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13 Gennaio 2025 9:00

Jota, com’è fatta la zuppa invernale condivisa fra Friuli, Istria e Slovenia

Calda e corroborante, saporita e energetica: la zuppa jota è un piatto tipico del Friuli Venezia Giulia e delle aree limitrofe di Istria e Slovenia. Ecco la storia e le caratteristiche di un piatto di recupero amato persino da Carlo Magno.

A cura di Martina De Angelis
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L’inverno è il momento migliore per cucinare piatti confortevoli, caldi e ricchi di ingredienti energetici che ti aiutano ad affrontare i mesi più freddi. Uno di quelli da provare è la jota, una zuppa tipica del Friuli Venezia Giulia, in particolare della zona di Trieste, molto amata anche in Istria e Slovenia.

Come molti piatti della cucina italiana è una ricetta della cucina povera, nata come preparazione di recupero per non sprecare gli ingredienti a disposizione delle famiglie contadine nei lunghi mesi invernali, in particolare gli avanzi del maiale a cui si aggiungono una base di fagioli e capuzi garbi, il nome locale del cavolo cappuccio. Pggi spesso la puoi trovare anche con la salsiccia.

La jota è una zuppa molto antica – si dice che già Carlo Magno in persona ne fosse particolarmente ghiotto – motivo per cui ne esistono tantissime varianti diverse: seppure si parte da una base comune per prepararla, la ricetta si differenzia tantissimo e addirittura spesso ogni famiglia ha la sua personale ricetta, custodita gelosamente e tramandata di generazione in generazione. Scopriamo la storia della jota e la ricetta più famosa per provare a prepararla in casa.

Che cos’è la jota

La jota è una minestra tipica della cucina del Friuli Venezia Giulia, particolarmente diffusa nell’area di Trieste e molto antica: è una preparazione della cucina popolare, nata per preparare un piatto nutriente con quello che c’era nell’orto, oggi parte del menu tipico del Natale giuliano anche se è comune prepararla anche durante il resto dell’inverno.

La ricetta base, quella più diffusa tutt’oggi nel triestino, prevede l’uso di fagioli, cavolo cappuccio e avanzi di maiale (che puoi sostituire con altri salumi più prelibati), a cui si aggiungono patate, semi di cumino e foglie di alloro.  La jota, nel tempo, si è diffusa in altre aree della regione e ha sconfinato anche nelle vicine Istria e Slovenia, dando vita a infinite varianti.

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Una delle più famose è la jota de cavoce, ovvero la versione carnica che usa come ingrediente base la zucca, ma esistono le varianti goriziana, carsolina, bisiaca e istriana: ognuna aumenta o riduce la quantità di fagioli, aggiungono altri ingredienti come orzo o mais, sostituiscono parte o tutti i crauti con la brovada (preparazione locale a base di rape) o aggiungono della farina gialla per polenta. Famosa anche la versione slovena che usa come base le salsicce di Cragno, un insaccato tipico dell’area di Lubiana caratterizzato dall’affumicatura con legna di faggio.

Storia della jota: origini e nome

L’origine della jota non è del tutto certa: come avviene spesso per le ricette popolari, infatti, è difficile stabilire precisamente al momento esatto in cui sia stata ideata. A Trieste si racconta che l’ultima modifica attestata della jota è avvenuta 500 anni fa, dopo la scoperta dell’America che ha portato anche in Europa le patate, ma pare che già ai tempi di Carlo Magno esistesse una zuppa simile a base di cappuccio tagliato a listarelle e fermentato in salamoia di cui il sovrano era particolarmente ghiotto.

La prima testimonianza scritta della zuppa risale al XV secolo, all’interno di un documento cividalese scritto in lingua friulana dove si parla della ricetta con il nome di jottho. A proposito del nome, anche la sua etimologia non è del tutto certa, ma l’ipotesi più credibile è che derivi tardo latino jutta, brodaglia, che a sua volta originerebbe da una radice celtica.

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Quello che i piatti non dicono
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