I ravioli sono l'unico formato di pasta comune a più parti del mondo, anche lontanissime tra loro. Parliamo di ben 56 nazioni unite dai percorsi della via della seta che, attraverso i secoli e grazie alle diverse rotte, ha portato un semplice jiaozi da Pechino a Roma.
È possibile che una tradizione gastronomica sia diventata importante in tutto il mondo grazie a una strada commerciale? Sì, se si parla della strada commerciale più importante della storia: la via della seta e i suoi ravioli. In fin dei conti si tratta solo di un sottile involucro di pasta ma questo involucro può contenere un mondo intero di ripieni: i ravioli sono l'unico piatto di pasta comune in tutto il "Vecchio Mondo", quello conosciuto fino al 1492.
Il numero e la tipologia di partecipanti a un ipotetico "mondiale" dei ravioli dimostra che non c'è cultura che non abbia creato un proprio stile nell'ideare una sfoglia, chiuderla, cuocerla e farcirla. La cosa davvero interessante della storia dei ravioli intorno al mondo è che, sembra, traccino un percorso ben preciso che ha avuto enormi risvolti nel corso delle vicende umane: l'origine dei ravioli si può seguire passo passo lungo la via della seta.
Siamo abituati a pensare che la pasta ripiena sia tipica della cucina tradizionale e regionale italiana, ma in realtà è molto diffusa in tutto il mondo, pur avendo nomi e caratteristiche differenti. Con "ravioli" possiamo unire tutte quelle categorie di paste ripiene, sia dolci sia salate, preparate con involucri diversi. A seconda delle cucine del mondo, il contenuto del raviolo cambia: possiamo trovare carne, pesce, formaggio, verdure o frutta; cambiano anche i condimenti, i metodi di cottura (con l'ebollizione, il vapore, la frittura); cambiano perfino gli impiattamenti e i metodi di servizio.
Le prime testimonianze importanti si hanno nel Medioevo: Giovanni Boccaccio, gran gourmand, li cita anche nel Decameron dimostrando la grande diffusione del piatto a quel tempo. Pare che la prima apparizione sia collocata nel 1100, ma ci sono delle ipotesi diverse: Apicio cita una sorta di "torta" molto simile a un raviolo gigante, anche se per molti storici si tratterebbe solo di un impasto a forma di uovo cotto, servito nel brodo. È certo che questa sia l'unica pasta ripiena di cui oggi abbiamo notizie nei secoli XII e XIII e che a Savona siano stati trovati nel 1100 a casa di un feudatario. Non è un caso che questo tipo di pasta veda la sua origine italiana in Liguria: attorno al 1200 proprio da Genova comincia a diffondersi questa cultura in tutto il Paese, grazie agli scambi marittimi del capoluogo e a quelli via terra verso il Granducato di Parma. Nella zona emiliano-romagnola arrivano anche dall'altro sbocco a mare, ovvero Venezia, giungendo qui proprio grazie alla via della seta.
Con questo nome indichiamo tutti gli itinerari terrestri, marittimi e fluviali di circa 8000 chilometri lungo i quali dall'antichità si snodavano gli scambi culturali e commerciali tra Oriente e Occidente e, in particolare, della seta di cui la Cina mantenne per secoli il monopolio. Sebbene sia legata al mondo di Marco Polo descritto nel Milione è importante sottolineare che questo tipo di scambi commerciali sia attivo fin dal 200 a.C. e che la destinazione finale della materia prima e delle altre materie preziose cinesi è stata sempre e solo Roma. Molte merci hanno fatto anche il viaggio inverso e insieme alla merce su questa via hanno viaggiato le idee e i pensieri: lo sviluppo della matematica, dell'astronomia, della teologia e, perché no, della gastronomia. Per queste ragioni non è un caso che i ravioli abbiano trovato solido sviluppo nelle nazioni che sono state toccate da questi viadotti.
Da dove partire se non dalla Cina? La nazione che ha dato i natali a Yao Ming presenta ben due varietà di ravioli: i wanton e i jiaozi. I primi presentano a loro volta innumerevoli varietà: possono essere fritti o cotti al vapore, ripieni di carne di maiale, gamberetti o verdure; a seconda delle zone sono serviti all'interno delle zuppe di noodle, con il brodo di pollo, fritti, con delle salsine, freddi o caldi. Dobbiamo ricordare che la cucina cinese ha un gran pregio in comune con la nostra tradizione: ha un'ampissima cucina regionale. Così come abbiamo in Italia i ravioli capresi o i pansotti liguri, in Cina possiamo trovare tantissime tipologie di ravioli, in base alla città. Oltre ai wanton troviamo anche i jiaozi, fagottini più piccoli da cucinare al vapore, bolliti o fritti. La pasta è più sottile rispetto ai wanton e i bordi vengono delicatamente sigillati a mano. Anche in questo caso ci sono molte varianti regionali ma quelli più comuni contengono manzo macinato e verdure.
