Nella sua interezza oppure frullata: scopriamo qual è il modo migliore per consumare la frutta e beneficiare delle sue proprietà con i consigli della dottoressa Arianna Rossoni.
Ricca di vitamine idrosolubili, sali minerali e antiossidanti, la frutta è un "medicinale naturale" che non dovrebbe mai mancare all'interno della nostra alimentazione.
È stato ormai scientificamente dimostrato che un suo consumo regolare apporta infiniti benefici: permette un miglioramento dell'ipertensione, regola i livelli di glicemia nel sangue, abbassa il colesterolo cattivo e aiuta a prevenire l'insorgere di patologie tumorali. A patto di consumarla nelle giuste quantità, senza mai eccedere, e nei momenti più opportuni.
L'abbondanza di acqua e fibre aiuta il processo di sazietà, rendendola ideale nel caso in cui si stia seguendo una dieta volta alla perdita di peso, mantiene l'organismo ben idratato e favorisce il transito intestinale, contrastando un'eventuale stipsi.
La presenza importante di zuccheri semplici, maggiore o minore a seconda della tipologia, la rende un alimento sì salutare, ma di cui non si dovrebbe abusare: sarebbe opportuno attestarsi sulle due, massimo tre porzioni di frutta al giorno, che possono aumentare o diminuire in base alle esigenze individuali.
Se si soffre di insulino-resistenza, diabete di tipo 2 o si è in sovrappeso, potrebbe essere necessario "aggiustare il tiro" o, al contrario, se si pratica un'intensa attività sportiva, se ne potrebbe consumare una quantità maggiore senza alcun tipo di problema. Come sempre non c'è una regola univoca valida per tutti, ma ogni caso ed esperienza è a sé.
Per beneficiare al massimo delle sue proprietà, qual è il modo migliore per mangiarla? Intera con la sua buccia, a pezzi oppure frullata? Lo abbiamo chiesto alla nostra esperta di fiducia, la dottoressa Arianna Rossoni, dietista, docente e responsabile del progetto Equilibrio Donna.
Intera e con la buccia è sicuramente la scelta migliore, a patto che la frutta sia di stagione, biologica e non trattata chimicamente; ancora meglio se di provenienza locale, nel caso in cui si abbia un rivenditore o agricoltore di fiducia.
Quando la frutta cresce al di fuori della sua corretta stagionalità, è sottoposta a maggiori trattamenti fertilizzanti; se locale, oltre a essere più sicura, è anche più fresca di quella proveniente da zone lontane, raccolta molto prima della sua maturazione naturale.
La frutta intera è più ricca di fibre e micronutrienti, e ha un indice glicemico inferiore rispetto a un estratto o un succo di frutta.
"Meglio mangiare la frutta intera – afferma la nostra esperta – perché la masticazione permette di diminuire il carico glicemico degli zuccheri contenuti in essa; in questo modo si riversano nel sangue in modo più dolce e ponderato".
Oltre a un differente impatto sulla glicemia, la frutta intera, impegnando appunto la masticazione, sazia maggiormente ed è più appagante. Bere la frutta, dunque, non equivale a mangiarla.
Se sbucciata e tagliata a tocchetti, la frutta, a causa del contatto con l'aria, tenderà a ossidarsi e dunque a perdere parte delle sue proprietà antiossidanti. Rispetto alla versione intera, a cui non viene tolta la sua buccia, è anche meno ricca di fibre.
Si tratta in ogni caso di un'opzione più che valida, da prediligere nel caso in cui non si sia sicuri della provenienza del prodotto. Se si ha voglia di un dolcetto a fine pasto, può essere anche considerata un'alternativa più leggera e nutriente di un classico dessert.
Ridotta a dadini, scegliendo magari più tipologie, può essere gustata sotto forma di macedonia sfiziosa o ricca tagliata, può essere dolcificata con succo di limone ed eritritolo, o ancora abbinata a dello yogurt bianco intero o una manciata di frutta secca, per abbassarne il carico glicemico e renderla ancora più saziante.
