Francesco Tonelli di Casamerlò, Piero Pompili di Al Cambio e Massimiliano Poggi di Vicolo Colombina sono tre leggende a Bologna e ci fanno immergere nel mondo dei tortellini: tra ripieni, sfoglie e brodi perfetti.
Gli anni passano, le mode cambiano, e il mondo si trasforma ma c’è una tradizione che resiste al tempo, immutabile come una roccia: al pranzo di Natale si mangiano i tortellini. Nelle case degli italiani il 25 dicembre senza una scodella fumante di tortellini freschi in brodo è semplicemente inconcepibile. Era la nonna a prepararli un tempo, con una dedizione che rasentava il sacro, o la zia, la mamma. Il papà no, un po' l'inverso di un famoso e splendido discorso di Giorgio Gaber. Le donne italiane li disponevano con cura maniacale sul tavolo del salotto, coperti da un panno per proteggerli come fossero gioielli di famiglia. Ognuno aveva un compito preciso (anche i maschietti) ma comandavano comunque le donne. E oggi invece? Com'è la tradizione dei tortellini di Natale? Lo abbiamo chiesto a tre dei maggiori esponenti della tradizione bolognese: Piero Pompili, maître del Ristorante Al Cambio, Francesco Tonelli, maître di Casamerlò e Massimiliano Poggi, chef di Vicolo Colombina, tre ristoranti fantastici che consigliamo vivamente di visitare.
La premessa ce la serve su un piatto d'argento Piero Pompili, degno di un cameriere in doppio petto così come lo si definisce perché "i tortellini di natale sono una tradizione comune in tutta Italia". Non a caso Pompili, pur essendo bolognese d'adozione, è in realtà nativo di San Benedetto del Tronto, nelle Marche. Il suo approdo in città è datato ottobre 1995 e, ci racconta, "la prima volta al ristorante ordinai spuma di mortadella e tortellini in brodo. Sono una persona curiosa, di ampie vedute, e il tortellino è il piatto simbolo di Bologna. L'approccio in quasi 30 anni non è cambiato. Per me il tortellino rimane il piatto dei giorni di festa, insieme alla lasagna è quello che più mi dà l'idea della condivisione". Pompili adora "l'idea della zuppiera che in automatico crea la magia del servizio nel momento in cui porgi il brodo nei piatti. Mi piace l'idea del fumo e del profumo che esce dai piatti e che si scatena all'interno della sala da pranzo in cui mangiano diversi familiari. Ognuno dice la sua e si scatenano le discussioni sul ripieno dei tortellini".
A Bologna questo piatto si mangia tutto l'anno perché "per un bolognese il tortellino è tutto — dice Francesco Tonelli — ma io sono un bolognese atipico e lo mangio solo a Natale". In realtà per il titolare di Casamerlò tortellini e tagliatelle sono quasi un'ostruzione per la cucina locale "perché siamo pieni di ristoranti tradizionali, abbiamo meno scelta sulle altre tipologie di cucina. I bolognesi quando escono a cena vogliono i tortellini e sono haters dei tortellini più moderni. Il tortellino deve essere quello perché fa parte della cucina della nonna e della mamma: non si tocca".
Che si mangino tutto l'anno lo conferma anche Pompili ma aggiunge anche che molte famiglie cominciano la produzione per i tortellini a fine ottobre-novembre proprio per le feste, "si riuniscono nelle case le persone che poi si ritrovano per il pranzo di Natale. Un elemento di aggregazione sociale estremamente bello delle famiglie bolognesi. Non essendo della città, per capire l'importanza e la grandezza di questa cucina non ho potuto che immergermi in questa cultura: mi si è aperto un mondo e forse ho imparato ad apprezzare queste piccole cose ancor di più di chi la vive come una cosa normale. Io me ne sono innamorato e lo faccio molto mio all'ennesima potenza proprio perché sono esaltato dall'amore. Per me il valore aggiunto del tortellino è questo elemento di aggregazione unico".
Ma come deve essere questo tortellino perfetto? Per Massimiliano Poggi, chef di Vicolo Colombina, tutto parte dalla sfoglia che oggi ha tante sfumature diverse che si prestano a tante cotture ma che per il tortellino classico da fare in brodo deve essere tradizionale "con 10 uova e 1 kg di farina, senza semola che viene aggiunta nelle sfoglie moderne per dare consistenza. Una sfoglia buona, profumata e discreta, senza scendere troppo nel tecnico, va più che bene per i tortellini in brodo perché il vero re del tortellino è il ripieno, la sfoglia deve accompagnare".