La prima costa toccata dalla via della seta marittima è quella del Giappone e infatti qui troviamo i gyoza, i ravioli giapponesi per eccellenza. L'origine è senza dubbio cinese e infatti il termine "gyoza" è una traslitterazione di "jiaozi": sono anche molto simili se non per il forte sapore d'aglio e il delicato sapore di sale o soia che troviamo nella verisone del Sol Levante. Sono sempre serviti con la salsa di soia alla quale viene aggiunto un aceto di riso e il rāyu, un olio di sesamo comune a tutto l'Estremo Oriente fatto con un peperoncino molto piccante. Solitamente la forma dei gyoza è a mezzaluna e contiene un ripieno a base di carne di maiale tritata, cipolline verdi, cavolo, aglio e zenzero.
In mezzo a Cina e Giappone c'è la cosiddetta "terza via", quella della Corea: i mantou sono tipici ravioli preparati a vapore, figli del mantou cinese che oggi vediamo in una versione secca (è il celebre "pane cinese") ma che originariamente era ripieno. I mantou coreani hanno moltissime tipologie di condimento: una versione vegetariana contiene solo kimchi, possiamo trovare poi la carne di maiale, di manzo, il tofu o altre verdure. Questi ravioli sono strettamente "imparentati" anche ai manti dell'Asia Centrale grazie alla via della seta terrestre.
Altro viatico fondamentale della via marittima sono le isole dell'arcipelago che dividono l'Asia dall'Oceania. Punto d'arrivo principale è Java, il cuore dell'Indonesia, la parte più popolosa e sviluppata economicamente. Qui troviamo i siomay, i protagonisti dello street food indonesiano: dei ravioli di pesce cotti al vapore serviti con burro d'arachidi. La farcitura contiene un miscuglio di prodotti ittici non ben definiti, delle patate, il cavolo, uova sode, tofu e una particolare varietà di zucca piuttosto amara. L'influenza della Cina è talmente forte che all'interno delle Chinatown indonesiane ci sono dei siomay "cinesizzati" con carne e una salsina agrodolce e piccante al posto del burro d'arachidi.
Molto interessante anche lo sviluppo dei ravioli in Vietnam, diventati vero piatto nazionale: la Mì Hoành Thánh è una zuppa con noodles e ravioli di derivazione cinese, esportata proprio da emigranti cinesi. Solitamente preparata con un brodo di maiale, il ripieno dei wonton contiene cipollotti, erba cipollina, carne e moltissime spezie.
La principale rotta storica della via della seta resta quella terrestre e da Pechino le merci si spostano verso l'Asia centrale. I primi ravioli che troviamo qui sono quelli del Nepal, i momos, preparati con la pasta al sesamo e farciti con lo yak, l'iconico bovino tibetano.
A nord, in Mongolia, ci sono invece i buuz, dei ravioli enormi ripieni di carne di montone, cipolla, aglio e spezie, che vengono cotti a vapore e consumati con insalate e pane fritto. Piatto tipico mongolo, non è difficile trovarlo con patate, cavoli o riso in sostituzione della carne. I buuz devono il loro nome ai baozi cinesi e sono comuni anche nella parte più orientale della Siberia, dove si è soliti consumarli con la vodka.
Da nord a sud ci addentriamo nella zona più "densamente popolata" di ravioli: l'India e le ex repubbliche sovietiche. In questa precisa zona del mondo si sono intrecciate praticamente tutte le vie della seta, ovvero terrestre, fluviale e marittima. Non deve sorprendere se proprio in questa posizione si concentri un'enorme varietà di ravioli che spesso e volentieri hanno le stesse origini e ricette, ma nomi diversi.
Partiamo dai samosa, i più celebri, comuni in India, Pakistan e in Somalia (arrivati via mare): un raviolo triangolare di pasta fritta o cotta al forno, farcito con patate, cipolle, piselli, lenticchie, formaggio, carne di manzo o pollo e varie spezie locali come peperoncino o coriandolo. Una squisitezza che spesso è accompagnata con chutney di tamarindo o cagliata. La fama dei samosa è dovuta alla facilità della ricetta e al periodo del colonialismo: con la via della seta è arrivata questa specifica tradizione ma è l'Impero britannico ad averla portata in giro per il mondo.
