Il dado da cucina industriale fa male alla nostra salute? E quali ingredienti dovrebbe contenere per poterlo considerare un ingrediente valido? Ne abbiamo parlato con la dottoressa Arianna Rossoni, dietista e docente.
Siamo cresciuti con la convinzione che il dado da cucina sia il male assoluto e il colpevole principale sembrerebbe essere il famigerato glutammato monosodico. Di cosa si tratta? Di un aminoacido non essenziale, naturalmente presente in moltissimi alimenti, utilizzato in forma sintetica come esaltatore del gusto (il quinto per la precisione, il cosiddetto "umami"). Ma non solo: la sua ricchezza in sale e grassi idrogenati, e la presenza di conservanti certamente non migliorano la sua "posizione".
Ma le cose stanno veramente così? Questo prodotto, se consumato con una certa frequenza, può avere delle conseguenze negative sulla nostra salute? Ne abbiamo parlato con la nostra esperta di fiducia, la dottoressa Arianna Rossoni, dietista e docente, che subito ci rassicura: "No, il dado non fa male di per sé, a meno che il suo contenuto di sodio, quindi di sale e glutammato, non sia eccessivo e non si soffra di ipertensione".
"Tradizionalmente, e comunque fino a non molti anni fa, veniva usato non solo per preparare la classica minestrina in brodo, ma anche per dare maggiore sapidità alle verdure, alle scaloppine, tanto per fare qualche esempio; veniva utilizzato come esaltatore di sapori, di fatto appiattendoli tutti e tarando il palato a un gusto molto in up".
Quindi una persona abituata a utilizzare il dado come insaporitore per le sue pietanze avrà una richiesta di sapidità molto elevata e farà fatica ad abituarsi a gusti più soft e naturali. Il pericolo principale è, dunque, questo: la lenta e inesorabile disabitudine del palato ai sapori più autentici e genuini.
Ammettiamolo: tutti, di tanto in tanto, lo abbiamo aggiunto a un'insipida minestra per renderla più gustosa, a un'anonima pastina, sperando le conferisse maggiore carattere, oppure lo abbiamo usato, un mestolo alla volta, per cuocere un risotto last minute, accorciando così i tempi di preparazione del brodo fatto in casa.
Eppure, nonostante l'uso in cucina più o meno frequente, il dado resta, e forse resterà sempre, uno di quegli "aiutini gastronomici" di cui avvalersi ma pur sempre di nascosto (e anche con un pochino di vergogna). Negli anni, infatti, a causa del suo contenuto di glutammato monosodico, sostanza naturalmente presente in diversi cibi e additivo chimico sfruttato dall'industria alimentare, ma di sale, grassi e conservanti, ha iniziato a godere di una pessima reputazione.
Inventato da un farmacista francese, Antoine-Auguste Parmentier, che ebbe per primo l'intuizione, e poi perfezionato a metà dell'Ottocento da un chimico tedesco, il barone von Liebig, il dado da cucina è un concentrato a base di carne o verdure, utilizzato per insaporire le pietanze.
Disponibile in forma di cubetti o granulare, il dado da cucina è uno di quegli alleati decisamente molto comodi e pratici, i cui ingredienti principali includono sale, esaltatori di sapidità, come il glutammato monosodico, grassi animali o vegetali, verdure disidratate, estratti di carne o pesce, aromi e conservanti. Purtroppo non tutti i marchi e le aziende sono uguali e talvolta, proprio per esaltare maggiormente il gusto dei piatti a cui viene aggiunto, leggiamo anche zucchero, zucchero caramellato e/o maltodestrine.
Vediamo nel dettaglio i principali elementi:
La lista di ingredienti, decisamente lunga, prevede elementi che, se aggiunti in quantità e con frequenze eccessive, possono rivelarsi dannosi per la salute. "Va detto che negli ultimi anni il dado da cucina industriale è decisamente migliore rispetto a quello di una volta, sia come sapore sia come ingredienti", prosegue Rossoni.
