Un cappuccino con "crema" di bufala, anziché con la classica schiuma, sta spopolando fra gli appassionati di New York: a inventarlo una vera icona della cucina italiana nella Grande Mela.
Se non è il cappuccino più costoso al mondo poco manca: si chiama “Cappuccino d’oro” e a inventarlo è stato un italiano. Non un "italiano qualsiasi" ma Giuseppe Bruno, chef icona della cucina italiana a New York con i suoi storici ristoranti Sistina e Caravaggio, campano Doc e fautore della grande gastronomia di casa nostra negli States ormai da 40 anni. Non l'ultima trovata pubblicitaria, alla strega del cappuccino con oro vero di Salt Bae, ma un prodotto ragionato, quasi "filosofeggiante", studiato e ricercato.
Sono due le particolarità del cappuccino di Giuseppe Bruno, in carta attualmente al Sistina, ristorante sull’81ª strada: per prima cosa la materia prima, latte di bufala, mai usato per un prodotto così; per seconda la tecnica specifica con cui si fa la schiuma. Abbiamo detto schiuma? Ci correggiamo subito: la crema. Perché sta proprio qui l'unicità di questo prodotto: si tratta di un cappuccino con crema di bufala e non con la semplice e classica schiuma. "Il cappuccino non va fatto con la schiuma: il cappuccino va fatto con la crema – ha spiegato lo chef – La crema naturalmente non è montata, ma è un’estrazione della macchina. Il segreto? La temperatura giusta". Il segreto, dunque, è nell'estrazione: i dettagli li conosce solo lo chef. Che infatti lo prepara e lo porta personalmente al tavolo.
Ma non finisce qui: il cappuccino d'oro non ha solo la crema di latte di bufala dalla sua, ma anche altre ottime materie prime, come il caffè che lo chef si fa recapitare direttamente dalla Sicilia. Per preparare ogni cappuccino con questa vellutata crema serve un’intera porzione di latte. Cappuccino che viene servito in eleganti e scenografiche tazze Ginori, un servizio dei primi del ‘900. Naturalmente, un prodotto così, non può costare 8 dollari, prezzo medio di questi prodotti nella Grande Mela: si arriva al prezzo si 20 euro.
Dietro alla creazione di questa specialità, però, c’è una ricerca, fatta personalmente dallo chef, sulle caratteristiche chimiche e organolettiche dei prodotti usati per prepararlo: un’analisi sulle temperature a cui si sottopongono i prodotti, ma sulle reazioni dei prodotti ai diversi trattamenti. La ricetta e i passaggi precisi, lo chef non li ha condivisi nemmeno con i suoi più fidati collaboratori: sono segreti. Ma non si tratta solo di gusto: “Il latte di bufala – ha raccontato Bruno – è un prodotto particolare: ha più grassi rispetto a quello normale di mucca, è molto più ricco, tanto che con il trattamento giusto non ti crea una schiuma ma qualcosa che somiglia più a una crema. Allo stesso tempo, però, è più digeribile di molti ingredienti che si usano per preparare i cappuccino solitamente.
Le richieste – anche grazie alle recensioni entusiastiche del New York Times – sono già elevatissime e lo chef ha promesso in questi giorni di esaudirle tutte, con una sola richiesta: la presenza del cliente al ristorante. Perché, ha precisato "Per prodotti del genere non esiste il take away”.