Troviamo varietà di samosa in Congo, Kenya, Sudan, Uganda, Eritrea, Nigeria, Mozambico in Africa, in Grecia e Cipro in Europa e perfino in Turchia e nel Medio-Oriente. La storica rivalità tra l'Impero britannico e la Russia si è giocata anche sui ravioli e infatti moltissime ex repubbliche sovietiche di questa zona nevralgica dello scambio commerciale presentano varietà autoctone di samosa e di altri ravioli:
In Russia non sono mai arrivati i samosa ma il Paese ha un proprio raviolo, molto più simile al nostro tortellino: i pel'meni, una pasta dalla sfoglia sottilissima ripiena di un trito di maiale, agnello, manzo o altri animali che si trovano nei rigidi inverni siberiani. La ricetta tradizionale degli Urali richiede il 45% di manzo, il 35% di agnello e il 20% di maiale per il ripieno. Spesso vengono miscelate con il ripieno altri ingredienti come pepe, cipolla e aglio.
La caratteristica folkloristica di questa pasta è che, con ogni probabilità, si tratta del primo piatto "surgelato" della storia dell'uomo: era tradizione prepararli freschi e lasciarli a congelare fuori dalla finestra delle case per poi essere scongelati d'estate prima dell'uso. Tipici anche di tutte le repubbliche baltiche e dell'Ucraina (che se ne assume la paternità), hanno anche un'altra caratteristica molto curiosa: la somiglianza con la pasta fresca italiana è tale che oggi, per la produzione industriale, vengono acquistate le macchine usate per i tortelloni dalle nostre fabbriche.
In tutto il Medio Oriente ci sono decine e decine di varianti di ravioli ripieni di cipolla e carne tritata, speziata con noce moscata e cannella, che vengono poi fritti. La zona è stretta tra la via della seta terrestre (con la Persia che è stata una delle nazioni più importanti in questo tipo di scambi commerciali) e marittima. Con l'apertura del Canale di Suez del 1869 tutte le coste hanno beneficiato di un susseguirsi di persone che ha arricchito enormemente la cultura locale: in pratica ogni zona di questi territori ha la pasta ripiena come piatto tipico nazionale.
In Palestina, ma ancora di più in Israele, troviamo i kreplach, dei ravioli piccoli ripieni di carne macinata, patate o altre verdure, serviti in un brodo di pollo o fritti. L'impasto tradizionale è a base di farina, acqua e uova e deve essere molto sottile. Solitamente si mangiano in occasione del Rosh Hashanah, il capodanno ebraico, prima del digiuno previsto dallo Yom Kippur: in questo caso il ripieno deve essere di formaggio o di carne, mai insieme, perché i kreplach devono seguire i dettami della cucina kosher.
Da questi ravioli derivano anche i sambousek egiziani, una variante fritta a forma di mezzaluna che estende la propria tradizione a tutta l'Africa Mediterranea, all'Oman, alla Giordania e all'Arabia Saudita. Essendo tutti questi dei Paesi a culturalmente legati all'Islam, il maiale è totalmente bandito e viene sostituito dalla carne d'agnello o in una versione vegetariana da patate, piselli, lenticchie, formaggio e spezie varie. In Libano e Iran sono molto vendute delle versioni col pescato locale, davvero squisite. Questa versione di ravioli è molto importante anche per la nostra tradizione: all'inizio dell'Ottocento cominciano a comparire i primi culurgiones in Sardegna e secondo i reperti storici, sarebbero proprio figli dei sambousek.
Dall'altro lato del Canale di Suez c'è la Turchia e tutta quella fascia del Caucaso che ospita i circassi, gruppo etnico che occupa una regione storicamente contesa da Impero Ottomano e russi. Tipici di questa zona sono i mataz, dei ravioli dalla forma allungata di manzo o agnello insieme a verdure, cipolle e un mix di spezie. I mataz non sono gli unici ravioli della zona: i khinkali sono una squisitezza, piatto tradizionale in Georgia propagatosi anche in Turchia e Armenia per vicinanza geografica e in Ucraina, Russia, Moldavia e Stati Uniti a causa delle forti correnti migratorie che hanno coinvolto questo Stato dopo il 1990. I kinkhali sono ravioli ripieni di carne trita e spezie, conditi con pepe nero sulla superficie; vanno mangiati rigorosamente con le mani per una motivazione tecnica: infilzandoli con la forchetta perderebbero il succo interno, l'ingrediente più buono e caratteristico del piatto. Per mangiare questi ravioli bisogna quindi dare un morsetto e bere il succo dal buco che si viene a creare, dopodiché si potrà finire il piatto.
