Il 42% del vino italiano venduto negli Stati Uniti è dealcolato: in Italia questo vino è illegale e quindi le aziende lo producono solo per il mercato estero. Urge una riflessione sul tema, anche in maniera urgente, per non lasciare miliardi di euro su un tavolo ricchissimo.
Può sembrare paradossale ma uno dei vini italiani più venduti in America non è ufficialmente un vino. Negli Stati Uniti, primo mercato al mondo per consumi di vino, c'è un incremento di vendita impressionante dei vini "NoLo", ovvero i vini senz’alcol (No alcol) o a bassa gradazione (Low alcol). Secondo i dati messi a punto dall'Osservatorio economico dell’Unione italiana, un terzo dei vini italiani venduti oltreoceano è costituito da prodotti che in Italia non sono considerati vino per la legge. Questo perché nel Bel Paese un vino è tale se ha un contenuto di alcol tra l'8% e il 15% di volume. Vediamo insieme questa strana vicenda unica nel suo genere.
L'export italiano del vino è molto florido, soprattutto negli Stati Uniti. Il mercato americano è fondamentale per le aziende sia perché è una boccata d'ossigeno per le casse sia perché bottiglie anche di non primissima scelta possono essere vendute a prezzi importanti. Per fare un esempio concreto basta andare a vedere i post Instagram dei giocatori NBA: sono tanti i cestisti appassionati di vino e le etichette italiane sono tra le più apprezzate; le sfoggiano sui social come trofei ma spesso ci sono tifosi italiani che fanno presente alle star che si tratta di vini che costano relativamente poco da noi. Il punto è proprio questo: in America non costano così poco e sono percepiti come vini di lusso.
Il 2023 presenta però un caso ancor più strano: nei primi 9 mesi dell’anno sugli scaffali dei supermercati Usa sono stati venduti vini italiani per 906 milioni di euro. Di questo (quasi) miliardo oltre il 42% del fatturato riguarda i vini senza alcol. In Italia il vino senza alcol non può essere venduto come "vino": è illegale scriverlo in etichetta, pena il ritiro dei lotti e una multa salata ai produttori. In America questo problema non c'è e così le aziende fanno delle etichette esclusive per gli USA.
Caso ancor più particolare riguarda la fonte primaria di questo surplus di fatturato: su 387 milioni di euro messi in cascina dai vini NoLo ben 341 milioni li fattura un'unica azienda: la Stella Rossa, etichetta che fa capo alla californiana Riboli Family Wines. Se non la conosci non è per ignoranza enologica: fanno vini in Italia ma li vendono solo in America. Il sito è solo in inglese, ci sono i prezzi solo in dollari e addirittura all'ingresso in home page chiede se hai 21 anni (età minima per bere negli USA) e non 18 come tutti gli altri siti che vendono alcolici. La maggior parte di questi vini sono semi-dolci e frizzanti ma hanno tantissimi vini analcolici in innumerevoli formati. L'azienda propone soprattutto vini aromatizzati a bassa gradazione a base di Brachetto o Moscato. Stando al Sole 24 Ore è passata da 1 milione di casse del 2015 ai 7,2 milioni del 2021. L'Osservatorio dice che la Stella Rossa "ha registrato una domanda così elevata che alcuni vini di punta sono andati esauriti. Come quando ha lanciato i vini in lattina monodose le scorte sono state esaurite in meno di un mese".
Sono numeri impressionanti per un prodotto che per la legge italiana neanche si potrebbe chiamare vino: nel 2016 abbiamo infatti redatto il Testo Unico sul Vino, una sorta di "disciplinare" generico che obbliga tutte le aziende a seguire delle disposizioni per unificare il più possibile la produzione. Sono delle regole "di purezza" che salvaguardano il prodotto. Una dichiarazione di intenti è proprio l'articolo 1:
"Il vino, prodotto della vite, la vite e i territori viticoli, quali frutto del lavoro, dell'insieme delle competenze, delle conoscenze, delle pratiche e delle tradizioni, costituiscono un patrimonio culturale nazionale da tutelare e valorizzare negli aspetti di sostenibilità sociale, economica, produttiva, ambientale e culturale"
In questo testo c'è anche scritto che un prodotto può essere chiamato "vino" solo se ha un contenuto alcolometrico di almeno 8 gradi. I prodotti sotto questa gradazione non sono illegali nel senso più duro della parola ma non possono essere associati alla viticoltura. Per questo motivo nella quasi totalità dei casi non sono neanche commercializzati in Italia ma solo esportati in mercati dove non esiste una "legge di purezza".
Il presidente dell’Unione italiana vini, Paolo Castelletti, dice al Sole 24 Ore che questo dato deve far riflettere "perché è la sintesi delle potenzialità multitarget del vino in una fase di forte transizione dei trend di consumo. Il player statunitense, sfruttando anche il brand Italia, negli ultimi 7 anni ha aumentato il proprio business del 500% e non è certo un caso".