Lombata, girello, fesa, scamone, ma anche cappello del prete, punta di petto e spinacino: conoscere le parti anatomiche del bovino è importante per usarle nelle preparazioni che le valorizzano di più, portando in tavola carni tenere e gustose.
Devi preparare un arrosto o una bistecca? Portare in tavola un filetto o uno spezzatino? Conoscere i tagli e le caratteristiche del manzo, una delle carni più diffuse e popolari al banco del macellaio diventa utile proprio nel momento in cui ne hai bisogno per imbastire una ricetta. In realtà, si tratta di un universo complesso, dov’è soprattutto la terminologia a confondere, visto che spesso con nomi diversi si indica una stessa parte o, al contrario, con parole uguali porzioni diverse. Di seguito proviamo a semplificare, con una guida pratica a riconoscere i tagli del manzo e come valorizzarli in cucina.
Quando parliamo di manzo stiamo facendo riferimento a un bovino adulto che rientra nella classificazione delle carni rosse, ricche di proteine e di ferro: a seconda dell’età, del sesso, della razza e dell’esercizio che compiono i muscoli delle varie parti anatomiche, la carne assume proprietà organolettiche e valori nutrizionali differenti, con distribuzioni diversificate tra componenti magre, grasso e tessuto connettivo. Un vitello (un bovino giovane), per esempio, avrà carni di un colore meno acceso e più delicate di sapore rispetto a un bue, un maschio castrato di oltre 4 anni. Da un punto di vista commerciale la classificazione del bovino varia da paese a paese (basti pensare al wagyu giapponese), con l’Italia che individua circa 20 tagli in base alla loro qualità suddividendoli in prima categoria, seconda categoria e terza categoria. Vediamo quali sono i principali.
Iniziamo la scoperta dei tagli del manzo con i più pregiati, definiti di prima categoria. Nell’elenco troverai nomi molto noti, come il filetto e la costata: sono accomunati per provenire dal quarto posteriore dell’animale, per essere teneri, succosi e costosi.
Iniziamo dalla parte più rinomata del bovino, che corrisponde a quasi tutta l’area dorsale dell’animale, la schiena. Il taglio nella sua interezza comprende le costate (ovvero le costole) nella zona anteriore e la fiorentina nel posteriore (con il filetto), così come la T-Bone, celebre bistecca anglosassone: entrambe si caratterizzano per la tipica forma triangolare. La lombata può essere commercializzata provvista di osso o meno: quando è disossata, si ottengono anche cube roll, ribeye ed entrecôte (controfiletto). Siamo di fronte a una carne tendenzialmente tenera nel suo insieme, con un buon equilibrio tra magrezza e grassezza, cosa che la rende ideale per cotture brevi, come quelle alla griglia, alla piastra, roast beef o sulla brace, insomma, la regina del barbecue.
Si tratta di una delle bistecche più classiche: arriva dalla parte anteriore della lombata, più precisamente dalla sesta alla dodicesima costola lombare. La carne è morbida, magra e marezzata (la quantità delle infiltrazioni dipende da diversi fattori, dalla razza del bovino all’età): il grasso esterno viene solo in parte rifilato, ovvero asportato, in quanto utile a mantenere la tenerezza durante la cottura (sempre rapida) e a dare maggiore sapore. In genere si trova senza la parte finale dell’osso, che è priva di carne, ma nel caso del tomahawk eccolo in tutta la sua scenografica lunghezza.
Probabilmente il taglio più famoso e prezioso del manzo: si posiziona nella lombata e può stazionare nella fiorentina o essere venduto separatamente. Ha una texture fine, con poche venature di grasso che lo rendono particolarmente delicato, anche perché va sempre ripulito dallo strato connettivo che lo avvolge. Tecnicamente, si compone in sezioni come testa, cuore e coda: può essere cucinato in forno, per un sostanzioso filetto alla Wellington, oppure diviso nei noti medaglioni, con cui preparare raffinati tournedos. Si ottengono dalla parte centrale del taglio, tenera e senza nervature. Per non farlo asciugare, è spesso bagnato con vino, brodo, liquori (tipo il brandy) o cotto con burro e salse, come nell’iconico filetto al pepe verde.
