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7 Marzo 2024 13:34

I livelli di mercurio nel pesce invariati negli ultimi 50 anni malgrado tutti gli sforzi

Una ricerca internazionale racconta un dato shock: negli ultimi 50 anni, malgrado tutte le misure prese, i livelli di mercurio nei pesci e in particolare nel tonno sono rimasti gli stessi.

A cura di Francesca Fiore
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Malgrado le molte in iniziative e un trattato per ridurre la sua dispersione nell'ambiente, i livelli di mercurio nei pesci dei nostri mari sono rimasti invariati dagli anni '70 a oggi: a sostenerlo un'ampia ricerca pubblicata su Environmental Science & Technology Letters dell'American Chemical Society che mostra come, nonostante tutti gli sforzi nel determinare un calo drastico nell'uso di questo metallo, nei pesci si registrino gli stessi livelli di mercurio rilevati più di 50 anni fa. Secondo la ricerca, dunque, potrebbero essere necessari decenni prima di ottenere una riduzione significativa della concentrazione di mercurio nei pesci, e in particolare nel tonno, anche applicando più rigidamente i regolamenti internazionali  e le norme volte al contrasto dell'uso del metallo.

Cos'è il metilmercurio e perché è così pericoloso

Il metilmercurio (MeHg) è una sostanza chimica altamente tossica: si tratta di un composto organometallico formato dalla combinazione del mercurio con un gruppo metile (CH3); questa è una delle forme più pericolose perché in grado di accumularsi nella catena alimentare e facilmente assorbibile dagli esseri umani tramite proprio il cibo. Il metilmercurio può formarsi come conseguenza di processi spontanei che avvengono nell'ambiente naturale o come conseguenza di attività umane: fra tutti, la combustione di combustibili fossili e lo smaltimento di rifiuti industriali e l'attività di estrazione mineraria. La principale fonte di esposizione umana a questo composto è l'alimentazione e in particolare tramite il consumo di pesce contaminato, ma non è l'unica: l'esposizione può avvenire, per esempio, anche tramite il contatto con prodotti che contengono mercurio (qualcuno forse ricorderà i "vecchi" termometri casalinghi), oppure a causa dell'inalazione di fumi contaminati.

Inoltre, ha una caratteristica particolare ovvero la biomagnificazione, ovvero il processo per cui l'accumulo di sostanze tossiche negli esseri viventi (bioaccumulo) aumenta di concentrazione man mano che si sale al livello trofico successivo, cioè procedendo dal basso verso l'alto nella piramide alimentare, all'interno della cosiddetta "rete trofica". Un esempio pratico? I pesci predatori, che si trovano in cima alla catena alimentare, possono accumulare livelli di metilmercurio milioni di volte superiori rispetto al resto dei pesci che si trovano più in basso nella catena alimentare. Altra caratteristica di questo metallo è la capacità di bioamplificazione: ciò significa che il metilmercurio ha un tempo di permanenza negli organismi abbastanza lungo, cosa che gli permette di attraversare buona parte della catena alimentare degli ambienti marini.

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Perché il metilmercurio è così pericoloso?

Il metilmercurio è un composto neurotossico: colpisce il sistema nervoso centrale causando una serie di danni collaterali decisamente importanti. Nei più piccoli, per esempio, può influenzare lo sviluppo neurologico causando problemi di coordinamento motorio, ma anche di concentrazione e memoria. Anche negli adulti può creare disturbi della sfera cognitiva come depressione, perdita improvvisa di memoria, tremori, problemi di vista e udito, oltre a inficiare il lavoro del sistema immunitario. Per questo motivo e per i danni che provoca anche agli ambienti sono state emanate diverse norme a livello internazionale, nel corso degli anni,  per limitare fortemente l'uso e le emissioni di mercurio: fra le varie iniziative l'Unep, il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, che adottò la Decisione 25/5 nel 2009 per arginare l‘inquinamento da mercurio.

I preoccupanti risultati della ricerca

Il team internazionale ha analizzato molte ricerche pubblicate nei decenni scorsi incrociandole con nuovi dati raccolti ad hoc: analisi condotte su quasi 3mila campioni di tonni, raccolti tra gli oceani Pacifico, Atlantico e Indiano negli ultimi 50 anni (dal 1971 al 2022), con particolare attenzione ai tipi di tonno più pescati e consumati come il tonno pinne gialle, il tonno obeso e il tonnetto striato (skipjack), sostanzialmente il 94% delle catture globali di tonno. Dal momento che si tratta di specie che non affrontano migrazioni transoceaniche, i livelli di contaminazione trovati nei muscoli degli animali probabilmente riflettono lo stato delle acque in cui nuotano.

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Malgrado i livelli di mercurio nell'aria siano diminuiti, i ricercatori hanno osservato come le concentrazioni di mercurio nel tonno in tutto il mondo dal 1971 al 2022 siano rimaste stabili, a eccezione di un aumento nell’Oceano Pacifico nordoccidentale alla fine degli anni ’90. Come mai questa differenza? Il team ha ipotizzato che l'equilibrio nei livelli di contaminazione del tonno potrebbero essere causati dalla miscelazione verso l’alto del mercurio “legacy” (l'eredità del mercurio) dalle acque più profonde dell’oceano fino alle acque meno profonde dove i tonni tropicali nuotano e si nutrono. Questi livelli di mercurio potrebbero essere un accumulo risalente a decenni prima e non riflette ancora gli effetti della diminuzione delle emissioni nell’aria.

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