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15 Gennaio 2021 15:00

#IoApro: l’apertura forzata dei ristoranti il 15 gennaio, ma la Fipe contesta la protesta

Una protesta nata sui social che ha raggiunto le 50 mila adesioni. La volontà è aprire questa sera, contravvenendo il Dpcm, per ribellarsi alle misure restrittive imposte da Conte. Il "movimento" garantisce ai ristoratori e ai clienti tutela legale in caso di contravvenzioni. Dura presa di posizione di Fipe, Confcommercio e Ambasciatori del gusto: "Prendiamo le distanze da chi, in forma di protesta, in un momento delicato come questo, sceglie di riaprire i propri locali contravvenendo alle disposizioni generali".

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I bar e i ristoranti sono tra le attività più colpite dai Dpcm contro la diffusione del Covid-19 in Italia. Da ormai un anno queste attività vengono aperte e chiuse secondo la discrezione della politica nazionale, fiaccando la spinta motivazionale degli esercenti e soprattutto dissipando i risparmi delle persone. Da questa difficoltà nasce una protesta partita dal web intitolata #Ioapro: invita i proprietari di bar e ristoranti ad aprire i propri locali "per non chiudere più", come si legge nel manifesto dell'iniziativa.

Dalla pagina Facebook creata per organizzare l'evento le adesioni sarebbero circa 50 mila arrivate da tutta Italia, con particolare interesse in Lombardia, Toscana, Emilia-Romagna e Marche. Si legge dai social che questa "è diventata una questione di sopravvivenza, siamo a un punto di non ritorno". Un grido disperato dei ristoratori. L'iniziativa è partita da tre ristoratori in particolare: Maurizio Stara, proprietario del pub Red Fox a Cagliari, Yuri Naccarella, ristoratore e referente della protesta, e Umberto Carriera, il ristoratore ribelle di Pesaro che ha già collezionato multe e sospensioni per aver aperto alcuni suoi locali malgrado i divieti dei vari Dpcm.

#Ioapro1501, tutto ciò che c'è da sapere sulla protesta dei ristoratori

Con due hashtag semplici e diretti, #ioapro e #ioapro1501, molti si stanno radunando attorno alla volontà di aprire, in barba alle leggi imposte dal governo. Stara dice su Facebook che non spegnerà più la sua insegna e che "la nostra è una protesta pacifica volta a dimostrare il nostro senso di responsabilità e la nostra capacità di rispettare e far rispettare le regole di prevenzione del Covid-19".

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"Ci proviamo lo stesso, anche se non c’è speranza" incalza Carriera, "non è mai stata presentata un’indagine epidemiologica che accerti i contagi nei locali, a differenza di quanto può accadere sui mezzi pubblici o nei supermercati. Vogliamo poter lavorare, ma saremo i primi a puntare il dito contro chi non rispetta le norme di sicurezza".

Naccarella a Sky ha chiesto il supporto dei clienti spiegando che "ci aspettiamo una grande affluenza, molti cittadini ci capiscono e ci sostengono. Abbiamo già ricevuto molte prenotazioni e ringraziamo le persone che hanno scelto di stare al nostro fianco. Ci aspettiamo anche un grande appoggio da parte delle forze dell'ordine, perché la nostra è una disobbedienza gentile, ancor più che civile". Naccarella sottolinea che i ristoratori non sono negazionisti, anzi hanno stabilito "un piccolo vademecum di regole a cui attenersi: distanza tra i tavoli doppia rispetto a quanto stabilito dalla legge, osservanza rigida delle norme anti Covid-19 e conti al tavolo entro le 21,45" per rispettare il coprifuoco.

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In realtà le forze dell'ordine non pare abbiano ricevuto il messaggio di Naccarella e già ieri è emerso un documento della Procura di Roma (uguale poi per tutte le procure cittadine), in cui tutti i deputati alla sicurezza nazionale sono messi in guardia riguardo questa protesta. Il Ministero dell’Interno è stato chiaro a proposito: ci saranno controlli e provvedimenti per chi non rispetta la legge.

