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29 Settembre 2024 9:00

Kaiseki-ryori: l’armonia delle piccole cose nell’alta cucina giapponese

Un viaggio multisensoriale che attraverso una serie di portate curate nei minimi dettagli fa scoprire un lato meno conosciuto della cucina giapponese, che va oltre agli ormai popolarissimi sushi e street food.

A cura di Federica Palladini
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Immagina di sederti a una tavola apparecchiata con eleganza minimalista, dove ogni piatto sembra una piccola opera d'arte studiata non solo per soddisfare il palato, ma anche per deliziare gli occhi. Questa è l'esperienza del Kaiseki-ryori, che si potrebbe definire come una delle forme più sofisticate della cucina giapponese (tipo il rispettivo della haute cuisine, insomma) con una tradizione che affonda le radici nell’anima del Giappone e che oggi sta trovando sempre più appassionati anche in Italia, curiosi di scoprire altre specialità del Sol Levante oltre al sushi e le icone dello street food come okonomiyaki e takoyaki.

Il Kaiseki-ryori non è semplicemente una cena, ma è una celebrazione dell'armonia, del rispetto della natura e della ricerca dell’equilibrio tipiche della cultura giapponese. Ogni portata è preparata con una cura meticolosa, utilizzando ingredienti freschi e possibilmente locali, espressione del territorio, con un’attenzione particolare alla stagionalità, combinando i sapori in modo perfettamente bilanciato. Qual è l’invito? Quello di gustare ogni boccone e di godere della bellezza delle piccole cose. Andiamo alla sua scoperta.

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La storia del Kaiseki-ryori: cerimonie del tè e ristoranti stellati

Questo stile di cucina ha una storia che risale al XVI secolo, quando la cerimonia del tè (cha no yu) iniziò a diffondersi tra la nobiltà giapponese. Originariamente, il termine "kaiseki" si riferiva a un semplice pasto frugale ideato per riscaldare il corpo e preparare l'animo alla degustazione del tè. Il nome "kaiseki" deriva dall'uso dei monaci Zen di portare una pietra calda in grembo (che si avvicina al significato letterale del termine) per attutire i morsi della fame durante le lunghe meditazioni. Col tempo, il kaiseki è diventato nella pratica un pasto completo e raffinato, composto da una serie di piccole portate e diffuso in particolare nell’alta società di Kyoto, l'antica capitale del Giappone.

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Da qui in poi, la cucina kaiseki si è sempre più fusa con l'estetica giapponese, che pone l'accento sull'equilibrio, la semplicità e l'attenzione ai dettagli. Il Kaiseki-ryori, infatti, è molto più di una sequenza di piatti che si abbinano bene l'uno all'altro, ma un viaggio attraverso le stagioni e il territorio, dove ogni ingrediente è scelto con estrema cura: uno dei suoi aspetti più affascinanti è senza dubbio il modo in cui le pietanze vengono presentate, in quanto gli chef prestano grande attenzione ai particolari utilizzando stoviglie, ciotole e utensili che vanno a braccetto con il contenuto.

La struttura di una cena kaiseki: dall’antipasto al dessert

Un menu kaiseki tipico è composto da una serie di portate servite in un ordine preciso, ognuna delle quali ha un ruolo specifico nel creare un equilibrio tra i gusti (dolce, salato, amaro, acido e umami). Anche se il numero di piatti può variare, così come gli ingredienti dipendono dalla dislocazione geografica, una cena tradizionale include solitamente:

  • Sakizuke: un antipasto leggero, simile a un amuse-bouche, che serve a stuzzicare l'appetito e a introdurre i sapori che verranno.
  • Hassun: una varietà di piccoli piatti di stagione presentati in un vassoio quadrato, che generalmente rappresentano l'armonia degli elementi. Spesso include pesce crudo, riso, frutti di mare e verdure.
  • Mukozuke: una portata di sashimi servito con wasabi, salsa di soia e altri condimenti.
  • Takiawase: è un piccolo piatto di verdure bollite, a volte accompagnate da tofu, pesce e carne e immerse in un po’ di brodo, servite senza aggiunta di salse forti per esaltare il sapore naturale.
  • Futamono: un piatto caldo presentato in una ciotola con coperchio, come una zuppa leggera o carne o pesce stufato.
  • Yakimono: un piatto grigliato, spesso pesce di stagione che potremmo definire come il nostro “pescato del giorno”, quindi freschissimo.
  • Su-zakana: un piccolo piatto che serve a pulire il palato, generalmente composto da una porzione di verdure sott’aceto.
  • Naka-choko: un altro intermezzo, tipo una zuppa acida leggera, che serve per rinfrescare la bocca prima di passare alla portata principale.
  • Shiizakana: la portata più “ricca” che rappresenta il signature dish (la firma) dello chef: può essere quindi tradizionale o innovativo.
  • Gohan, Kouno Mono, Tome-wan: un insieme di assaggi finali composti da riso bianco cotto a vapore, verdure in salamoia e una zuppa di miso.
  • Mizumono: il dessert, leggero, come un frutto fresco, un dolce a base di riso o un gelato.
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In Giappone si possono trovare i menu kaiseki nei classici ryokan, così come nei ristoranti stellati, con un numero di assaggi variabile. Senza dimenticare che è una proposta d’eccellenza che sta prendendo piede anche fuori confine, dagli Stati Uniti all’Europa, Italia compresa. Una curiosità: per gli appassionati di serie tv probabilmente la cucina kaiseki e i suoi piatti simbolo non sono termini completamente sconosciuti, visto che nella pop culture sono stati presi in prestito dal serial Hannibal come titoli degli episodi della seconda stagione (del 2014), proprio per enfatizzare con ironia lo spirito (a suo modo) raffinato, filosofico e minuzioso che aveva il personaggio di Hannibal Lecter – interpretato dall’attore Mads Mikkelsen – nel commettere i suoi omicidi e portare in tavola le sue vittime.

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Quello che i piatti non dicono
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