Un giro gastronomico dall'Europa all'America Latina, passando per Asia e Africa, per andare alla scoperta di alcune tipologie di pane, più o meno antiche, ma tutte rappresentative del paese da cui provengono.
Dall’iconica baguette protagonista delle tavole francesi ai sofficissimi panini al vapore cinesi, passando per l’ancestrale lavash dell’Armenia, il pane nel mondo offre uno sguardo privilegiato sulla cultura e l’economia del paese di cui è originario. Un cibo che per millenni non è stato solo nutrimento per il corpo, ma anche per lo spirito, nonostante le differenze di ingredienti e preparazioni: a unire le tante varietà di pane sono le materie prime, semplici e caratteristiche del territorio, basti pensare alla farina di segale dei paesi nordici, di quella di mais bianco in Messico o di teff nell’Africa Orientale. Qui abbiamo raccolto 13 specialità da conoscere, alcune più famose di altre.
La baguette è forse il filoncino più famoso al mondo: la sua lunghezza è tra i 65-70 cm, mentre ne ha 5-6 di spessore. Peso: 250 grammi. Più che un pane, è uno dei maggiori simboli della gastronomia francese: nel 2022 è entrata a far parte del patrimonio immateriale dell’Unesco. Le sue origini, però, risalirebbero all’invenzione dei forni a vapore portati a Parigi dall’imprenditore austriaco August Zang, che nel 1839 aprì la prima Boulangerie Viennoise: da qui esce la baguette, composta da farina, acqua, lievito e sale, leggera, dalla crosta croccante e la mollica soffice. L’immaginario collettivo vuole questo pane portato a passeggio sotto l’ascella: lo si gusta a colazione con burro e marmellata, così come sandwich con prosciutto, formaggio, pollo e tonno, per citare le farciture più classiche.
Frutto della lavorazione della semola rimacinata di grano duro, ecco il Pane di Altamura. Tra le tante varietà celebri italiane, tra ciabatte, rosette e mafalde, la scelta è ricaduta sulla gigante pagnotta pugliese (non può pesare meno di 500 grammi) perché è stato il primo prodotto da panificazione che in Europa ha ricevuto la Dop nel 2005. La sua identità si lega profondamente a quella del territorio dell’Alta Murgia, tra contadini e pastori: era già noto ai tempi degli antichi Romani perché si conservava a lungo, e prepararlo e sfornarlo erano le donne. Ha una caratteristica forma accavallata (detta u sckuanète) o bassa (a cappid d'prèvte), la crosta marroncina spessa minimo 3 mm e la mollica di colore giallo paglierino con alveolatura omogenea. Ottimo per le bruschette, per i taglieri di formaggi e salumi locali e per fare la cialledda quando è raffermo, condito con cipolle, cetrioli, pomodori e buon olio extravergine d’oliva.
La pita è un pane piatto e morbido, tipico della Grecia, dalle origini che si perdono nella notte dei tempi. Questa tipologia schiacciata – che conserva però un certo spessore – e di forma circolare è diffusa in diverse varianti anche nella zona mediorientale, basti pensare al khubz, il tipico pane arabo utilizzato per comporre il kebab. Qui prendiamo in considerazione la specialità greca che troviamo in accompagnamento ai mezédes e come base per il gyros se dovessimo fare una cena sotto il segno della cucina ellenica. L’impasto si fa con farina bianca, sale, acqua, lievito di birra e olio extravergine d’oliva che viene fatto lievitare qualche ora prima di essere separato in palline e poi cotto in padella. Può anche essere messo in forno: il risultato non cambia, perché resta versatile sia che lo presenti con un souvlaki, sia per intingerlo nella salsa tzatziki.
Ci spostiamo in India per andare a conoscere il naan, che si distingue per avere tra gli ingredienti lo yogurt bianco: la sua consistenza è morbida e piacevolmente gommosa. Per tradizione si cuoce nel forno tandoor, che fece la sua comparsa nella parte settentrionale del paese con l’invasione da parte della dinastia Moghul nel XV secolo: il termine naan, in persiano, significa semplicemente “pane” e lo consumavano i nobili a colazione. Quando è pronto viene condito con il ghee (il burro chiarificato tipico della cucina indiana) ed erbe aromatiche, come il coriandolo, e può essere arricchito con aglio e formaggio (cheese naan). Il suo sapore è ricco e stuzzicante: si porta in tavola in abbinamento ai tanti piatti speziati.
La Germania in quanto a varietà di pane non è seconda a nessuno: ne contano più di 3000 e tutta l’arte panificatoria teutonica, per la sua importanza nella gastronomia nazionale, è stata nominata nel 2014 patrimonio immateriale dell’umanità dall’Unesco. C’è una tipologia in particolare che ha conquistato la simpatia di tutti, ed è il pretzel, uno dei cibi che non può mancare nel menu dell'Oktoberfest, così come nei biergarten delle città insieme ai würst: a renderlo subito riconoscibile ci pensa la sua forma intrecciata, mentre la sua particolare crosticina lucida e scura che contrasta con il soffice interno è data dall’immersione in una soluzione di acqua bollente e bicarbonato di sodio prima della vera e propria cottura in forno.
