Non solo Parma, San Daniele, Toscano e di Norcia: abbiamo selezionato 10 tipologie tra le più famose per un giro d'Italia sotto il segno dell'arte norcina, alla scoperta dei prosciutti crudi del Piemonte, del Veneto, ma anche di Puglia e Sicilia.
L'Italia vanta una lunga storia nella produzione di prosciutti crudi, frutto di secoli di tradizione. Si potrebbe dire che ogni regione, da Nord a Sud, offre tipologie uniche che rispecchiano le caratteristiche del territorio, del clima e delle tecniche di lavorazione artigianale, proprio come succede per la Spagna, un’altra nazione europea celebre per i suoi jamón (tra serrano e ibérico). Nel nostro paese se ne contano più di 30 varietà: le due più note – e che si contendono il mercato – sono il Prosciutto di Parma Dop e il Prosciutto San Daniele Dop, ma ci sono altre specialità molto popolari, come il crudo che arriva da Norcia o quello Toscano. Ciascuno ha delle peculiarità: c’è chi è più dolce e chi più sapido, chi più o meno stagionato, con fette dai colori vivaci o tenui. Qui abbiamo raccolto 10 prosciutti crudi italiani famosi (alcuni maggiormente conosciuti di altri), dal Piemonte alla Sicilia, facendo una panoramica generale di quelli più rappresentativi.
Quello di Parma è probabilmente il prosciutto crudo più celebre, diventato una Dop nel 1996 e si riconosce per il timbro a corona a cinque punte. Tutte le fasi della sua produzione sono legate a un disciplinare che tutela l’intera filiera. Si ricava dalla coscia di suini pesanti italiani di razza Large White, Landrace e Duroc nati, allevati con specifica alimentazioni e macellati in 11 regioni italiane (Emilia-Romagna, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Molise, Umbria, Toscana, Marche, Abruzzo e Lazio), ma i prosciuttifici e i laboratori di affettamento e confezionamento devono essere ubicati all’interno di una ristretta porzione di territorio della provincia di Parma (Emilia Romagna), situata a sud della Via Emilia, fino a un'altitudine non superiore ai 900 metri. Al momento della macellazione, il maiale deve avere un’età superiore ai 9 mesi e pesare tra i 110,1 kg e 168,0 kg. La salagione a base di sale marino è doppia: a umido (sulla cotenna) e a secco (sulle parti magre). La stagionatura minima è di 14 mesi, senza indicazioni di massima, che dà il meglio dopo i 24, arrivando a 36. La forma è detta a “coscia di pollo”, vedendo così la presenza dell’osso, tondeggiante e priva del piedino. Per quanto riguarda le caratteristiche della fetta, il colore è tra il rosa e il rosso, inframmezzato dal bianco puro del grasso, mentre l’aroma e il sapore sono delicati e dolci, poco salati. In 100 gr di prosciutto di Parma ci sono 269 kcal per 25,9 % proteine e 18,3 % lipidi (a maggioranza grassi insaturi).
L’altro crudo che si contende il titolo di più popolare è quello di San Daniele, anch’esso Dop dal 1996. Le differenze con il primo sono molteplici, a cominciare dal territorio, quello dell'omonimo comune friulano compreso tra le Alpi Carniche e le Alpi Giulie, dove i prosciutti circolavano già nell’XI secolo a.C. I suini sono sempre Large White italiana, Landrace e Duroc dai 9 mesi in su, e arrivano da 10 regioni italiane (Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Umbria, Toscana, Marche, Abruzzo e Lazio), con le fasi di produzione dopo la macellazione che devono essere svolte in aziende (per la precisione 31) che si trovano all’interno dell’area del Comune di San Daniele, in provincia di Udine. La salagione avviene solo a secco, mentre la stagionatura minima è di 400 giorni (circa 13 mesi), dando il meglio dai 16 ai 20 mesi. La forma esteriore della coscia è “a chitarra”, dov’è riconoscibile anche il piedino. Al taglio, il colore è rosato e rosso, con qualche marezzatura: la parte grassa è bianca, mentre il sapore è delicatamente dolce (più del Parma), con un retrogusto più marcato. Quello autentico, si riconosce anche dal logo: il simbolo stilizzato della coscia con all’interno le lettere SD. In una porzione di 100 grammi di San Daniele 18 mesi ci sono 271 kcal per 25,7 gr di proteine e 18,6 gr di lipidi (a maggioranza insaturi).
