In arrivo un decreto che permetterà alle cantine italiane di produrre vino dealcolato, cioè senza alcol. Ci sono un po' di polemiche su alcune scelte del Masaf.
L'Italia apre ai vini dealcolati, o almeno lo farà a breve. È in arrivo un decreto legge promulgato dal Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (il Masaf) in cui si scrive che è possibile "ridurre parzialmente o quasi totalmente il tenore alcolico dei vini". La bozza, anticipata dal Gambero Rosso, è in totale controtendenza ai ripetuti "no" del ministro Lollobrigida che in più occasioni ha ripetuto il mantra: "Non chiamateli vini". In questo nuovo decreto invece si parla di una forte apertura con un'unica eccezione: "I vini sottoposti al processo di dealcolizzazione sono unicamente i vini senza denominazione di origine e indicazione geografica". Vediamo i dettagli del decreto e perché alcuni vignaioli non l'hanno presa benissimo.
È probabile che questo cambio di direzione del Governo sia dovuto all'evidente vantaggio competitivo concesso agli altri Paesi, in particolare a Spagna e Germania che da anni hanno cominciato una filiera sul vino senza alcol. Noi terremo il punto sulle etichette, riservando la possibilità di dealcolizzazione e di parziale dealcolizzazione solo ai vini generici ma è un passo avanti importante.
Il processo di dealcolizzazione, secondo il decreto, "può avvenire esclusivamente presso stabilimenti dotati di licenza di deposito fiscale per la produzione di alcol", in pratica lo possono fare solo le distillerie e solo sotto il rigido controllo dell'Agenzia delle Dogane. Le cantine possono imbottigliare il prodotto ma non possono lavorarlo. L'alcol che verrà scartato dal vino non dovrà essere buttato ma non sarà "commestibile": potrà essere utilizzato solo a fini industriali.
In realtà questo punto non piace per niente ai vignaioli che da tempo aspettano il via libera per commercializzare il vino senza alcol. Con l'intrusione delle distillerie si vedono schiacciati dall'industria degli alcolici. A tal proposito Paolo Castelletti, segretario generale di Unione Italiana Vini, spiega al settimanale Tre Bicchieri che questo cambio di rotta è ben accetto "ma chiediamo al Masaf di ripensare al coinvolgimento delle distillerie soprattutto perché non hanno una diffusione capillare sul territorio nazionale, quindi certe zone rimarrebbero fuori.
In secondo luogo bisogna tenere in conto le alterazioni di tipo microbiologico che deriverebbero dallo spostamento del prodotto. Il Ministero, infatti, non ha tenuto minimamente conto della vulnerabilità del vino, soprattutto di un vino dealcolizzato che, proprio per la mancanza di alcol, risulta più a rischio di altri nella fase di pre-imbottigliamento. Una soluzione ci sarebbe, ma è quella di ricorrere a stabilizzanti chimici. Allora ci chiediamo: perché utilizzare la chimica se, per evitare attacchi microbiologici basterebbe non spostare il prodotto prima dell’imbottigliamento, permettendo, quindi alle cantine di dealcolizzare in autonomia?" conclude Castelletti.