Il rugbrød è un pane tradizionale della Danimarca, caratterizzato da una consistenza compatta e dal gusto acidulo, dovuto alla lunga fermentazione dell’impasto: l’ingrediente principale è la farina di segale che per molti secoli fu l’unica disponibile nei paesi del Nord Europa, tanto che ne ritroviamo diverse interpretazioni in tutta la Scandinavia. L’aspetto è quello di un pane in cassetta integrale dalla texture rustica, ricco di fibre e nutriente, visto che all’interno ci sono anche semi oleosi di lino, zucca o girasole: è il pane della quotidianità e quello con cui si preparano i famosi smørrebrød, ovvero i sandwich aperti farciti con pesce affumicato, formaggi e verdure sottaceto.
L’injera è un pane spugnoso a base di pasta acida, presente soprattutto in Etiopia, Eritrea e Somalia realizzato con la farina di teff, un cereale privo di glutine che viene ampiamente coltivato nell’Africa Orientale. Ha una consistenza elastica e porosa perfetta per assorbire sughi e intingoli, la forma è tonda e sottile, facilmente arrotolabile e porzionabile con le mani: si usa come grande disco su cui poggiare il cibo (in genere stufati speziati di carne di pollo, manzo o agnello, di verdure e legumi), come se fosse un “piatto” da mettere in condivisione, lo si spezza e si raccoglie il contenuto, mangiando quindi senza posate, così come da tradizione.
Un pane profondamente legato ai riti religiosi ebraici come il pane azzimo è la challah, che si consuma in particolare durante lo Shabbat e altre festività. La sua preparazione, così come l’aspetto finale, sono un concentrato di simbolismo. La forma è scenografica: la più nota è a treccia allungata, ma durante il capodanno (Rosh Hashanah) diventa rotonda, per rappresentare la ciclicità della vita. In sostanza, siamo di fronte a una specie di pain brioche molto soffice, con un impasto che contiene uova, ma senza latte e grassi animali. La challah si abbina a salumi e formaggi, così come a confetture e creme dolci.
Il pandesal, detto anche pan de sal è probabilmente meno conosciuto dei precedenti, ma nelle Filippine è un vero must have a colazione e a merenda, come snack: si imbottisce con burro, formaggio o marmellata o si serve come accompagnamento a bevande calde, una fra tutte la cioccolata (tsokolate). La caratteristica principale è quella di essere dei panini leggeri con una crosta sottile ricoperta di pangrattato e l’interno super fluffy. Si fanno con farina, lievito, olio, sale e zucchero, per cui al palato risultano leggermente dolci, ma delicati.
Il lavash è un pane piatto e sottile, originario dell'Armenia e di altre regioni del Caucaso: è parte integrante della cultura armena, tanto da essere iscritto nei beni immateriali dell’Unesco. Viene cotto in forni tradizionali di argilla chiamati "tonir", scavati nel terreno, con il semplice impasto composto da farina, acqua e sale che si attacca alle pareti. Non necessita di lievitare: è morbido ed elastico, ma si fa anche seccare, così da durare più a lungo e per farlo rinvenire basta semplicemente inumidirlo. Oltre a essere consumato tutti i giorni, è anche un simbolo sacro: posto dietro agli sposi durante la cerimonia nuziale, per esempio, augura fertilità e, in genere, prosperità.
Lo shokupan è un pane al latte giapponese che ha la forma di un pane in cassetta, ma nella sostanza è molto più vicino a un pain brioche. La sua leggerezza si deve al metodo di preparazione cinese chiamato Tang Zhong o water roux, una tecnica che prevede la lavorazione di un pre-impasto con farina e acqua che funge da starter per la lievitazione, favorendo l’aumento di volume e la sofficità. Lo shokupan è usato per preparare i katsu sando, i famosi sandwich con cotoletta di maiale fritta, ma si usa anche ripieno con panna montata e frutta tipo tremezzino dolce, o a colazione, con burro, confetture e crema di nocciole. Ultimamente è molto di tendenza come base per toast in chiave “gourmet”.
Forse può sembrare strano, ma non in tutte le zone della Cina è possibile coltivare il riso: ed è qui che spunta il grano e, di conseguenza, pure il pane. Arrivano dalla Cina settentrionale i mantou: panini al vapore preparati con farina di frumento raffinata (tipo la nostra 00), acqua e lievito, come si fa con i baozi, che però sono ripieni sigillati in modo diverso. Il loro sapore è neutro, con versioni che spingono più verso il dolce, come la nostra ricetta che vede tra gli ingredienti anche il latte e lo zucchero. Hanno un colore che va dal bianco candido all’avorio e la consistenza è soffice e leggera come quella di una nuvola: la forma è rettangolare e gonfia. Si mangiano insieme a zuppe e stufati, ma si possono anche farcire con creme e confetture.
Il pane tradizionale del Messico? Ovviamente le tortillas di mais, che si conoscono fin dai tempi delle civiltà precolombiane. L'impasto, senza glutine, si prepara con la masa harina, una farina di mais bianco finemente macinata – diversa da quella di mais giallo utilizzata per la polenta – e per realizzarle si usa tradizionalmente una pressa chiamata comal, che permette di schiacciare una pallina di impasto (masa) fino a ottenere un disco sottile. Come mangiarle è cosa nota: tacos e nachos con salsa guacamole vengono al primo posto. Nel paese sono popolari anche le tortillas di frumento, con cui fare fajitas e burritos, tipici della cucina Tex-Mex.