In Italia i consumatori mangiano meno frutta (e verdura) rispetto al passato, ma per colpa dell'inflazione e dei disastri climatici la pagano di più. I dati dei primi tre mesi del 2023.
Rispetto al passato, o perlomeno rispetto a due anni fa, gli italiani mangiano meno frutta. Colpa dell'inflazione, del caro spesa, aspetti che hanno costretto i consumatori a ripensare e rivalutare il proprio carrello, sacrificando in questo caso proprio i prodotti ortofrutticoli. Più in generale, stando a quanto riferisce la Coldiretti, "… il caro prezzi taglia del 4,7% le quantità di prodotti alimentari acquistate dai consumatori nel 2023 che sono però costretti però a spendere comunque il 7,7% in più a causa dei rincari determinati dalla crisi energetica".
L'analisi riguarda il primo trimestre di questo 2023; periodo in cui conoscono un incremento gli acquisti di cibo low cost con sempre più consumatori orientati a fare la spesa all'interno dei discount alimentari. Protagonisti di un balzo del +9,1% nelle vendite rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.
Tra gli alimenti più sacrificati, emerge invece da dall’Osservatorio di Mercato di Cso Italy sulla base delle rilevazioni effettuate da GfK Italia, c'è proprio la frutta. Gli acquisti da parte degli italiani, nei primi tre mesi del 2023, si sono fermati a 1,27 milioni di tonnellate, pari ad un decremento di otto punti percentuali sullo stesso periodo del 2022. Ogni italiano ha consumato in media nei primi tre mesi dell'anno 4kg in meno di frutta e verdura rispetto al 2019 e quasi 2 kg in meno del 2022.
Una diminuzione dei consumi che è però in controtendenza rispetto al prezzo medio di acquisto dell'anno passato. Nel caso dell’ortofrutta infatti su base trimestrale segna un +8% nel 2023 rispetto ai primi tre mesi del 2022. Allungando la linea temporale e analizzando il confronto a cinque anni, il differenziale aumenta fino a raggiungere addirittura il +21%. Il motivo dell'aumento dei prezzi e conseguente anche calo degli acquisti? Vanno considerate le difficoltà economiche delle famiglie, la crescita dell’inflazione e le problematiche legate alla produzione causate anche dai disastri climatici.
In riferimento a 12 mesi fa quale e quanta è la differenza di prezzo della frutta? Stando ai dati Ismea le ciliegie sono sicuramente la tipologia mediamente più cara, che ha mantenuto standard economici piuttosto elevati. La varietà Ferrovia rispetto all'anno precedente è aumentata di oltre l'80%, arrivando alla soglia dei 5 euro al chilo.
Balzo in avanti anche delle ciliegie durone con un +41% e un prezzo superiore ai 3 euro e mezzo al chilo. Non sfuggono ai rialzi le albicocche, rispetto al giugno passato più care mediamente del 44% e ora vendute a poco più di 1,50 euro al chilo. Aumenti anche per le pesche: quelle a polpa bianca aumentano di oltre il 60% rispetto al giugno passato (assestandosi sull'1,38 euro al chilo), quelle a polpa gialla rincarano di quasi il 25% (1,23€). Segno ‘più' generale anche per le mele: quelle a registrare il maggiore aumento sono le Golden Delicious. Per acquistarle si spende mediamente il 40% in più rispetto all'anno scorso.