Il dado da cucina non va demonizzato: è importante selezionare prodotti di alta qualità, privi di grassi animali e vegetali, e zuccheri, e usarli con parsimonia e di tanto in tanto. Il consiglio più importante è appunto quello di non abusarne – perché, ricordiamolo, è sempre la dose che fa il veleno – e di abituare il palato al cibo vero e nutriente, e ai sapori semplici e autentici.
In che modo? Con piccole azioni quotidiane che nel lungo periodo faranno davvero la differenza. Prediligiamo intanto frutta e verdura fresche, stagionali e di provenienza sicura e certificata: coltivate nel loro periodo d'elezione, avranno tutto un altro sapore e fragranze irresistibili; consumiamole prevalentemente crude, per fare il pieno di vitamine e sali minerali, e preferiamo cotture veloci, come la rosolatura in padella, o che siano in grado di concentrarne il gusto.
La migliore è quella arrosto, che ha un'appetibilità superiore a quella al vapore o alla lessatura in acqua. "Uso l'arrostitura soprattutto per la verdure, in particolare carote, zucca, zucchine, cavolfiori, broccoli, melanzane e peperoni; si tagliano a pezzetti piccoli o stick, si condiscono con olio extravergine di oliva e sale, si massaggia e poi si inforna a 180 °C per circa 20-30 minuti".
Un altro consiglio preziosissimo è quello di avvalerci di un booster, ovvero di uno o più ingredienti che, aggiunti in piccole quantità, esalteranno il sapore dei piatti. Sono a base di umami, quindi miso, tamari, aglio nero, concentrato di pomodoro, funghi essiccati, o leggermente piccantini, come mix di spezie, harissa…
Nel quotidiano, per insaporire le nostre preparazioni, è bene sostituire sale e dado industriale con erbette aromatiche fresche, spezie biologiche e condimenti naturali; come il gomasio, per esempio, un gustoso mix a base di semi di sesamo e sale marino integrale, delle alghe o del lievito alimentare in scaglie. Per conferire, invece, una piacevole nota croccante, aggiungi una manciata di semini misti (zucca, lino, sesamo, girasole), gherigli di noce, anacardi o anche ceci secchi.
Ovviamente il dado fatto in casa è sempre la soluzione migliore: questo perché possiamo avere un maggiore controllo sulle singole materie prime usate per confezionarlo. "Si possono prendere gli scarti delle verdure biologiche utilizzate per altre preparazioni, come la buccia della cipolla, delle carote, avanzi di coste e foglie di sedano, e metterli man mano in un sacchetto da conservare in freezer", ci spiega Rossoni.
Una volta ottenuto un buon quantitativo, si dispongono questi "scarti" su una teglia e si fanno essiccare in forno a bassa temperatura per 2-3 ore, o comunque finché non saranno ben disidratati. A questo punto si procede a frullare il tutto con l'aggiunta di sale e poi si conserva in un vasetto di vetro con chiusura ermetica in un luogo fresco e asciutto. "Questo metodo funziona molto bene anche con i funghi secchi che danno un marcato sapore umami".
Con questa tecnica si realizza il granulare, mentre, se volessimo ottenere il classico dado a cubetti, allora dovremmo procedere in questo modo: bisognerà tritare molto finemente le verdure, cuocerle in padella con l'olio e il sale (la dose di riferimento è 25 gr di sale ogni 100 gr di verdure crude) e, dopo averle frullate, trasferire il composto ottenuto in una teglia e lasciarlo rassodare in congelatore per 12 ore: a questo punto, non rimarrà che ritagliare tanti cubotti e conservarli in freezer per massimo 3-4 mesi, pronti da utilizzare all'occorrenza.
Oltre a sedano, carote e cipolle (o scalogno), ingredienti alla base di questa preparazione, è possibile aggiungere altri tipi di ortaggi, da scegliere in base alla stagionalità: patate, porro, ma anche zucchine, zucca, cavolfiori, bietole, spinaci, piselli e pomodori; puoi conferire maggiore profumo con le erbe aromatiche, come il prezzemolo o il basilico, oppure utilizzare le spezie come pepe, curry e curcuma.