Un particolare e famoso "sotto" taglio – si fa per dire, perchè pregiatissimo – è quello del filet mignon, termine francese che significa "filetto delicato" o "filetto carino": proviene dalla parte terminale del filetto, una posizione che conferisce alla carne una particolare tenerezza, poiché i muscoli in questa zona sono meno sollecitati.
Pezzo di congiunzione tra la lombata e la coscia (corrispondente al gluteo), lo scamone è un taglio nobile che vede un ottimo rapporto qualità prezzo. Si compone di cinque muscoli che risultano teneri e succosi: ha il vantaggio di essere particolarmente versatile, da impiegare per roast beef, cotture alla griglia, ma anche brasati e stracotti, in sostituzione di tagli più costosi. Puoi anche sceglierlo per “impreziosire” un macinato di carne o per realizzare una tartare. In più, è il taglio d’elezione del carpaccio di manzo. Scamone è il nome più comune, e visto che si usa in preparazioni molto popolari acquista appellativi diversi a seconda delle regioni: da "colarda", diffuso tra la Campania e la Puglia, a “fetta” a Bologna, passando per “pezza” a Roma e "bicchiere" in Toscana, fino a "sottocodata" a Palermo.
Vicino allo scamone, ecco che troviamo la noce, un taglio molto magro anch’esso derivante dalla coscia. Viene considerato uno dei più pregiati, subito dopo lombata e filetto, per la sua tenerezza e la buona tenuta in cottura: via libera a fettine, magari per portare in tavola degli ottimi saltimbocca alla romana o degli involtini, alle scaloppine, così come ad arrosti e roast beef, visto che la carne si mantiene soda.
La fesa è uno dei tagli più grandi dell’area posteriore dell’animale, localizzato nella parte interna della coscia. È popolare per essere molto magra e praticamente priva di grasso, impiegata spesso in ricette sotto il segno del benessere, proprio come lo è la fesa di tacchino. Si fa arrosto, si riduce in fettine da cuocere velocemente sulla piastra, avendo cura di non farle seccare o alla pizzaiola.
Dal nome si capisce la posizione della sottofesa, forse un po’ meno la sua qualità. Si tratta di un grosso taglio, infatti, che non ha nulla da invidiare alla fesa, magro e morbido. Ha una polpa compatta con venature di grasso assenti, ma che è ricoperta da uno strato lipidico che aiuta a mantenere consistenza e sapore, rendendo questa parte ottima per spezzatini (tagliata a cubotti) o macinata per polpette, svizzere e ragù. In veste di salume, diventa bresaola. La sua parte più celebre è, però, quella finale triangolare, detta punta di sottofesa, codone o copertina di scamone, perfetta per la griglia: in Brasile altro non è che la picanha, dal peso massimo di 1-1,5 kg tra i protagonisti del churrasco, la tradizionale grigliata mista.
Vitello tonnato ti dice qualcosa? Il famoso piatto piemontese vede come base questo taglio di prima scelta del bovino, conosciuto come girello, magatello o lacerto. Rappresenta la parte più esterna della coscia, ha una forma cilindrica regolare e si rivela tenero. La carne è particolarmente magra, digeribile, non ha nervature: il sapore è dolce e delicato. Il modo migliore per portarlo in tavola? Agli antipodi: o crudo in tartare e carpacci, magari sottoposto a brevi marinature, o cotto lungamente, tipo arrosto, meglio se bardato con lardo o pancetta per evitare che si secchi e dare una nota di gusto in più, e in umido.
Sono quelle parti del bovino alla portata di tutti: si rivelano tagli versatili, più economici, localizzati tra collo, spalla e costole, dove abbiamo maggiore presenza di grasso e tessuto connettivo rispetto ai precedenti.
