Una guida completa per imparare a riconoscere e decifrare i principali simboli della raccolta differenziata: per compiere scelte e acquisti responsabili e consapevoli, gestire correttamente i rifiuti, sprecare il meno possibile e risparmiare le preziose risorse naturali a nostra disposizione. Ecco tutto quello che serve sapere per differenziare correttamente.
Vi è mai capitato di avere un dubbio amletico su dove gettare un determinato prodotto o rifiuto alimentare? Se la risposta è sì, questo è l’articolo che fa proprio al caso vostro. I simboli del riciclo – opportunamente inseriti sulle etichette delle confezioni – forniscono delle informazioni essenziali: capire come decifrarli e leggerli nel modo più giusto è un diritto ma soprattutto un dovere civico.
Nonostante ogni Comune abbia le sue regole specifiche, esistono, tuttavia, dei loghi univoci, validi sempre e comunque. Imparare a decodificarli è fondamentale per effettuare una raccolta dei rifiuti corretta, sprecare meno, tutelare il prezioso e fragile equilibrio dell’ambiente in cui viviamo e fare anche una spesa più consapevole. Vediamo insieme i principali simboli.
È il simbolo internazionale della riciclabilità. È costituito da tre frecce verdi che, “rincorrendosi” in forma circolare, danno vita a un triangolo. Nell’idea originaria ognuna di queste rappresentava una diversa fase del ciclo: separazione e raccolta in base al materiale, riutilizzo del prodotto riciclabile da parte di aziende specializzate e, infine, commercializzazione e uso del materiale riciclato.
Inizialmente veniva utilizzato solo per la carta, mentre in seguito – con alcune modifiche nel formato o con l’inserimento al centro di codici, sigle e abbreviazioni – è stato esteso ad altri materiali. Tale segno simboleggia, dunque, che il prodotto in questione è riciclabile.
Qualora l’imballaggio sia fatto di materiale riciclato (in tutto o in parte), solitamente il simbolo delle tre frecce è inserito in un cerchio e nella parte bassa oppure al centro vi è l’indicazione della percentuale del materiale riciclato.
Se il simbolo del triangolo con le tre frecce contiene al suo interno un numero e sotto una sigla, abbiamo la certezza della sua riciclabilità. Ogni materiale ha il suo simbolo: nel caso della plastica, si va dal PET/PETE (indicato anche con il numero 1) – ovvero il polietilene tereftalato, una plastica riciclabile utilizzata, ad esempio, per le bottiglie di acqua minerale o i flaconi di shampoo – al PS (segnalato anche con il numero 6), il polistirolo impiegato come isolante per gli imballaggi; con la sigla Other o con il numero 7, invece, vengono indicati tutti quei polimeri plastici generici che non possono essere riciclati.
La carta, identificata con il marchio PAP, è uno dei materiali con maggiori possibilità di riciclo: se all’interno del triangolo vi sono i numeri 20, 21 o 22 – ovvero i simboli del cartone ondulato, non ondulato e della carta semplice, utilizzata ad esempio per giornali e sacchetti per alimenti – allora il prodotto può essere correttamente gettato nel contenitore per la raccolta differenziata. I numeri che vanno dal 23 al 40 indicano, invece, quelli non idonei, quindi non riciclabili.
ACC è il simbolo dell’acciaio o banda stagnata, utilizzato ad esempio per le lattine dei pelati, e viene identificato con il marchio FE e il numero 40; AL/ALU 41 è quello dell’alluminio.
Si tratta di un simbolo composto da due frecce che, intrecciate tra di loro, formano un cerchio. Creato in Germania nel 1991, è un marchio generico che in Italia non ha nessun valore legislativo: individua chi si occupa della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti ma non dà alcuna informazione in merito alla riciclabilità del prodotto o alla presenza di materiale riciclabile.
In Italia, invece, il recupero e il riciclo dei rifiuti da imballaggio sono coordinati dal CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi), un consorzio privato a cui tutte le aziende che producono imballaggi devono aderire per legge.
Accanto ai simboli che indicano la composizione dell’imballaggio, ne esistono altri più generici che invitano il consumatore ad adottare alcuni comportamenti virtuosi, al fine di tutelare l’ambiente e contrastare l’inquinamento.
Il diffusissimo omino stilizzato ci ricorda che dobbiamo gettare i nostri rifiuti negli appositi contenitori, anche quando siamo fuori casa, ed evitare di abbandonarli nell’ambiente.
Lo si trova soprattutto nei contenitori brik del latte e dei succhi di frutta: un’accortezza che possiamo attuare per diminuire il loro impatto ambientale. Lo stesso dicasi per le bottiglie: invece di schiacciarle dal tappo verso il fondo, infatti, sarebbe preferibile appiattirne la superficie laterale; questo per rendere più semplici le operazioni di lettura del materiale e separazione delle etichette.
Rappresenta un contenitore di spazzatura mobile barrato da una croce. Lo troviamo stampato sulle confezioni dei rifiuti elettrici o elettronici e indica che questi devono essere smaltiti separatamente dagli altri rifiuti e gettati in appositi contenitori.
I rifiuti industriali, farmaceutici e radioattivi non possono essere riciclati e devono seguire delle procedure di smaltimento diversificate e specifiche.
La sostenibilità ambientale coinvolge inevitabilmente anche il campo dell’alimentazione e della produzione agricola. Da luglio 2012 tutti i prodotti alimentari biologici preconfezionati nell’Unione Europea devono recare obbligatoriamente il logo biologico dell’UE: una foglia formata da dodici stelle bianche su fondo verde con al centro una cometa (per quelli non preconfezionati può essere utilizzato su base volontaria).
Perché possano fregiarsi del marchio europeo, questi prodotti devono essere certificati come biologici da un organismo o un’agenzia di controllo autorizzato: questo significa che hanno soddisfatto condizioni rigorose per la produzione, il trattamento, il trasporto e l’immagazzinamento e che almeno il 95% degli ingredienti contenuti venga coltivato con metodi biologici (il restante 5% deve comunque rispettare condizioni rigorose).
Accanto al logo va inoltre indicato un numero di codice dell’organismo di controllo e il luogo in cui sono state coltivate le materie prime agricole di cui è composto il prodotto.
È il caso del commercio equo e solidale, un approccio alternativo a quello convenzionale, che propone una visione dell’economia attenta agli interessi di tutti i soggetti coinvolti: produttori, lavoratori, importatori, venditori e consumatori. In particolare, vengono promossi la giustizia sociale, il rispetto per i lavoratori e la tutela delle loro condizioni e lo sviluppo sostenibile.
FairTrade è il marchio internazionale di certificazione del commercio equo e solidale: i prodotti su cui viene stampato questo tipo di marchio, oltre a essere coltivati e commercializzati secondo i criteri del commercio equo, sono completamente tracciabili, dal campo allo scaffale. Esistono anche dei prodotti mono-ingrediente, come le banane e il caffè.
La versione del marchio FairTrade con la freccia, invece, viene utilizzato sui prodotti con più ingredienti: quest’ulteriore simbolo sta ad indicare che sul retro della confezione si avranno maggiori informazioni in merito agli ingredienti.