Sempre nel 1996 rientra nelle Dop anche il Prosciutto Toscano, che ha delle caratteristiche peculiari che lo separano di molto dalle prime due tipologie. Prima di tutto, i suini di razza Large White, Landrace e Duroc devono essere nati, cresciuti e macellati in Toscana, Lombardia, Emilia Romagna, Marche, Umbria, Lazio, di peso non inferiore ai 160 kg, mentre le fasi successive sono eseguite entro i confini della regione Toscana (da ricordare il legame con gli Etruschi, che già allevavano i maiali). La salatura avviene con metodo a secco, ma si aggiungono altri componenti rispetto al sale, ovvero essenze aromatiche come pepe, rosmarino, ginepro, alloro, aglio tipiche del territorio, che cambiano a seconda delle zone di produzione, con ricette di miscele spesso tenute segrete che si tramandano di generazione in generazione. La stagionatura non deve essere inferiore a 10 mesi per prosciutti dal peso compreso tra i 7,5 e gli 8,5 kg e 12 mesi per i superiori agli 8,5 kg. La forma della coscia alla fine del processo è tondeggiante e il colore si presenta molto più vivace rispetto a quello di Parma e San Daniele: la polpa è rosso vivo o più chiaro, con una presenza minore di grasso intramuscolare, mentre quello sottocutaneo è bianco con venature rosate. L’aroma è solitamente intenso, così come il gusto: siamo sempre nell’ambito della delicatezza, ma si percepisce perfettamente la sapidità. Il Prosciutto Toscano Dop conta in 100 grammi 282 kcal, 26,30 gr di proteine e 19,60 gr di lipidi (a maggioranza insaturi).
Non solo prosecco e radicchio: il Veneto ha anche il suo prosciutto, che nel 2021 ha festeggiato i 50 dalla nascita del Consorzio, con una storia che affonda le sue radici nella cultura contadina veneta, dove il maiale era presenza fissa. Stiamo parlando del Prosciutto Veneto Dop, conosciuto anche come Prosciutto Veneto Berico-Euganeo DOP o Prosciutto di Montagnana, appellativi che ci fanno capire ancora di più la sua piccola area di produzione, che si localizza in 15 comuni situati nell’area padana e pedemontana dei Colli Berici e dei Colli Euganei all’interno delle province di Vicenza, Padova e Verona. Le cosce sono quelle dei suini italiani di razza White Large, Landrace e derivati dalla Duroc nati, allevati e macellati in Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, Lazio e Umbria. Il periodo di stagionatura segue le stesse di quello Toscano, con in commercio affettati da 18-24 mesi che ne esaltano le caratteristiche, mentre la salatura è effettuata solo con sale marino, in quantità non elevate, visto che la caratteristica di questo prosciutto è la sua spiccata dolcezza. Alla fine la forma è semi-pressata e senza piedino, con la fetta di colore rosa, morbida e profumata, attraversata da lievi marezzature, con parte grassa bianca.
Siamo nella provincia di Pesaro e Urbino, in una “terra di mezzo”, come definita dallo stesso Consorzio, tra Emilia Romagna, Marche e Toscana, all’interno del Parco Naturale del Sasso Simone e Simoncello, in quella suggestiva parte d’Italia chiamata Montefeltro. Questa è la patria del Prosciutto di Carpegna Dop (dal 1996), realizzato come si faceva fin dal Medioevo. I suini da cui si ricavano le cosce sono quelli pesanti italiani visti fino a ora, che devono vivere almeno 10 mesi prima di essere macellati: possono arrivare solo dalle tre regioni sopra menzionate, per poi essere trasformati nel perimetro comunale del borgo. La salagione avviene in una o due fasi, ma è il momento della stuccatura-sugnatura (quando la porzione senza cotenna dei prosciutti viene rivestita con un impasto a base di farina di riso, grasso, pepe e a volte anche erbe aromatiche) che qui è da sottolineare, in quanto vede l’uso di un mix particolare di spezie, tra cui la paprika, che regala un carattere distintivo nel profumo e nel sapore. La stagionatura è di minimo 14 mesi: la fetta è soffice e le nuance variano dal rosso ambrato al rosa salmonato.
Un territorio ottimale per la stagionatura dei prosciutti anche in cantine naturali è quello che comprende le province di Cuneo, di Asti e di 54 comuni posti nell’area meridionale della provincia di Torino. Da secoli qui si allevano i maiali e se ne lavorano le carni, ma è dal 2009, grazie all'istituzione del Consorzio, che esiste la Denominazione di Origine Protetta del Prosciutto di Cuneo. Rientra nelle categorie dei salumi magri a basso contenuto di sale, con 172 kcal per 100 grammi, con un'alta percentuale proteica (22-24%). Le cosce selezionate per la produzione arrivano dai suini italiani pesanti (Large White, Landrace e Duroc) che provengono esclusivamente da queste zone del Piemonte: al momento della macellazione devono aver raggiunto gli 8 mesi di età. La salagione avviene con sale a secco o parzialmente umidificato: può contenere aceto, pepe nero e altre spezie. La stagionatura è di minimo 10 mesi: i prosciutti lungamente stagionati, di 24 o più mesi, sono contrassegnati da un bollino ad hoc. Come si presenta alla vista? La forma intera è tondeggiante, senza piedino: la fetta è di colore rosso uniforme, con piccole quantità di grasso interno bianco.
