Alternativa spesso preferita da chi è particolarmente sensibile alla caffeina, il decaffeinato è davvero la scelta migliore rispetto al classico espresso? Lo abbiamo chiesto alla nostra nutrizionista di fiducia, la dottoressa Arianna Rossoni.
Il caffè è molto più di una semplice bevanda: vero e proprio gesto rituale, da condividere con amici o colleghi, scandisce le nostre pause quotidiane, fornendoci un boost di energia e concentrazione mentale. Quello che nutrono gli italiani per il caffè, poi, è un amore più che consolidato: lo dimostra uno studio di AstraRicerche per il Consorzio Promozione Caffè, secondo il quale sette italiani su dieci lo consumano abitualmente.
Chi ha necessità di ridurne il consumo, però, soprattutto dopo un determinato orario, può capitare che si orienti verso la versione deca. Ma è davvero la scelta migliore e adatta a tutti? Lo abbiamo chiesto alla dietista e docente Arianna Rossoni, esperta di fiducia di Cookist, e con lei facciamo un po' di chiarezza in merito alla questione.
La caffeina è un alcaloide, un grande gruppo di sostanze naturali in grado di influire sulla chimica celebrale: assorbita velocemente dal nostro organismo, attiva il sistema nervoso e favorisce l'innalzamento della dopamina e dell'adrenalina, con conseguente innalzamento dei battiti cardiaci e un maggiore afflusso di sangue ai muscoli.
Il caffè decaffeinato si ottiene sottoponendo i chicchi a processi che ne riducono significativamente la quantità di caffeina: questi vengono trattati con soluzioni chimiche che ne lasciano almeno 10 milligrammi per ciascuna tazzina, un quantitativo davvero esiguo rispetto a un normale espresso, ma che in ogni caso potrebbe dare fastidio a persone sensibili.
Ricordiamo che in una tazzina di espresso – 60 ml in media – troviamo circa 80 milligrammi di caffeina, mentre in una tazza di caffè americano – da 200 ml – circa 90 milligrammi; ovviamente le quantità sono approssimative: a fare la differenza è il modo in cui viene preparato il caffè e la tipologia di materia prima impiegata.
Qual è la soglia considerata "sicura"? L'Autorità europea per la sicurezza alimentare (l'EFSA) indica come non preoccupante, "in termini di sicurezza per la popolazione adulta e sana", un consumo di singole dosi di caffeina fino a 200-300 milligrammi (contenuta in circa 3 tazzine di caffè).
Stabilire una soglia generale e valida per tutti, tuttavia, è piuttosto complesso: questo perché gli effetti di questa sostanza nervina possono variare notevolmente da individuo a individuo.
Il caffè decaffeinato ha sicuramente un effetto meno stimolante sul sistema nervoso e la sua assunzione, in sostituzione del classico espresso, può contribuire a limitarne gli effetti collaterali, come nervosismo, irritabilità, palpitazioni e così via. Soprattutto se consumato nelle ore pomeridiane, ha un impatto inferiore sulla qualità e durata del sonno notturno.
"Se devi ridurre il quantitativo di caffeina perché ti rema contro a livello di eccitabilità nervosa, ipertensione e problemi circolatori, il decaffeinato è senz'altro da preferire al caffè normale", afferma la nostra esperta di fiducia.
Gli aspetti negativi sono, invece, il metodo di estrazione e la marcata acidità. Per quanto riguarda il primo aspetto, viene usato il diclorometano, un solvente ritenuto pericoloso per la salute dell'uomo. Secondo l'OMS, l'Organizzazione Mondiale della Sanità, il diclorometano evaporerebbe durante la decaffeinazione, ma alcuni studi avrebbero dimostrato che ne rimangono tracce nel prodotto finale.
Un secondo metodo, più costoso e pertanto meno utilizzato, sfrutterebbe l'anidride carbonica, evitando l'uso di sostanze tossiche.
Rispetto a un espresso, una tazzina di deca è molto più acida: questo perché vengono usati i chicchi della varietà Robusta, più facile da decaffeinare, ma anche più ricca di acidi volatili. "Quando si consiglia di ridurre il caffè per una questione di acidità gastrica o di reflusso non è la soluzione ottimale", prosegue Rossoni.
A livello salutistico non è quindi la scelta migliore, soprattutto se si soffre di acidità di stomaco o di ulcera.
Esistono delle alternative al caffè espresso che siano in grado, al pari di questo, di fornirci la giusta energia e concentrazione mentale? Assolutamente sì. Tra queste possiamo trovare il caffè d'orzo: dalle origini antiche, è ottenuto tramite l’infusione di orzo tostato e macinato; privo di caffeina, vanta proprietà digestive, antinfiammatorie e antisettiche, ma, dal momento che è un cereale, non può essere consumato da chi soffre di celiachia o è intollerante al glutine.
Il caffè di cicoria si ricava dalla radice della cicoria: questa viene raccolta nella stagione autunnale, essiccata, tostata e infine polverizzata. Con la polvere così ottenuta è possibile preparare un infuso da filtrare, ma nei negozi specializzati si può acquistare sotto forma di foglie o già pronta in versione solubile. Dal caratteristico retrogusto lievemente amarognolo, è ricca di polifenoli, inulina, vitamine e sali minerali.
Se ami il gusto del caffè, ma non riesci a tollerare gli effetti collaterali associati alla caffeina, prova lo yannoh, un mix di cereali tostati il cui sapore ricorda molto l'amato espresso. Dalle proprietà energizzanti e tonificanti, aiuta la digestione e combatte acidità e gonfiore addominale.
In alternativa al caffè è possibile preparare anche una bevanda a base di cacao amaro in polvere, possibilmente crudo e quindi fermentato ed essiccato a basse temperature. Ricco di magnesio e antiossidanti, migliora l'umore e, grazie alla presenza della teobromina, ha una azione stimolante ed eccitante sul sistema nervoso.
Potente antinfiammatorio naturale è anche il tè matcha, una varietà pregiatissima di tè verde, coltivata esclusivamente in Giappone; vanta proprietà digestive e disintossicanti, ed è straordinariamente ricco di vitamine, sali minerali e polifenoli. Seppur in quantità modeste, contiene caffeina e va quindi evitato in caso di sensibilità a questa sostanza.