Se, invece, si ha voglia di una "coccola" adatta alle stagioni più fredde, può essere cotta in forno con un goccino di vino rosso, cannella e chiodi di garofano: si prestano perfettamente frutti come le mele e le pere, ma anche albicocche e pesche possono fare la loro bella figura sulle tavole estive, magari guarnite con un crumble di mandorle.
La frutta da bere ha perso sicuramente gran parte delle sue proprietà. Poveri in fibre e più ricchi di zuccheri, hanno un carico glicemico superiore rispetto al frutto mangiato intero e con la buccia.
Un estratto o una centrifuga, anche fatti in casa o comunque al momento, non ci sazieranno mai tanto quanto sgranocchiare quel frutto; il frullato, inglobando aria per aumentare di volume e diventare cremoso, potrebbe anche creare problemi di gonfiore e discomfort intestinale.
Se, in linea generale, è sempre preferibile masticare la frutta, esistono comunque delle eccezioni; è il caso di alcune patologie croniche intestinali in cui bisognerebbe avvantaggiarsi dei sali minerali presenti, senza dover apportare fibre, definite in questo caso "scorie".
"In questi casi si va a consigliare una centrifuga o un estratto, addirittura filtrati, quindi proprio togliendo quel residuo di fibra che in genere rimane. Serve proprio che ci sia la vitamina pura", puntualizza la dietista.
Discorso a parte per i succhi di frutta, gli estratti e i centrifugati confezionati: questi, oltre agli zuccheri naturalmente presenti nella frutta, ne contengono anche di aggiunti. Un brick di succo contiene il doppio degli zuccheri, è privo di fibre e il processo di pastorizzazione a cui è stato sottoposto ha inattivato enzimi e vitamine, e diminuito il quantitativo di sali minerali.
Oltre agli zuccheri aggiunti, questi prodotti possono anche contenere coloranti, conservanti e acidificanti, possono essere prodotti a partire da frutta fresca, disidratata o congelata (il cosiddetto "concentrato di frutta") e, a seconda della categoria commerciale, ne contengono delle percentuali variabili: dal succo realizzato al 100 per cento con la frutta fino ad arrivare alla bevanda "al gusto di frutta", che ne contiene meno del 12 per cento.
Come districarsi tra i possibili inganni del marketing? Leggendo bene le etichette e preferendo sempre un succo confezionato in casa.
La scelta migliore è sicuramente quella di consumare il frutto intero e con la sua buccia, a patto che questo sia biologico e non trattato chimicamente. Più ricco di fibre, vitamine, sali minerali e antiossidanti, ha un indice glicemico inferiore ed è decisamente più saziante in confronto a un succo o a un estratto.
Oltre a essere meno appagante, la frutta "da bere" non è raccomandabile per preservare la varietà del microbiota intestinale e mantenere in salute i microorganismi; assumere esclusivamente estratti potrebbe portare sul lungo termine a un'alterazione della flora batterica e a disbiosi intestinale.
Qual è la soluzione ottimale? Preferire il frutto per intero, alternandolo solo raramente a un frullato o a un estratto, sempre realizzati espressi in casa o al bar, ed evitando succhi già pronti e conservati (anche quando specificato senza zuccheri aggiunti).
Per quanto riguarda la scelta della frutta, preferiamo quella di stagione, più ricca di sostanze benefiche e micronutrienti; quando questa cresce al di fuori della sua corretta stagionalità, è sottoposta a maggiori trattamenti fertilizzanti.
Optiamo il più possibile per "il locale" e accertiamoci sempre della provenienza: oltre a essere più sicura, è anche più fresca di quella coltivata in zone lontane, dove viene raccolta prima della sua piena maturazione. Sperimentiamo nuove tipologie, anche all'interno della stessa categoria, variando il più possibile i colori: ciascuno di questi è, infatti, è associato a un antiossidante specifico.
Introduciamola quotidianamente, cercando sempre di abbinarla a una fonte lipidica e/o proteica, per consentire un rilascio più graduale dell'insulina e mantenere più stabili i livelli di glicemia.