Tipici dell’Ogliastra, hanno una storia antichissima e un ripieno diverso, che cambia di zona in zona, secondo le ricette dei 23 paesi produttori: ecco tutto quello che c'è da sapere sui culurgiones.
Incastonata tra le vette del Gennargentu e il mare turchese del Tirreno, l’Ogliastra è considerata una delle aree più suggestive della Sardegna. Merito delle sue acque mozzafiato – basti pensare alle celebri famose Cala Luna, Cala Mariolu e Cala Goloritzé – ma anche della sua tradizione gastronomica. E qui, tradizione, vuol dire solo una cosa: culurgiones.
La pasta fresca ripiena, rigorosamente preparata a mano, viene tramandata in famiglia da secoli, e ogni famiglia ne conserva una sua particolare ricetta. Il risultato è che ogni paese dell’Ogliastra prepara i culurgiones con un suo particolare formato, impasto e ripieno, rendendo l’esperienza dell’assaggio sempre nuova. Una ricetta fra tutte, però, si è distinta negli anni: l’originale, tanto semplice quando squisita, e così legata alla sua terra da meritare il riconoscimento IGP (Indicazione geografica protetta).
Esiste un documento, datato 1811, in cui vengono elencate una serie di pietanze sarde, e proprio tra queste compaiono i culurgiones de casu. È la prima testimonianza storica della pasta ripiena, e l’unico elemento che si ha relativo alle sue origini: non si sa a chi venne, per la prima volta, l’idea dei culurgiones, né in quale data precisa comparvero la prima volta, ma di certo le famiglie dell’Ogliastra li preparano dai primi dell’Ottocento, dettaglio che li rende uno dei formati di pasta più antichi dell’isola.
Quello che è certo, è che senza la Sardegna non potrebbero esistere i culurgiones. Poche paste sono così strettamente legate alla loro terra, e senza la tradizione agropastorale sarda, il grano dell’isola e la manualità sapiente delle donne sarde, questo piatto non sarebbe lo stesso. Una preparazione talmente preziosa che, in passato, i culurgiones erano ben più di un alimento, ma un dono prezioso da dare a persone care in segno di stima e di amicizia.
Addirittura in alcuni paesi, tra cui Ulassai, fino agli ’60 i culurgiones venivano preparati e consumati solo nel giorno dei morti, il 2 novembre, perché considerati un ottimo amuleto contro il malocchio. In altre zone dell’Ogliastra, invece, i culurgiones venivano preparati in occasione della festa propiziatoria per la raccolta del grano: la leggenda vuole che la loro forma a spiga sia proprio una celebrazione di questa ricorrenza.
Come abbiamo anticipato, i culurgiones sono profondamente legati alla loro terra, in particolare alla cucina povera sarda, quella dei contadini che preparavano da mangiare con i prodotti offerti dalla terra. E proprio qui sta il segreto del loro successo. Ingredienti semplici, sapore sublime. La loro caratteristica principale è il ripieno interno, che secondo la ricetta originale deve essere a base di purea di patate, aglio, pecorino e menta. In realtà ne esistono infinite varianti, una per ogni paese dell’Ogliastra, a volte persino una per ogni famiglia dello stesso paese.
Comunque si riempiano, i culurgiones devono avere la classica forma leggermente allungata e la chiusura detta “a spighetta”, per il suo evidente richiamo alla spiga di grano. L’ingresso nel marchio IGP 2015 – che ha reso i culurgiones la terza pasta italiana ad avere questo riconoscimento, insieme ai pizzoccheri della Valtellina e ai Maccheroncini di Campofilone – ha decretato caratteristiche ancora più specifiche per tutelarne l’autenticità.
Secondo la disciplinare di produzione la grandezza di ogni culurgiones varia tra i 4 e i 10 cm di lunghezza e 3-5 cm di larghezza. La consistenza della pasta deve essere molle, con un impasto liscio e omogeneo dal profumo intenso, dovuto alle semole, alle farine e al ripieno, che deve avere un colore più giallo della sfoglia, con sfumature verdastre dovute dalla menta. Per quando riguarda il gusto, il sapore finale deve risultare acidulo per via del pecorino e aromatizzato, ma leggermente stemperato dal gusto dolce delle patate.
La preparazione dei Culurgiones si divide in due parti, la prima dedicata a preparare la sfoglia rigorosamente a mano, la seconda dedicata al ripieno. Per quanto riguarda l’impasto, bastano acqua, semola, farina, olio e sale, da mescolare molto energicamente fino a quando non avrà una certa elasticità, in modo che possa poi essere lavorato in sfoglie molto sottili. A questo punto bisogna ricavare dischetti di 10 cm circa, al centro di cui si metterà il ripieno per poi chiudere tutto con l’operazione più difficile: la pinzatura, che con la punta delle dita deve chiudere i due lembi del disco.
Per quanto riguarda il ripieno, è una storia a parte. Come abbiamo accennato, ognuno dei comuni dell’Ogliastra e dell’area sud dell’isola compresa nel marchio IGP – tra cui Sandali, dove ogni agosto si tiene la Sagra dei culurgiones – prepara una versione diversa che devia più o meno palesemente dall’accoppiata classica patate, menta e pecorino. Per esempio a Tortolì, Lotzorai e Girasole si abbonda di cipolle e si mette pochissimo formaggio. Al contrario di Arzana, dove i culurgiones sono strabordanti di formaggio e più grandi della media. A Ulassai il pecorino si sostituisce con “su fiscidu”, un particolare formaggio acido messo in salamoia, mentre a Jerzu si usa la nepitella al posto della menta. In tutta l’Ogliastra montana il ripieno è impreziosito dall’aglio, mentre nell’Ogliastra costiera si preferisce la cipolla soffritta.
Sulla cottura e il condimento, invece, sono tutti d’accordo (o quasi): dopo 6 o 7 minuti in acqua salata i culurgiones vanno conditi con un sugo di pomodoro e abbondante pecorino grattugiato.