La cottura della pizza spiegata scientificamente: 3 processi fisici per la pizza perfetta
La pizza si cuoce grazie a tre processi fisici: irraggiamento, conduzione e convenzione. Vediamo insieme di che si tratta e smentiamo la "superiorità" del forno a legna.
La vediamo calda e fumante nel piatto, pronti ad addentarla e non ci pensiamo neanche, presi dalla foga del momento: ma la cottura della pizza è uno dei processi più affascinanti e complicati della cucina italiana. Sfatiamo subito il mito del forno a legna: con due pizze davanti perfettamente eseguite è quasi impossibile distinguere quale delle due è cotta nel forno elettrico e quale nel forno a legna. La cottura della pizza è un processo scientificamente difficile ma non c'entra un bel niente il combustibile usato per creare il calore. Se per tanto tempo siamo stati costretti a usare il forno a legna per la pizza napoletana è stato solo perché ci serve un'enorme quantità di calore che solo il forno napoletano e la combustione del legno riuscivano a dare. Oggi non è più così: abbiamo forni a gas ed elettrici di grande livello, che raggiungono agevolmente i 500 °C. Ma se la pizza non si cuoce col combustibile, che tipo di processo subisce? Scopriamolo insieme.
I tre principi della cottura della pizza
A rendere perfetta la cottura della pizza non è il combustibile. Quindi noi possiamo usare legna, elettricità o gas indistintamente. La pizza si cuoce grazie a tre diverse metodologie di trasmissione del calore:
La prima è la conduzione termica: per il secondo principio della termodinamica c’è lo scambio di calore tra un corpo più caldo, in questo caso la base su cui poggia la pizza, e un corpo più freddo, ovvero la pizza. Quando mettiamo in contatto due corpi che hanno temperature diverse c'è un immediato scambio termico tra il punto di contatto (la base del forno in questo caso) e la pizza, che cambia la propria di temperatura in modo brusco. Il panetto passa dai propri 20 °C ai 450-480 °C del mattone del forno. Il punto di contatto raggiunge quindi una temperatura di 275 °C circa. Questo punto si chiama "Temperatura di interfaccia" ed è molto importante per la cottura perfetta della nostra pizza: se il pizzaiolo non è attento e, dopo averla sollevata per controllare lo stato di cottura della base, la poggia in un altro punto del forno che è quindi più caldo, la pizza si brucia. Questo errore è molto comune perché è facilissimo da fare e lo possiamo vedere alzando la pizza nel nostro piatto: se vediamo una "curva nera" tra il cornicione e il centro della pizza, il prodotto è stato spostato nel forno in maniera incauta. Con il passare del tempo la temperatura della pizza cambia naturalmente grazie alla conduzione: per cuocere la pizza bisogna disidratare l'interno, con il vapore acqueo sostituito dal calore. Questo avviene alla temperatura di 100 °C. Le pizze napoletane hanno uno spessore di circa 6 millimetri e questo significa che per cuocerle ci vogliono almeno 60 secondi. Tradizionalmente la pizza napoletana cuoce in 90 secondi. Il fenomeno della conduzione è sicuramente il fenomeno più rilevante per determinare l'esatta la cottura della pizza.
Il secondo principio che porta alla cottura della pizza è l'irraggiamento termico: nel forno si formano tante onde elettromagnetiche calde che cuociono la pizza dall’alto. Quindi sì, hai capito bene: la pizza si cuoce grazie alle radiazioni. Ovviamente non siamo a Chernobyl: esistono tanti tipi di radiazioni. In realtà questo specifico principio lo viviamo anche noi in prima persona, ogni inverno, perché è lo stesso concetto fisico delle stufette elettriche o dei camini. Se mettiamo la mano vicino a una fonte di calore, questa si riscalda grazie alla radiazione termica, a volte fino a scottarci. In un forno queste onde sono molte di più e riescono a cuocere una pizza. L'intensità della radiazione termica si calcola in base alla quantità di energia sprigionata su ogni metro quadro di superficie. La legge che determina tutto ciò si chiama Legge di Stefan-Boltzmann ed è visibile a occhio nudo grazie a dei toni di rosso (come il fuoco del gas e del legno, o le resistenze elettriche). La cosa interessante è che questa radiazione infrarossa è ambivalente: la produce il forno verso la pizza ma la produce anche la pizza verso la fonte di calore. Questo scambio di irraggiamento permette al nostro lievitato di arrivare alla temperatura ideale, nel giusto tempo.
L'ultimo principio è quello meno rilevante: parliamo della convenzione termica, data dal riciclo dell'aria. L'aria si muove circolarmente nel forno e riscalda la pizza quando vi entra a contatto. Il calore ha un "peso", che viene rilasciato sulla pizza, quindi l'aria più fredda è leggera e va verso l'alto, scaldandosi nuovamente e "ricadendo" sulla pizza. Questi movimenti sono chiamati "moti convettivi". Lo vediamo spesso in realtà questo fenomeno: è lo stesso dell’acqua che bolle. Il calore del fuoco sotto la pentola fa sì che l’acqua fredda alla base si riscaldi e salga verso l’alto, portando all’ebollizione, creando un movimento circolare. Nel forno avviene la stessa cosa ma con l’aria: il flusso d’aria crea una sorta di vento che cuoce la pizza. In fisica acqua e aria subiscono gli stessi processi in quanto "fluidi", ovvero materiali non dotati di forma propria.
Tutte queste cose le sappiamo grazie a tre scienziati, Andrey Varlamov, Andreas Glatz, e Sergio Grasso che nel 2018 hanno pubblicato uno studio: "La fisica per cuocere una buona pizza", incuriositi da tutti questi processi che a un occhio esperto sono evidenti e affascinanti. Anche in Italia abbiamo visto uno studio simile, incentrato su tutto il processo che porta alla realizzazione del prodotto, dall'impasto alla cottura, ed è stato realizzato da Enzo Coccia, uno dei migliori pizzaioli al mondo, insieme al professor Paolo Masi, uno degli ingegneri chimici più importanti del Paese; da anni docente alla Federico II alla facoltà di Scienze e tecnologie alimentari, arrivando alla realizzazione de "La pizza napoletana", un piccolo volume fondamentale nella storia della pizza. Qui troviamo anche la smentita empirica degli "aromi di legno" dati dal forno: con tanto di tavolette di legni differenti, ha spiegato come ognuno di essi, bruciando in modo e in tempi diversi, abbia effetti diversi sulla cottura ma non certo sul sapore della pizza, sfidando chiunque a distinguere gli aromi del faggio piuttosto che di quercia. La legna non fornisce alcun aroma alla pizza. Fornisce solo energia: la legna non arde, si tratta solo di carbone adatto a tenere un profilo di temperatura costante. Queste cinque menti eccelse ci hanno spiegato come si cuoce una pizza dal punto di vista scientifico.
Nato giornalista sportivo, diventato giornalista gastronomico. Mi occupo in particolare di pizza e cocktail. Il mio obiettivo è causare attacchi inconsulti di fame.