La Puglia vieta la pesca dei ricci di mare, il governo le fa fare marcia indietro ma è tutto bloccato fino al 2024 a causa della Corte costituzionale. Nel frattempo i ricci stanno scomparendo dai nostri fondali e due mesi di fermo biologico sono pochi.
I ricci di mare sono in via di estinzione e l'Italia si trova in un caos legislativo che in molti stanno sottovalutando. Nel frattempo i ricci continuano a scomparire dai nostri fondali. Il caso più emblematico c'è in Puglia: il consiglio regionale ha disposto un fermo pesca di ben 3 anni ma il Consiglio dei Ministri ha "deliberato di impugnare la legge della Regione Puglia" annullando il provvedimento. In tutta Italia i ricci si possono nuovamente pescare da circa un mese e in linea di massima la regola vale anche per la Puglia ma la situazione è un po' più complicata di così.
Facciamo un passo indietro: a marzo la Puglia ha scelto di attuare lo stop alla pesca, anche sportiva, dei ricci di mare. La norma impone il divieto di prelievo, raccolta, detenzione, trasporto, sbarco e commercializzazione degli esemplari di riccio di mare e dei relativi prodotti derivati freschi. Secondo la normativa si possono comunque mangiare dei ricci in Puglia ma devono venire da altri mari o da altre regioni, la qual cosa comunque non sorprenderebbe perché già oggi buona parte dei ricci arriva da altri paesi del Mediterraneo, anche extra Unione Europea. Il problema però sorge proprio qui: non esistono "altri mari" perché il mare è uno solo ed è dell'Italia, non pugliese. La speranza della regione è quella di riveder popolato il proprio fondale perché il consumo gastronomico dell'animale, tipico tra l'altro della cucina locale, ha distrutto un habitat. Tutto ciò potrebbe essere una mera illusione però.
In Italia il fermo pesca del riccio è decaduto il 1 luglio dopo due mesi di stop. Troppo poco tempo per avere un risultato soddisfacente considerando che per 1 chilo di polpa di riccio servono centinaia di questi organismi marini. Questa regola varrebbe anche per la Puglia perché dopo la delibera di marzo ci sono state delle proteste da parte dei pescatori e così il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Roberto Calderoli, è arrivato in soccorso dei lavoratori. Di fatto il governo nazionale ha annullato la legge regionale che però nel frattempo è andata in vigore (il 5 maggio) e quindi per intervenire serve il giudizio della Corte costituzionale che però è atteso per il prossimo anno. Il primo firmatario della proposta pugliese e capogruppo della Puglia Domani in Consiglio regionale, Paolo Pagliaro, si aspetta un intervento della Regione "opponendosi all’impugnativa del Consiglio dei ministri della nostra legge sul fermo pesca dei ricci di mare per tre anni. La proposta di impugnativa viene dal ministro Calderoli, che parla di violazione del comma 2 dell’articolo 117 della Costituzione, sostenendo che la nostra legge regionale si ponga in contrasto con la normativa statale, internazionale ed europea in materia di ambiente e mare. Noi sosteniamo da sempre il diritto a difendere il nostro mare, il cui ecosistema è minacciato dall’incombente estinzione di una specie essenziale per il suo equilibrio. La mia proposta di legge è stata condivisa e sottoscritta dal presidente Emiliano e da 49 consiglieri regionali". Il presidente Emiliano ha però fatto sapere di non voler andare dalla Corte costituzionale come parte civile e quindi aspetta che si riuniscano. Al momento la pesca dei ricci in Puglia è come il gatto di Schrödinger: è viva e morta allo stesso momento. Il divieto ufficialmente resta fino al pronunciamento della Corte costituzionale, atteso per il prossimo inverno ma sono in vigore al momento due leggi in contrasto sullo stesso territorio. Potenzialmente i ricci potranno tornare a essere pescati dopo il prossimo inverno perché in linea teorica il fermo pesca sussiste in Puglia nonostante l'imposizione di Calderoli.
La Regione non si costituirà parte civile e nonostante le buone intenzioni potrebbe anche avere torto. Secondo il governo, per bocca di ben tre ministeri, il mare che bagna la Puglia non è il mare della regione, perché non esiste "un mare territoriale regionale, appartenente alla Regione Puglia, quale ambito entro il quale la stessa Regione sarebbe abilitata a esercitare la propria potestà normativa".
Non avendo dei confini marittimi è impossibile applicare delle disposizioni diverse da quelle dettate dallo Stato. Questa nozione non è regolamentata nemmeno dall'Italia ma direttamente dal diritto internazionale per regolare i rapporti tra Stati. Ci si è messa anche la Farnesina che fa notare due gravi incongruenze: il divieto di pesca non può comprendere il divieto di esportazione in base alle normative europee; il divieto non è applicabile alle acque interne perché non esiste una definizione autonoma di “mare territoriale della Puglia”. La cosa sorprendente è che nonostante tutte le rimostranze il divieto possa comunque essere applicato. Urge però una normativa internazionale al più presto: la Puglia è più vicina all'Albania che a Roma, vietare la pesca dei ricci nei nostri mari e lasciarla libera a Tirana darebbe un risultato nullo. Speriamo dunque che l'Unione Europea riesca a sciogliere questa ingarbugliata matassa e salvaguardi il mare di tutti.