Il condizionale è d’obbligo, ma probabilmente consumare in modo regolare le fragole potrebbe proteggere il cervello da malattie neurodegenerative, diminuendo il rischio di incorrere nell’Alzheimer. È ciò che emerge da uno studio Usa.
Secondo un recente studio statunitense, condotto dall’Università di Chicago, le fragole potrebbero proteggere il cervello da malattie neurodegenerative come l’Alzheimer. È quanto emerge dai dati raccolti da un team di ricercatori Usa: analizzando le abitudini alimentari di un gruppo di persone di età superiore ai 65 anni, infatti, pare che chi mangiava regolarmente fragole avesse un minor numero di “grovigli neurofibrillari di proteine tau nel cervello”. Cosa sono questi grovigli? Dei segni distintivi del morbo di Alzheimer; maggiore è la loro presenza insomma più alte sarebbero le possibilità di incorrere nella malattia.
Le fragole sono una delle principali fonti (la maggiore tra i frutti di bosco) di pelangonidina, ritenuta un antinfiammatorio. Altri sono lamponi, fagioli, prugne e ravanelli. In tutto ciò comunque il condizionale è d’obbligo: gli scienziati hanno avvertito infatti come lo studio fosse osservazionale; ciò significa che non poteva dimostrare se fossero effettivamente le fragole a proteggere dalla malattia oppure un altro fattore. Serviranno quindi altri approfondimenti per capire l’importanza di dieta e alimentazione nella prevenzione dell’Alzheimer.
Nel corso della ricerca ogni persona ha ricevuto test annuali standardizzati per valutare le capacità cognitive in cinque aree: memoria episodica, memoria di lavoro, memoria semantica, abilità visuospaziale e velocità percettiva.
Ma in che modo le fragole potrebbero prevenire problemi cerebrali? Questi frutti contengono un composto bioattivo chiamato pelargonidina che può prevenire la formazione di grovigli neurofibrillari di proteine tau nel cervello. I grovigli di tau sono uno dei segni distintivi del morbo di Alzheimer, problema causato da cambiamenti anormali con le proteine che si accumulano nel cervello.
Pubblicato la scorsa settimana sul Journal of Alzheimer's Disease, lo studio (iniziato nel 1997) ha esaminato il cervello di 575 pazienti deceduti con un'età media di 91 anni. I risultati dell'autopsia hanno mostrato che nel gruppo che ha mangiato più fragole è stata osservata la più bassa concentrazione di grovigli di proteine tau.
Per più di due decenni prima della loro morte, ciascuno aveva compilato ogni anno un sondaggio sulla propria dieta, consentendo ai ricercatori di tenere traccia dell'alimentazione di ognuno. Spiegando i risultati, la dott.ssa Julie Schneider, la neuropatologa autrice dello studio, ha affermato: "Sospettiamo che le proprietà antinfiammatorie della pelargonidina possano ridurre la neuroinfiammazione generale”.
Si tratta di una teoria, in verità, di cui si parla già da qualche anno e che negli ultimi giorni trova un’ulteriore riscontro in campo scientifico proprio grazie a questo studio.