La via della seta non è mai arrivata in Svezia, lo sappiamo benissimo, ma la Scandinavia ha avuto sempre stretti rapporti con San Pietroburgo. Dalla vecchia Leningrado sono arrivati dei ravioli squisiti e un po' desueti, che ormai si trovano solo nelle vecchie trattorie in Svezia e Finlandia: i blodpalt, una sorta di gnocco ripieno a base di farina d'orzo o di segale, con patate crude grattugiate e con l'aggiunta di sangue all'impasto. Un piatto della tradizione povera, proveniente da un'epoca in cui le famiglie utilizzavano con cura tutte le parti degli animali per ottenere cibo a sufficienza. La differenza tra i ravioli svedesi e finlandesi sta nel ripieno: i primi hanno la pancetta e vengono preparati col sangue di maiale, i secondi usano solo il sangue di renna e servono i blodpalt in zuppa.
Nella vicina Polonia troviamo invece i pierogi, uno dei ravioli più famosi al mondo con quell'iconica "treccina": ci sono sia in versione salata con formaggio o patate, sia in versione dolce ripieni di marmellata; in entrambi i casi sono conditi con abbondante burro e panna acida a parte. I pierogi li ritroviamo anche in Germania, a causa delle migrazioni, e in Romania, Moldavia, Ungheria, Serbia, Slovenia e Slovacchia.
Le nazioni citate non sono una casualità: le merci della via della seta dopo gli Urali prendevano diverse strade oltre a quella per Roma e "l'autostrada" migliore d'Europa era il fiume Danubio, il corso d'acqua che bacia le capitali europee. In particolare nella Slovenia (all'epoca Jugoslavia) e nella vecchia Cecoslovacchia, i ravioli hanno trovato terreno fertile. A Idrija, una cittadina vicino Gorizia e al confine con l'Italia, si trovano dei meravigliosi ravioli ripieni di patate che fungono da "contorno" alle portate di carne e sono ricoperti da briciole di pane raffermo; prendono il nome dalla città che li ha inventati e si chiamano idrijski. Il Danubio a Bratislava, attuale Slovacchia, ha invece lasciato un formato di pasta che oggi associamo maggiormente alla Repubblica Ceca: i knedilky. Questo raviolo è a forma di polpetta, fatto con un impasto di patate o farina, cotto a vapore e servito come contorno alla carne così da fargli assorbire tutto il sugo. Anche in questo caso ci sono delle varianti dolci fatte con la marmellata, in particolare con le albicocche. Questi ravioli cechi hanno creato un filone tutto loro: sono infatti "cugini" dei knodel tedeschi, dei kneidel ebraici, dei cepelinai lituani e infine dei nostri canederli del Trentino Alto-Adige.
Arriviamo infine in Italia, la tappa finale della via della Seta con la grandezza di Roma, le ricchezze del Vaticano e il viatico fondamentale di Venezia e Genova in primis, due città che hanno fatto del commercio navale un vanto storico e internazionale. La forza di queste città ha portato una ricchezza gastronomica incommensurabile nel nostro Paese e gli scambi interni tra queste località (e la strada fatta per arrivarci) hanno creato a loro volta un mare di ulteriori piatti. La prova più tangibile, bella e poetica che possiamo vedere è sicuramente quella della via Emilia, una strada del 187 a.C. che oggi ospita decine di sughi, di condimenti, di ripieni per i 36 formati di pasta fresca diversi lungo i 165 chilometri che uniscono Rimini e Piacenza. In media fa un formato diverso ogni 4 chilometri e mezzo, un'ossessione per la pasta che ci rende orgogliosi di essere italiani.
Oltre all'Emilia-Romagna, regione simbolo della pasta ripiena, troviamo ravioli diversi in tutta la nazione: i ravioli ricotta e spinaci con noce moscata e pepe nero che troviamo nelle Marche, in Toscana e nel Lazio; i ravioli dolci ripieni di ricotta in Abruzzo, i già citati culurgiones e ravioli capresi in Sardegna e Campania, fino ai ravioli di ricotta con sugo di maiale che troviamo in Sicilia. Un'infinità di piatti, un'infinità di possibilità, per una gastronomia tradizionale che trae la propria origine nei posti più remoti del pianeta Terra.