Quali sono i più celebri surrogati del caffè? Magari qualcuno lo trovi ancora nella credenza della nonna. Andiamo alla ricerca di questa incredibile storia.
Molti lo usano ancora, sicuramente lo avrai intravisto nella credenza dei nonni in un iconico packaging giallo canarino simile a una celebre marca di cioccolato in polvere: il caffè d'orzo (chiamato anche "orzata"). Ebbene questo è un surrogato del caffè, uno di quei prodotti sviluppatisi durante le guerre per sostituire il caffè "classico" a causa dell'impossibilità i importare i prodotti. Sia durante i due conflitti mondiali, sia negli anni immediatamente successivi alle guerre, l'Italia ha passato dei momenti molto bui. Negli anni '40 tra povertà ed embarghi nascono o tornano in auge i surrogati di ogni cosa: la gomma sintetica, il benzene per il riscaldamento e tutta una serie di sostituti del caffè che i nostri antenati hanno imparato a conoscere nel 1800.
Questa storia è quasi sconosciuta ai millennials: solo grazie ai libri di Maurizio De Giovanni e alla successiva serie de "Il commissario Ricciardi" tante persone hanno scoperto "il caffè non caffè", ovvero il surrogato. Il più celebre durante la Seconda guerra mondiale è stato quello ricavato dai fagioli, perché più economico, ma è decisamente in buona compagnia.
I surrogati del caffè sono delle imitazioni belle e buone della bevanda più consumata in Italia. Generalmente senza caffeina, possono essere usati per ragioni mediche, economiche e religiose, o semplicemente perché il caffè non è facilmente reperibile. Il periodo di massimo "splendore" c'è stato con la Seconda guerra mondiale in Europa ma la prima testimonianza scritta dei succedanei la troviamo nel 1861. Per tutta la Guerra civile americana ci sono articoli che raccontano questi prodotti: "Per la proprietà stimolante a cui sia il tè che il caffè devono il loro valore principale, purtroppo non c'è alcun sostituto; il meglio che possiamo fare è diluire le poche scorte che ancora rimangono, e ingannare il palato, se non possiamo ingannare i nervi", questo è un estratto scritto nel 1865 dall'Athens Banner-Herald, quotidiano tutt'oggi esistente. Di articoli come questo durante il sanguinoso conflitto tra Nord e Sud ce ne sono a decine, il che è sorprendente perché il tema del cibo non è mai stato così caldeggiato dai nostri avi, soprattutto in quella zona del mondo.
In Europa arriva nello stesso periodo perché pure da noi soffiano venti di guerra: a fine Settecento vengono prodotti i primi surrogati e nei decenni successivi i caffè di cicoria e di malto diventano dei veri e propri concorrenti del caffè "originale" in Prussia e nell'Impero austro-ungarico. Sono i prodotti per la gente più povera e per la popolazione rurale, quella che ha il sentore di ciò che accade nella grande città (e Vienna è da sempre una metropoli "caffettiera") ma che non può permettersi il vero caffè per tutta una serie di fattori. Gli articoli del tempo che parlano di questi prodotti sono tanti anche nell'Europa Centrale e questo ci fa capire una cosa: le persone comuni costrette ad accontentarsi dei surrogati sono tantissime e i giornali cercano di dare indicazioni esaustive, vere e proprie guide all'acquisto come i magazine gastronomici online dei giorni nostri. In un articolo del 1934 riportato dall'associazione Sud food si legge addirittura un elenco: "Nonostante per la produzione di miscele succedanee del caffè sia possibile utilizzare un’infinità di materie prime, i 5 ingredienti base sono: caffè d’orzo, caffè di segale, caffè di malto, caffè di cicoria e caffè di fichi. Queste sostanze, utilizzate singolarmente, non sarebbero in grado di soddisfare il palato esigente dei consumatori".
Nel 1949 Paul Ciupka, uno dei più importanti ricercatori in materia, scopre delle scritture che risalgono addirittura al 1705 e nel suo libro "Kaffè" spiega che questa usanza è antichissima in Europa "e risale al colonialismo: gli Stati che non erano in grado di importare caffè dalle proprie colonie avevano tutto l'interesse a limitare quel consumo. Il caffè comincia a essere sostituito o allungato con prodotti più economici e locali". Proprio per questo motivo, secondo l'autore tedesco, ci sono così tanti surrogati nel nostro continente: "Inizialmente i contadini facevano degli esperimenti su piante che potevano essere succedanee del caffè ricavando una polvere quasi identica da piselli, fagioli, segale, grano. Il gusto e il valore nutritivo non sono però neanche lontanamente paragonabili alla polvere ottenuta dai chicchi di caffè tostati anche se queste miscele sono prodotti salutari, da non disprezzare".
