La caffeina può interferire con l'assorbimento di alcuni preziosi micronutrienti? Se sì, quali e in che modo possiamo evitare che questo accada? Risponde la nostra esperta di fiducia.
Senza, almeno la maggior parte di noi, proprio non potrebbe vivere. Preziosa ricarica energetica e rito conviviale irrinunciabile, da condividere con amici e colleghi, stiamo parlando del caffè, l'amatissimo oro nero.
Nonostante gli indubbi benefici, il caffè, se preso in concomitanza con alcuni integratori o medicine, sembrerebbe limitare l'assorbimento di alcune sostanze contenute al loro interno, compromettendone l'efficacia. Quali sono questi nutrienti e quali alimenti sarebbe bene consumare lontano dalla nostra sacrosanta tazzina di espresso?
Lo abbiamo chiesto alla nostra esperta di fiducia, la dottoressa Arianna Rossoni, dietista, docente e responsabile del progetto Equilibrio Donna.
La risposta è sì. La caffeina è una sostanza naturale che fa parte del grande gruppo degli alcaloidi (tra le altre, comprende anche la cocaina e la nicotina). Dall'azione stimolante, a livello cardiaco, ma anche intestinale, massimizza i nostri sensi e favorisce lo stato di allerta e concentrazione.
Questa sostanza è naturalmente presente non solo nel caffè, ma anche nel cacao, nelle bacche di guaranà e nelle foglie di tè. Se assunta insieme ad alcuni alimenti o integratori, può, tuttavia, limitare l'assorbimento di alcuni preziosi micronutrienti.
Il più importante è il ferro, minerale indispensabile per la produzione di emoglobina, la proteina che permette di legare e trasportare l’ossigeno a tutte le cellule del nostro corpo.
"Le persone anemiche, che soffrono dunque di una carenza di ferro, dovranno distanziare di almeno un'oretta il consumo di caffè e di alimenti ricchi di questo minerale, come per esempio le uova, la carne e il pesce", ci spiega la nostra esperta.
Questa accortezza dovrebbero averla tutti? "No, stiamo parlando di quelle persone che hanno una carenza di ferro alla base: in questi casi dobbiamo andare a massimizzarne l'assorbimento, evitando questo genere di abbinamenti", prosegue Rossoni.
Esistono, però, anche altre categorie di persone che dovrebbero osservare le medesime attenzioni: stiamo parlando delle donne in gravidanza e in allattamento, fasi molto delicate e in cui è importante che non vi siano carenze di ferro.
La caffeina può ridurre anche l'assorbimento di calcio, minerale che troviamo principalmente nelle ossa e che rientra in molte funzioni vitali: serve per la trasmissione dell'impulso nervoso, la contrazione muscolare e la differenziazione cellulare.
Una sua carenza protratta nel tempo può predisporre a osteopenia e osteoporosi, e un consumo eccessivo di caffeina può determinare perdita di calcio osseo e inibire la quantità di calcio assorbita a livello intestinale.
Diversi studi hanno, inoltre, stabilito che le donne che consumano un quantitativo elevato di caffeina subiscono più fratture dell'anca rispetto a quelle che la evitano o che ne assumono con moderazione (da 1 a 2 tazzine al giorno).
Iniziamo col dire che non si dovrebbe mai superare la dose massima consigliata dall'EFSA, l'Autorità europea per la sicurezza alimentare: questa stabilisce come non preoccupante, "in termini di sicurezza per la popolazione adulta e sana", un consumo di caffeina di 200-300 milligrammi, contenuta in circa 3 tazzine di caffè.
Sarebbe bene distanziare di almeno una, due ore il consumo di caffè dall'assunzione dell'integratore o del medicinale. "Prendere l'integratore di ferro al mattino e poi bere il caffè non è certamente la scelta più saggia: meglio spostarlo a un altro momento della giornata, come per esempio la sera", consiglia la nostra esperta.
L'assorbimento di ferro non è compromesso solo dall'assunzione ravvicinata con bevande a base di caffeina. Questo può risentire anche di altri fattori: un eccesso di calcio, per esempio, può renderlo indisponibile.
"È quindi molto sbagliato introdurre a uno stesso pasto fonti di ferro e fonti di calcio: il classico cheeseburger, realizzato con carne macinata e formaggio, ne è un esempio lampante". Vi sono anche alcuni farmaci che ne riducono l’assorbimento: gli antiacidi, la pillola anticoncezionale, i farmaci antinfiammatori non stereoidei, così come l’eccessiva attività sportiva.
L'aggiunta di alimenti ricchi di vitamina C, fermentati (yogurt, crauti, salsa tamari) e di germogli di tutti i tipi ne aumenta invece la biodisponibilità.
Esistono anche delle sostanze, come i fitati e gli ossalati, che imprigionando i sali minerali ne rendono indisponibile l'assorbimento attraverso un meccanismo chiamato chelazione. L'acido fitico è presente nei legumi e nei cereali integrali, ma il lungo ammollo e la cottura ne garantiscono l'allontanamento.
Anche la frutta secca e il cacao ne contengono, ma in misura minore (anche per i semi oleosi vale sempre la regola aurea dell'ammollo preventivo). Per questo i legumi vanno sempre messi in ammollo in acqua per diverse ore, meglio ancora tutta la notte, e sia questi sia i cereali vanno cotti a lungo.
Gli ossalati hanno un'azione diretta esclusivamente sul calcio: lo imprigionano formando dei cristalli di ossalato di calcio che possono dare vita a calcoli renali. Chi soffre di calcoli renali deve quindi limitare fortemente quei vegetali ricchi di ossalati, come spinaci, barbabietole, rabarbaro, cacao, melanzane e peperoni verdi.
Le verdure appartenenti alla grande famiglia delle Crucifere contengono gli isotiocianati, sostanze che hanno un'azione di sequestro sullo iodio, dunque anti-tiroidea. La cottura, anche in questo caso, risolve in buona parte il problema; un'attenzione maggiore è consigliata solo a chi soffre di ipotiroidismo e assume dei farmaci per la tiroide: in questi casi è preferibile non consumare broccoli, cavolfiore & co. in prossimità della loro assunzione.