste segrete, arrivando perfino a rietichettare le bottiglie usate per mantenere il mistero; intuizione geniale il limite di due Zombie a persona, perché non si potrebbe reggere il terzo. L'idea comune dei clienti a cavallo tra gli anni '30 e gli anni '60 (un lasso di tempo molto ampio) è che quando bevi un drink tiki, non sai cosa ti può succedere perché non sai com'è fatto né cosa c'è nel bicchiere. Pensi a cosa ti farà, adducendo al cocktail il potere della trasformazione e del cambio vita.
Non è un caso se i tiki cocktail stiano tornando di moda proprio oggi: la prima ondata di popolarità di tiki nella metà del Novecento indicava l'insoddisfazione dell'America per la blanda vita suburbana, oggi c'è il desiderio condiviso di ritirarsi dalle delusioni e dalle ansie della vita moderna. Poco importa se ci sono guerre e pandemie: i tiki bar ti invitano a entrare in un'illusione senza tempo, anche solo temporaneamente. Una serata in cui i bartender sono amichevoli e "travestiti" da buontemponi da spiaggia, ci sono gli ukulele in sottofondo e le bevande hanno un grado alcolico altissimo a dispetto della dolcezza della bevuta. È tutto un sogno, è tutta un'illusione e tu ne fai parte: proprio come al Comicon.
La santissima trinità dei tiki cocktail è costituita da Mai Tai, Zombie e Navy Grog. Il primo è stato inventato da Victor Bergeron ed ha contribuito alla sua fama. La ricetta tradizionale del Mai Tai include rum scuro, rum bianco, succo di lime, sciroppo d'orzo, liquore all'arancia (come il Curacao) e sciroppo di mandorla. Il cocktail viene solitamente preparato shakerando gli ingredienti con ghiaccio e servito in un bicchiere tiki o in un bicchiere highball con una guarnizione di frutta tropicale e una spruzzata di menta. Lo Zombie è uno dei drink classici più complessi. La ricetta generalmente include rum scuro, rum bianco, succo di lime, succo di pompelmo, sciroppo di maraschino, liquore d'angostura, sciroppo di falernum (una miscela di spezie e zucchero) e una spruzzata di Pernod o liquore all'anice per aggiungere un tocco aromatico. Il cocktail viene solitamente preparato shakerando vigorosamente gli ingredienti con ghiaccio e versandoli in un bicchiere highball o tiki. Viene quindi guarnito con una fetta di ananas, una ciliegia al maraschino o altre decorazioni fruttate.
Anche il Navy Grog è stato inventato da Donn Beach ed è a base di rum scuro, rum bianco, succo di lime, sciroppo d'acero e acqua gassata. Il cocktail viene solitamente preparato shakerando gli ingredienti con ghiaccio e servito in un bicchiere tiki o un bicchiere old-fashioned con un cubetto di ghiaccio. Viene spesso guarnito con una fetta di lime o una scorza di limone e una spruzzata di menta. Il nome "Navy Grog" deriva dall'uso storico di rum nella Marina britannica, in cui il rum era una parte integrante delle razioni dei marinai.
Molto apprezzato in tutto il mondo è l'Hurricane, originario di New Orleans è diventato un simbolo della cultura e della tradizione culinaria della città. Creato negli anni '40 al Pat O'Brien's Bar, la ricetta tradizionale del cocktail prevede l'utilizzo di rum scuro e rum bianco, succo di limone, succo di arancia, sciroppo di zucchero e un tocco di granatina per un colore e un sapore distintivi. Il nome è stato ispirato dal bicchiere in cui viene servito, che assomiglia alla forma di una lampada ad olio utilizzata durante gli uragani.
Altri due famosissimi drink sono la Pina colada e il Painkiller. Il primo include rum bianco, succo di ananas e latte di cocco. Gli ingredienti vengono mescolati insieme con del ghiaccio tritato fino a ottenere una consistenza cremosa e omogenea. A volte viene aggiunto anche un po' di sciroppo di zucchero per dolcificare ulteriormente la bevanda, ma questa variazione è facoltativa. Il cocktail viene servito in un bicchiere tiki o in un bicchiere highball, spesso decorato con una fetta di ananas o una ciliegia al maraschino per aggiungere un tocco visivamente accattivante. Il Painkiller è una variante della Pina colada a cui viene aggiunto succo d'arancia.