E quindi questo ripieno come deve essere? Per Pompili "c'è l'annosa questione del ripieno cotto o crudo" ma per Poggi questa questione è molto più ristretta: "Nel ripieno metto in proporzioni diverse prosciutto, parmigiano di almeno 24 mesi, preso in collina perché più saporito, mortadella tradizionale cotta in vescica e lombo di maiale cotto". L'annosa questione è "più filosofica che tecnica" secondo lo chef di Vicolo Colombina e lui lo mette cotto per una tradizione familiare: "La mia famiglia viene dalle campagne e lì c'era il problema della tenia nella carne di maiale. Mio nonno quindi cuoceva tutto così evitava ogni rischio. Da un punto di vista tecnico cambia poco, è molto difficile capire la differenza al palato. Perfino io ho difficoltà e ho dedicato tutta la mia vita ai tortellini. Di base possiamo dire che se metti il lombo cotto, quello che metti ti ritrovi perché con la cottura ha già perso l'acqua in eccesso; col maiale crudo invece hai un'amalgama migliore nell'impasto ma tende ad essere un po' più acquoso e a ritrarsi un pochino in cottura ma ripeto, è molto difficile capire la differenza".
Per Poggi comunque il ripieno va concluso sempre "con sale, pepe e noce moscata, per amalgamarlo metto un uovo" ma il vero trucchetto è un altro: "Il ripieno deve riposare almeno un giorno in frigo. È fondamentale. Gli va lasciata una giornata per amalgamarsi meglio, per far trasmettere tutti i sapori tra un ingrediente e l'altro, per essere più rotondo". L'ultimo consiglio che ci dà Poggi sta nella quantità, perché un tortellino perfetto deve essere equilibrato ma qui lo chef va sul sicuro dicendo che deve essere più o meno 50-50 la proporzione di peso tra la sfoglia e il ripieno "per essere sicuri che i tortellini siano perfettamente equilibrati".
A questo punto manca solo un elemento: il brodo. Per un buon tortellino in brodo, è più importante il tortellino o il brodo? Poggi ci risponde con un esempio calzante: "Prendiamo il ragù alla bolognese che possiamo fare con le tagliatelle, con gli spaghetti, con tanti formati perché la pasta è un accompagnamento. Il ragù possiamo mangiarlo anche con il pane, è una preparazione a sé. Un buon ragù è un piatto di ragù e lo puoi mangiare con tutto. Un buon brodo no, ha bisogno della pasta e la stessa cosa vale per il tortellino. Sono entrambi principi, non c'è uno più importante dell'altro. Dando per assodata una qualità minima diciamo che se ho due prodotti buonissimi, vanno bene insieme. Se ho un buon brodo e un tortellino tristo (non buono, in bolognese, ndr) meglio che quel tortellino lo fai con una crema di parmigiano così da coprire i difetti e nel brodo ci metti i passatelli. Il brodo è fondamentale ma è pari grado del tortellino". Anche Francesco Tonelli è d'accordo sull'equilibrio "perché sono fondamentali entrambi ma io dico che il tortellino va comunque al 51%. Serve comunque un brodo buonissimo, un brodo come Dio comanda, non slavato, non troppo grasso. È una preparazione difficile da fare". Per ottenere questo brodo così complesso Poggi dice senza mezzi termini che il brodo bolognese prevede il cappone "che però si vende solo a Natale in teoria, è un animale invernale. Se non hai il cappone, ci va assolutamente la gallina. Poi puoi aggiungere manzo, ossa, può andare tutto insieme ma la prevalenza la deve avere comunque il gusto del volatile, deve emergere quel sapore lì e ce ne accorgiamo da un dettaglio estetico: le stelline di grasso, ovvero quegli elementi che affiorano in superficie e che a Bologna chiamiamo stelline. Sono delle palline di grasso e devono essere gialle, come la pelle del volatile utilizzata. Nei brodi di carne di manzo tendono ad essere trasparenti invece". Pompili ci offre un ulteriore spunto invece: "I tortellini andrebbero cotti in un brodo che poi dovremmo scartare e buttare via, per servirli in un altro brodo, il cosiddetto brodo buono, che non è unto e non ha l'amido della pasta a mutare il sapore. Ovviamente questo nel 99% delle famiglie non si fa e ti ritrovi con un brodo sporco d'amido ma è bello lo stesso perché, soprattutto a Natale, le discussioni si animano anche così".
Sul servizio sono tutti concordi: una zuppiera grande a centrotavola. Tonelli suggerisce di portarli in delle ciotole enormi, già in brodo ma appena calati in acqua così da avere i primi tortellini più al dente e gli ultimi ben cotti ma sempre caldi, per tutta la durata del pranzo. Anche Pompili preferisce vederli così, "in quelle belle zuppiere di porcellana dei vecchi corredi. Sono il piatto per antonomasia ed è sempre bello vederli serviti in questo modo. Suggerisco comunque di cuocerli in un brodo, scolarli, metterli nella zuppiera e aggiungere altro brodo".
Pompili aggiunge anche che quella dei tortellini in brodo "è una delle più grandi storie d'amore che può raccontare una mamma bolognese ai figli o agli ospiti. A parte l'artigianalità, con la chiusura del tortellino col mignolo, è una storia d'amore condivisione, famiglia. È la storia del calore che può trasmetterti Bologna. Niente scalda di più, in una giornata uggiosa invernale, di un piatto di tortellini in brodo". Il servizio dei tortellini è davvero qualcosa di affascinante perché è un piatto che scalda la sala, che sia del ristorante o quella di casa poco importa. Prende il posto del focolare domestico nelle nostre case moderne in cui il camino è sempre più raro e l'elettricità ha preso il posto del fuoco vivo.