In tutta questa frenesia non manca l'Italia, non potrebbe essere altrimenti: nazione povera che già anni prima delle guerre mondiali subisce un embargo che costringe i cittadini a ingegnarsi. Spopolano il carcadè come surrogato del tè, l'orzo che ancora oggi ha un buon mercato e la cicoria. Fino agli anni '60 nelle zone più povere del Paese questi surrogati hanno avuto un mercato superiore al caffè originale.
Il surrogato del caffè più famoso che conosciamo è l'orzo torrefatto. Ancora oggi ha una bella fetta di mercato ed è apprezzato da tantissime persone. Nel corso dei secoli si sono diffusi tanti succedanei diversi e ancora oggi è possibile trovarli anche se sembra impensabile per i consumatori sostituire il caffè, noi che viviamo nella nazione dell'espresso. Vediamo i surrogati più famosi in circolazione.
Partiamo dal più famoso e venduto: il caffè d'orzo, chiamato anche impropriamente orzata, è il più importante succedaneo del caffè che abbiamo in Italia. Questa tipologia è anche una delle più antiche perché il cereale è coltivato un po' ovunque in Europa e i Paesi possono reggere la domanda con la sola coltivazione interna, risparmiando sull'importazione. I primi caffè d'orzo venduti come "sostituti" sono arrivati in Italia nel 1890.
Il più amaro dei surrogati del caffè, viene lavorato in maniera molto simile al caffè d'orzo, con una maltatura che porta all'imbrunimento del cereale e che gli dona questa nota ancor più amaricante di quanto non sia già in natura. Oggi è diffuso per lo più in Canada e negli Stati Uniti.
Ha un sapore più delicato e dolce rispetto agli altri surrogati, può essere bevuto senza problemi anche evitando il cucchiaino di zucchero che di solito mettiamo nelle tazzine. Anche questo prodotto è un derivato dell'orzo che viene messo in ammollo e fatto germogliare. Il processo viene poi bloccato con l'essiccazione e con una tostatura che crea la caramellizzazione dello zucchero. Questo surrogato è amatissimo in Lussemburgo, Svizzera, Germania e Austria: i dati di vendita sono di poco inferiori a quelli del caffè tradizionale. Visto il sapore delicato e dolciastro è usato in tutti i Paesi anglosassoni come sostituto del caffè in milkshake, smoothie e frappé che con il succedaneo del malto possono essere serviti con meno zucchero e, quindi, risultare più salutari.
Questo surrogato si ricava dalle radici della cicoria e durante la Seconda guerra mondiale è stato usatissimo da tutti gli italiani nonostante alcuni problemi politici: i principali produttori sono i tedeschi e come puoi immaginare l'approvvigionamento è stato piuttosto difficoltoso da un certo punto della guerra in poi. La lavorazione della cicoria non è difficile e fortunatamente tanti Paesi si sono attrezzati: oggi lo si trova facilmente in Germania e Austria così come in Olanda, Inghilterra e Francia.
Oggi in disuso, il caffè di fichi in passato è stato uno dei surrogati più apprezzati in virtù di quella dolcezza tipica del frutto. Il prodotto viene ricavato dai fichi secchi e non può essere bevuto puro ma solo come aggiunta al caffè tradizionale perché può portare imbarazzanti problemini allo stomaco. In pratica questo succedaneo è usato per allungare il prodotto classico e conferire al caffè un sapore dolce e intenso. Oggi è veramente difficile trovarlo in commercio.
Se fino ad ora abbiamo parlato di surrogati che sono stati, adesso parliamo di un surrogato che verrà. Nel 2021 alcune aziende di biotecnologie hanno sviluppato un prodotto a base di bioreattori assimilabile al caffè. In pratica sarebbe un "caffè coltivato in laboratorio" ed avrebbe composizione, effetti e gusto uguale o molto simile al caffè classico ma crescerebbe con quantità di acqua molto inferiori, genererebbe meno emissioni di carbonio e bloccherebbe la deforestazione. Stiamo usando il condizionale perché i progetti sono ancora in attesa dell'approvazione per la commercializzazione quindi, in teoria, è un prodotto solo futuribile, non ancora sul mercato. Se tutto andrà come previsto dai laboratori questo sarà il caffè (o almeno il surrogato) del futuro.