Il Casu Marzu, il celebre formaggio coi vermi sardo, è il formaggio più pericoloso al mondo secondo il Guinness World Record ed è stato bandito in tutta Europa, ma è davvero così rischioso?
Il Casu Marzu, il celebre formaggio coi vermi sardo, è il formaggio più pericoloso al mondo secondo il Guinness World Record ed è stato bandito in tutta Europa… ma è davvero così rischioso?
Il biologo nutrizionista Simone Gabrielli ci spiega cosa lo rende così unico, quali sono i veri rischi e perché è ancora illegale. E tu? Lo assaggeresti? Scopriamo di più.
Il Casu Marzu, o più comunemente noto come formaggio coi vermi, è un formaggio di pecora che subisce una fermentazione del tutto particolare, in quanto viene "colonizzato" da larve di mosca casearia la Piophila casei che si intrufola dentro le spaccature del formaggio per deporre le uova. Una volta nate, le larve digeriscono il formaggio, rendendolo morbido, cremoso e con un sapore unico e fortissimo.
Ma chi è stato il primo a dire: "Oh, guarda, un formaggio pieno di vermi… mangiamolo!"? Non lo sappiamo con certezza, ma l’ipotesi è che sia successo per caso.
Perché questo formaggio è considerato pericoloso tanto da essere stato vietato nel 1962 dal governo italiano? Quelle larve sono pericolose?
In realtà, esiste la possibilità che le larve sopravvivano ai succhi gastrici e rimangano nell'intestino, causando una condizione chiamata pseudomiasi. Tuttavia, nella letteratura scientifica i casi documentati sono pochissimi: solo 63 in totale, di cui soltanto 3 causati dalla Piophila casei. E nessuno di questi è legato al Casu Marzu.
Di fatto, gli acidi dello stomaco neutralizzano le larve, e i possibili casi di pseudomiasi intestinale sembrano più legati a problemi pregressi come acidità gastrica ridotta o malattie intestinali.
Le larve potrebbero trasportare microrganismi patogeni, con il rischio di infezioni. Non ci sono casi documentati, ma qui entra in gioco la questione legale: non è possibile garantire che la produzione di Casu Marzu sia priva di rischi o almeno a rischio ridotto. I produttori, infatti, non possono controllare le mosche, né sapere dove siano state prima di deporre le uova sul formaggio.
In più, ci sono altre problematiche normative: questo formaggio, per definizione, rientra tra gli alimenti infestati da parassiti e quindi non può essere commercializzato legalmente, ma non addentriamoci troppo in dettagli legali.
La risposta è semplice: non sono la stessa cosa. Gli insetti ammessi sono allevati in ambienti controllati, sottoposti a rigorosi test di sicurezza alimentare. Perché non fare lo stesso col Casu Marzu?
Buone notizie: ci stanno provando. Nel 2005, alcuni allevatori sardi hanno collaborato con l’Università di Sassari per trovare un modo di produrre il Casu Marzu in sicurezza. Hanno quindi avviato un progetto per allevare la Piophila casei in ambienti controllati, garantendo così un processo produttivo più sicuro.
Nel frattempo, la Regione Sardegna ha inserito il Casu Marzu nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani: questo riconoscimento certifica che la produzione è codificata da oltre 25 anni. Nonostante questi sforzi, però, il Casu Marzu rimane illegale.
E come spesso accade, le leggi non sempre vengono rispettate: alcuni sardi si sono organizzati per venderlo sul mercato nero, dove può arrivare a costare il doppio di un normale pecorino. Si stima che ogni anno vengano prodotte illegalmente 100 tonnellate di Casu Marzu, per un giro d’affari tra 2 e 3 milioni di euro.
Ma qui il problema è un altro: la mancanza di controlli aumenta i rischi, non tanto per il Casu Marzu in sé, ma per i metodi illegali con cui viene prodotto e conservato.
Formaggi simili si possono trovare in altre regioni d’Italia, cito il gorgonzola coi grilli in Liguria o il casu puntu in puglia.
Anche fuori dall’Italia troviamo prodotti simili, per esempio nella Corsica meridionale dove si produce un formaggio chiamato casgiu merzu.
Alla fine, il Casu Marzu non è davvero il formaggio più pericoloso al mondo. La sua cattiva fama dipende più dal fattore disgusto che da un reale rischio sanitario.