Arrosti, brasati, spezzatini, stufati: il cappello del prete è un taglio che unisce le migliori caratteristiche per essere impiegato nelle lunghe cotture, a fuoco dolce, comprese quelle a bassa temperatura. Il motivo? Ha una polpa magra, attraversata da una leggera venatura di tessuto connettivo che con il calore si scioglie, dando sapore e morbidezza alla carne. Proviene dalla spalla del bovino, e infatti è chiamato anche copertina di spalla, ha una forma piuttosto piatta e trapezoidale: probabilmente è proprio per questo dettaglio estetico a ricordare il copricapo che una volta indossavano i sacerdoti.
Il fesone di spalla è un taglio triangolare che arriva sempre dalla spalla dell’animale: considerato un taglio magro, di medio pregio, si adatta facilmente a diverse cotture, anche se quelle che lo valorizzano maggiormente sono prolungate, come bolliti, stracotti, brasati, stufati e umidi in genere. Viene anche utilizzato per realizzare cotolette, braciole imbottite e carpacci, in questo caso facendo sezionare dal macellaio la sua parte più tenera.
Il girello di spalla non va confuso con il più pregiato girello che fa parte della coscia. Si distingue per avere una leggera infiltrazione di tessuto connettivo e per il suo aspetto affusolato simile a un cono che si restringe all'estremità inferiore, tanto da essere definito fusello. In cucina si usa soprattutto in cotture lunghe, è economico e saporito: per esempio, lo puoi sostituire al magatello per fare il vitello tonnato.
Ci troviamo sempre nel quarto anteriore del bovino, dove fa la sua comparsa il reale, un taglio di seconda categoria gustoso e versatile, molto apprezzato. Si ricava dalla parte superiore delle prime vertebre dorsali, tra il collo e la costata, ed è composto da una serie di fasce muscolari attraversate da tessuto connettivo e grasso, che regalano una buona morbidezza. Come usarlo? Un modo su tutti è impiegarlo nel bollito, mentre la sezione chiamata biancostato di reale (che non è quella della pancia, appartenente ai tagli di terza categoria) si presta a trita per ragù e polpette.
La punta di petto, insieme al fiocco, costituisce quello che generalmente è il petto del bovino. Si tratta di due tagli che in Italia compaiono spesso per fare brodi e bolliti. Negli Stati Uniti, la punta di petto è, invece, nota come brisket: la carne nella popolare ricetta per il barbecue viene cotta lungamente, per ore, a bassa temperatura, massaggiata prima con un rub di spezie ed erbe aromatiche, così da essere tenerissima e super saporita.
Concludiamo con un taglio del manzo che, rispetto ai precedenti, proviene dal quarto posteriore, precisamente da un porzione della coscia tra la noce e lo scamone. Stiamo parlando dello spinacino, detto anche tasca, punta o fianchetto: è di piccole dimensioni, ha una forma triangolare e una delle tecniche più tradizionali per esaltare le sue carni magre e abbastanza tenere è quella di farcirlo. Lo spinacino ripieno diventa un arrosto della domenica, da realizzare anche come rotolo. Inoltre si cuoce in umido, brasato o stufato, per mantenere la polpa succosa. In Usa è il trip tip da affumicare al BBQ.
Breve postilla finale per completare la panoramica sui tagli principali del manzo, lasciando da parte le frattaglie, ovvero il quinto quarto, ciò che veniva considerato uno scarto della macellazione. Vietato dimenticare quelli inclusi nella terza categoria, destinati a essere i meno pregiati, ma ugualmente alleati nelle tue ricette se scelti per le giuste preparazioni. Citiamo per esempio il biancostato che deriva dalla pancia, che prende anche il nome di scaramella tra gli ingredienti must have del gran bollito misto alla piemontese, e il geretto (anteriore e posteriore), che potremmo identificare con lo stinco del bovino, con cui si realizza il tipico ossobuco alla milanese.