Un'inchiesta di FederBio di qualche anno fa ha aperto gli occhi al settore: il Kamut contiene glifosato. Ma cos'è il Kamut? Secondo Report "il Kamut non esiste", è solo il nome commerciale messo da un'azienda americana al grano khorasan. Il Kamut contiene alte quote di glifosato, a differenza del khorasan coltivato in Italia e ignorato dalla maggior parte delle aziende.
In una puntata che ha creato enorme trambusto nel mondo del calcio, Report ha scombussolato le carte anche nel settore agroalimentare con un servizio firmato da Bernando Iovene dal titolo emblematico: "Il Kamut non esiste". Da alcuni anni sugli scaffali dei supermercati italiani ha cominciato a spopolare questa varietà di grano antichissimo, ma il servizio del giornalista napoletano ha fatto notare una cosa importante: Kamut non è un tipo di grano, ma un marchio statunitense che designa una varietà selezionata di una particolare sottospecie di grano coltivato in Canada.
La maggior parte del Kamut viene venduto in Italia, circa il 75% del mercato è nel nostro Paese. Per anni si è confuso il marchio con il grano grazie ad abili mosse di marketing che hanno tratto in inganno anche coloro che dovrebbero tutelarci. In realtà si tratta di khorasan, una varietà antica coltivata anche in Italia, essenzialmente biologica. Anche il Kamut è, o meglio "dovrebbe essere", rigorosamente biologico ma, dalla documentazione pubblicata in esclusiva dalla trasmissione condotta da Sigfrido Ranucci, i requisiti non sembrano esserci. La Rai fa luce sulla contaminazione da glifosato di vari container di grano a marchio Kamut.
In sostanza il Kamut è il grano khorasan, un frumento integrale di origini iraniane detto anche grano rosso. Si tratta di uno dei grani più antichi del mondo, è ricco di sali minerali, proteine e vitamine, molto digeribile. Quando parliamo di Kamut però, parliamo di un marchio registrato che indica un particolare metodo biologico di coltura e lavorazione del grano rosso khorasan, coltivazione che avviene esclusivamente in zone del Montana e del Canada; se è vero quindi che chiunque può coltivare il grano rosso, è da sottolineare che per ottenere il marchio Kamut, la coltivazione deve essere approvata da un apposito consorzio.
L'inchiesta di Bernardo Iovene ruota invece attorno al glifosato e al Kamut biologico. Per essere certificata la natura biologica, il glifosato non può essere presente con tracce superiori allo 0,01 mg/kg. In pratica questo composto non può essere usato e la tolleranza stabilita dalla legge italiana è dovuta al semplice fatto che, essendo volatile, può finire in quantità infinitesimali su ogni coltivazione. Questo non compromette l'integrità di un raccolto né porta alcun rischio per la salute dei cittadini.
Il glifosato è un erbicida molto utilizzato nell'agroalimentare, soprattutto all'estero. Nel 2017 la FederBio ha lanciato un grido dall'arme sul Kamut perché 4 container su 5 esaminati risultavano ad allerta rischio: il tentavido di scutere gli animi, però, è rimasto all'interno del settore e non è stato colto da nessuno. Anzi, l'azienda Kamut l'ha respinta con forza dicendo che, sebbene i limiti di tolleranza al glifosato siano più alti in Canada, loro hanno sempre fatto fede ai limiti italiani perché è qui che si concentra la maggior parte del fatturato.
La definizione di "Kamut" e l'ambiguità creata da abili responsabili marketing ha fatto cadere in errore anche l'Europa: nel 2011, tra i cereali che possono provocare intolleranze (in particolare si faceva riferimento alla presenza di glutine) l’Ue mette insieme a grano, segale, orzo, avena e farro anche il kamut, come se si trattasse di un cereale vero e proprio, salvo poi accorgersi dell’errore nel 2014.
La soluzione al problema dell'erbicida è, secondo Report, molto semplice: lasciare sugli scaffali il marchio Kamut e orientarsi sulle alternative italiane di grano khorasan coltivate in Abruzzo, Basilicata e Campania.