Cosa rischiano effettivamente i pubblici esercizi che violano le disposizioni del nuovo Dpcm? Non soltanto una multa, ma anche la chiusura prolungata e addirittura pene che possono arrivare fino a 18 mesi di carcere. Le normative prevedono una multa che va da un minimo di 400 a un massimo di 3mila euro, cui si aggiunge però anche l’obbligo di chiusura dei locali, da 5 a 30 giorni (secondo disposizione del prefetto). In caso di recidiva, la sanzione viene raddoppiata. Gli organizzatori offrono tutela legale in caso di multe, sia per i colleghi ristoratori che per i clienti che sfidano il decreto per solidarietà.

La protesta è accompagnata da una sorta di "Dpcm alternativo e autonomo" così come l'hanno chiamato, in cui la sigla sta per Decalogo Pratico Commercianti Motivati. Ci sono tutte le regole da seguire e si invita nuovamente alla protesta pacifica.

C'è chi dice no: le dure prese di posizione di Fipe, Confcommercio e Ambasciatori del Gusto

L'iniziativa ha raccolto molti proseliti così come ha incassato diversi e decisi dinieghi. Questi ultimi sono arrivati da nomi importanti, dalle tre associazioni di riferimento sulla ristorazione e l'economia in Italia.

La Fipe, Federazione Italiana Pubblici Esercizi, ha intuito abbastanza velocemente la portata dell'evento e ha fatto varie dichiarazioni, sia a livello nazionale sia a livello locale sulla cosa. Secondo la Fipe "violare la legge è un errore grave" e questa cosa potrebbe ritorcersi contro il settore. Sottolineano che per mesi si sono battuti per difendere la reputazione dei ristoranti e che una delle responsabilità della federazione è tutelare la legalità a ogni costo.

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Dello stesso avviso anche Confcommercio che ha scritto un comunicato stampa congiunto proprio con la Fipe (le due federazioni sono legate) contro la manifestazione, spiegando che "espone gli esercenti e i loro clienti a pesanti sanzioni pecuniarie". "Tale protesta – si legge in un comunicato ufficiale – contravviene ai provvedimenti straordinari emanati dal Governo per far fronte alla diffusione del contagio da Covid-19.  Siamo consapevoli e partecipi dello stato di grave difficoltà che la categoria sta attraversando; abbiamo rappresentato al Governo la tragedia vissuta da migliaia di operatori e non smettiamo di richiamare l’attenzione, a tutti i livelli, sulla necessità di dare pieno supporto alle imprese, erogando congrui ristori, accelerando le procedure per la liquidazione della cassa integrazione, introducendo attenuazioni del regime fiscale e dilazioni dei costi fissi, sopportati in questo momento dalle nostre imprese, costrette a subire le limitazioni imposte dal governo". Il comunicato si chiude con un appello agli iscritti "perché tale apertura, oltre gli orari consentiti, non sia messa in atto, pregiudicando quanto è stato ottenuto sinora e facendo passare dalla parte del torto gli imprenditori che intendono sfidare lo Stato, infrangendo le prescrizioni alle quali siamo stati obbligatoriamente assoggettati".

Dura la presa di posizione di Ambasciatori del Gusto: dopo la lettera aperta a Giuseppe Conte, è arrivato anche il comunicato contro #IoApro1501. L'associazione prende le distanze "da chi, in forma di protesta, in un momento delicato come questo, sceglie di riaprire i propri locali contravvenendo alle disposizioni generali. Serve chiarezza d’intenti, serve coerenza nel fissare gli obiettivi di medio-lungo termine, serve tempestività d’azione: le parole d’ordine non possono più essere sempre e soltanto ‘chiusura' o ‘sussidi'. La chiusura non offre alternative. Noi le alternative vogliamo averle, l’Italia merita di averle, e siamo pronti, ancora una volta, a costruirle insieme a Voi nel totale rispetto delle regole e della sicurezza".

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