Impossibile parlare di crudi made in Italy senza inserire nella lista il Prosciutto di Norcia, specialità che arriva proprio dalla patria della norcineria. Il territorio d’elezione è quello della Valnerina, che si estende dalle pendici dei Monti Sibillini all’alta valle del fiume Nera: il salume Igp si può produrre sono nei comuni di Norcia, Preci, Cascia, Monteleone di Spoleto, Poggiodomo a un’altezza superiore ai 500 mt sul livello del mare, tra le placide colline Umbre. Quali sono le sue caratteristiche? La forma intera “a pera”, il sapore sapido (ma non salato) e il profumo leggermente speziato: la fetta è compatta, di colore rosso-rosato. Nel disciplinare di produzione non è indicata un’origine specifica dei suini, che devono appartenere comunque alle razze italiane White Large, Landrace e Duroc e seguire le regole di alimentazione e modalità di allevamento secondo le linee guida date dal Consorzio. In fase di salatura, che avviene a secco con sale marino, può essere aggiunto pepe in piccole quantità in caso non sia previsto dopo, durante la sugnatura. La stagionatura dura minimo 12 mesi: il risultato finale è un prosciutto altamente proteico, digeribile, consigliato per gli sportivi.
Un altro prosciutto crudo che merita attenzione è il Prosciutto di Sauris, riconosciuto Igp dal 2009. Ci trasferiamo nuovamente in Friuli Venezia Giulia, in un paesino montano situato nelle Alpi Carniche. I suini utilizzati provengono da allevamenti italiani delle razze Large White, Landrace e Duroc nelle regioni di Friuli Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Umbria, Toscana, Marche, Abruzzo, Lazio e Molise, con il processo produttivo che avviene esclusivamente nel comune, a più di 900 metri d’altezza. Cosa rende particolare questo salume? La leggera affumicatura eseguita in caminetti che vede protagonista il locale legno di faggio (la vallata è ricoperta di boschi di conifere e latifoglie) e che dura massimo 72 ore: la stagionatura minima è di 10 mesi. L’aroma e il sapore si rivelano caratteristici, con quest’ultimo in prevalenza dolce, in quanto la tecnica dell’affumicatura (molto diffusa nei paesi nordici) contribuisce alla conservazione dei prosciutti, così da poter usare meno sale (durante la salatura compaiono salgemma, sale marino, pepe e aglio). La forma è tondeggiante, senza piedino, mentre al taglio, la fetta ha un colore rosso-rosato vivace, con qualche marezzatura e una parte grassa bianca e rosa.
Scendiamo vertiginosamente verso il Sud Italia, per la precisione in Puglia, in un comune in provincia di Foggia che conta meno di 700 abitanti. Ed è proprio in questa piccola realtà montana che ha origine il prosciutto crudo di Faeto, uno dei Pat (Prodotti agroalimentari tradizionali) di questa regione. Viene prodotto utilizzando carni di suini allevati allo stato brado sui Monti Dauni meridionali. I maiali si nutrono di radici e bacche, integrando l’alimentazione con mais in inverno e sfarinati in estate. La lavorazione artigianale segue quattro fasi: salagione, lavatura e asciugatura, sugnatura e stagionatura, che dura almeno 12-14 mesi a un’altitudine superiore ai 700 metri. La carne ha un colore rosso mattone e il grasso è roseo. Il sapore e il profumo sono intensi, grazie alle numerose spezie utilizzate. Da notare che anche il lardo di Faeto, ricavato da questi suini è un Pat, eccellenza del territorio.
Eccoci in Sicilia, dove troviamo un gioiello gastronomico che nasce nei boschi protetti del Parco Naturale dei Nebrodi. Il prosciutto crudo di Suino Nero dei Nebrodi viene prodotto a partire da una razza autoctona, il Suino Nero dei Nebrodi, un maialino Presidio Slow Food dal mantello nero, molto simile nell’aspetto e nelle abitudini a un cinghiale, che nel corso dei secoli si è perfettamente adattato al pascolo in quota. Si tratta di esemplari allevati allo stato brado e semibrado, in particolare nella provincia di Messina, che si nutrono soprattutto di ghiande, castagne e bacche: un’alimentazione e un modo di vivere che conferiscono al prosciutto un sapore unico: il gusto è intenso, ma equilibrato, con un aroma che richiama il bosco e le essenze mediterranee. Al taglio le fette sono morbide e dolci, con la classica sensazione di “sciogliersi in bocca”.