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7 Aprile 2025 16:00

I principali tagli dell’agnello e come usarli al meglio

Tra le più conosciute spiccano costolette e cosciotto, tenere e sfiziose, ma anche altre parti economiche come spalla e collo possono essere valorizzate al meglio, ciò che conta è optare per la cottura corretta. Ecco la nostra guida.

A cura di Federica Palladini
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La carne ovina è probabilmente quella che per prima ha fatto la sua comparsa sulle tavole dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo, compresa quella di agnello. Si tratta di un alimento da sempre ricco di significati simbolici e religiosi legati alle tradizioni popolari dei pastori e al Cristinanesimo. In particolare, è il periodo pasquale che vuole l’agnello tra i protagonisti di diverse ricette che lo propongono per esempio in umido, al forno o alla piastra. Negli ultimi tempi è sempre più sentito il dibattito sul fatto se sia giusto o meno mangiarlo: stiamo parlando di un animale molto giovane, che spesso non supera i 6 mesi di vita perché destinato alla macellazione. C’è chi non lo consuma quindi per motivi etici, e chi invece proprio per la sua età lo considera una materia prima prelibata. In cucina è corretto fare le proprie valutazioni personali: ciò che non dovrebbe mai mancare è la consapevolezza di quello che si sta acquistando, dove nel caso di un essere vivente all'interno dei parametri di qualità gioca un ruolo fondamentale il rispetto del suo benessere, a partire dagli allevamenti. Conoscere i tagli da utilizzare, inoltre, può essere utile nello scegliere la preparazione più corretta per valorizzarli, così da evitare sprechi ormai ingiustificabili.

Agnello e abbacchio: le differenze

Come appena specificato, l’agnello è un animale molto giovane: in parole povere ci si riferisce al cucciolo della pecora che non ha compiuto ancora i 12 mesi. All’anno di età, infatti, diventa adulto e prende il nome di montone. All’interno della categoria, però, si ha un’ulteriore divisione dove compare l’agnello da latte, conosciuto in romanesco come abbacchio, un esemplare ancora più piccolo che al momento della macellazione (ovvero attorno ai 30-40 giorni) si è nutrito solo di latte materno.

Entrambi hanno carni magre, rosate, dal sapore caratteristico, ma delicato, che nell’agnello risulta leggermente più deciso, dato che dopo lo svezzamento ha assunto anche erba, fieno e cereali. Niente a che vedere con il gusto persistente e pungente della pecora. In Italia esistono due specie di agnello che vantano il marchio Igp, fortemente legate al territorio: l'Agnello di Sardegna Igp e l'Agnello del Centro Italia Igp.

Quali sono i tagli dell’agnello

Come per altri animali, anche l’agnello vede tagli più nobili e più economici. Rispetto al manzo ne ha molti di meno. Ci sono parti più pregiate tipo il carrè o il cosciotto e altre che potremmo definire di seconda scelta, così che le cotture siano versatili. Particolarmente indicate sono le marinature con vino ed erbe aromatiche che ingentiliscono il gusto, aiutano a mantenere la morbidezza e danno profumo.

1. Carrè con costolette

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Il carré è uno dei tagli più noti e amati dell’agnello, ricavato dal dorso dell’animale. La carne è tenera, con una discreta infiltrazione di grasso che dà sapore e morbidezza quando di cuoce: si può reperire in macelleria come un pezzo intero, ovvero con tutte le costolette attaccate, oppure con queste ultime divise e vendute singolarmente. Una delle presentazioni più classiche è detta french rack, con le ossa ripulite dalla carne e dal grasso in eccesso, risultando molto scenografica. Si cucina intero al forno, mentre quando è già porzionato le cotture rapide alla griglia o alla piastra sono le più indicate, come quelle tipiche laziali a scottadito, oppure le costolette vengono panate e fritte.

2. Cosciotto

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Quando si parla di cosciotto ci si riferisce alla coscia posteriore dell’agnello, un taglio nobile e generoso, composto da muscoli robusti, ma tendenzialmente magri. Ha una forma allungata e può essere cotto con l’osso, senza e farcito una volta disossato. È ideale per cotture al forno o alla brace, che ne valorizzano il sapore deciso e la consistenza compatta: compare da tradizione nella tavola pasquale in veste di arrosto.

3. Sella

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Taglio particolare, la sella è situata nella zona lombare, tra il carré e il cosciotto. Siamo di fronte a una parte ricercata, tenera e con bassa presenza di tessuto connettivo. Si può cuocere intera, privata del grasso superfluo, marinata e rosolata in padella per poi essere passata nel forno. Dal pezzo si ricavano filetti perfetti da scottare pochi minuti sempre in padella con olio extravergine d’oliva, aglio e rametti di rosmarino: il sapore è tenue e si sposa bene con riduzioni al vino o salse al burro ed erbe.

4. Spalla

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Ricca di cartilagini che si sciolgono a contatto con il calore, la spalla dell’agnello è un taglio più economico dei precedenti, tenace, ma che garantisce una buona tenerezza, ha una consistenza soda e un’alta resa. Ha inoltre il vantaggio di poter essere facilmente disossata (operazione che può compiere il macellaio) così da farla ripiena. Spazio quindi ad arrosti rustici, rollè, magari accompagnati da patate al forno ideali per il pranzo della domenica, spezzatini in umido e ragù, per condire per esempio un sostanzioso piatto di tagliatelle all’uovo.

5. Petto

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Il petto si trova nella parte inferiore del torace, sotto la spalla: sebbene in molti animali (pollo in primis) sia uno dei tagli più magri, non è così per l’agnello, dove invece è uno dei più grassi. Come si valorizza? Si presta bene ad essere arrotolato e imbottito, oppure ridotto a tocchetti: in entrambi i casi una cottura lunga a fuoco dolce, come quella della brasatura in casseruola, ne conferisce la giusta morbidezza.

6. Collo

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Spesso sottovalutato, ma dal grande potenziale, c’è il collo. Si trova in commercio soprattutto sotto forma di neck rings, porzionato in medaglioni con l’osso centrale circondato dalla carne, che ricorda in qualche modo l’ossobuco. In comune hanno un costo basso e una buona quantità di polpa e cartilagine: un taglio che dà il suo meglio quando subisce cotture prolungate. Via libera a stufati, sughi densi, ragù e come materia prima per un fondo bruno dal sapore intenso.

7. Coratella

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La coratella è l’insieme di fegato, cuore, polmoni, milza e, talvolta, rognoni dell’agnello e in generale degli animali di piccola taglia come coniglio e pollo. Insomma, si entra nel mondo delle frattaglie, che da ingredienti low budget in quanto scarti della macellazione si sono trasformati nel tempo in piatti gourmet. Non dei veri e propri tagli, quindi, ma un insieme di elementi che fanno parte della gastronomia regionale: tra i piatti più famosi spicca la coratella alla romana, accompagnata dai carciofi.

8. Testina

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Rispetto alle interiora, ormai rivalutate in cucina a livello nazionale, la testina (cioè la testa dell’animale, con occhi, guance, cervello etc.) è meno conosciuta, legata alla cucina povera contadina e a ricette tipiche in particolare della Sardegna, del Lazio, dell’Abruzzo e della Puglia: si portava in tavola soprattutto a Pasqua, quando le famiglie macellavano l’agnello e non sprecavano nulla. Prima di essere utilizzata, viene pulita e poi si può cuocere bollita intera e spruzzata con limone prima di servirla oppure al forno, tagliata a metà, arricchita con sale, olio, aglio, prezzemolo e pangrattato: se ne mangiano tutte le parti molli.

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Quello che i piatti non dicono
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