Il 28% dei consumatori tra i 18 e i 34 anni, quindi quasi uno su tre, consuma fast food o junk food almeno una volta a settimana, mentre l'8% lo consuma 2-3 volte a settimana: è l'allarmante dato elaborato nel focus di Statista per l'Eating Healthy Day.
I giovani italiani amano il junk food e lo consumano regolarmente almeno una volta a settimana: malgrado la fama della nostra cucina e la Dieta mediterranea a farci da orizzonte alimentare e culturale, anche noi cadiamo amorevolmente fra le braccia delle offerte di cibo spazzatura. Secondo quanto riporta un focus di Statista per l'Eating Healthy Day, il 28% dei consumatori tra i 18 e i 34 anni, quindi quasi 1 su 3, consuma fast food o junk food almeno una volta a settimana. Un’abitudine che riguarda soprattutto i giovani dato che la percentuale di consumo di cibo spazzatura scende al 9% tra gli over 54.
Quasi 1 giovane su 3 in Italia consuma junk food una volta a settimana: si tratta della fascia di consumatori fra i 18 e i 34 anni, un'abitudine che pare scemare man mano che si avanza con l'età. Il dato più preoccupante, però, è che circa l'8% lo consuma 2 o 3 volte a settimana, mentre il 59% si limita a una volta al mese (quasi 6 persone su 10). Secondo i trend globali, poi, queste stime sono destinate ad aumentare in tutto il mondo: GlobeNewswire ha calcolato che il mercato globale del fast food entro il 2030 sarà in grado di raggiungere 1.075 miliardi di dollari, una crescita del 43% rispetto al 2023. "È ormai un'evidenza scientifica che il trait d'union tra la predisposizione ad ammalarsi di una certa malattia e la manifestazione clinica di essa – ha spiegato Luigi Coppola, docente di Nutrizione Clinica e Dietetica Applicata presso l'Università del Sannio – sia rappresentato molto spesso dal microbiota intestinale che, per erratie alimentazione, variazioni climatiche, tossine emozionali, diventano potenziali nemici, esponendoci anziché proteggerci".
Il junk food, o cibo spazzatura, è un termine utilizzato per indicare tutti quegli alimenti che, pur essendo molto appetibili, hanno un basso valore nutrizionale e un alto contenuto calorico. Sono ricchi di grassi, zuccheri semplici e sale, ma poveri di vitamine, minerali e fibre. Perché viene definito "spazzatura"? I motivi sono diversi: per primo perché offre poche sostanze nutritive essenziali per il nostro organismo, risultando scarsamente nutritivo; in seconda battuta perché contribuisce all'aumento di peso e all'obesità: un consumo eccessivo di junk food è associato a numerose problematiche di salute, tra cui malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2 e obesità infantile. Infine, perché spesso questo tipo di cibo è associato a una produzione che non tiene assolutamente conto dell'impatto ambientale, motivazione che a parer nostro non è per nulla secondaria.
Perché è così diffuso? Sicuramente perché è una soluzione veloce: si tratta di prodotti facili e veloci da consumare, perfetti per uno spuntino al volo o un pasto fuori casa, in un mondo in cui sembriamo tutti concorrere gli appuntamenti e non avere mai tempo. Le aziende alimentari investono poi molto in pubblicità per renderli attraenti, soprattutto per i bambini.
Ma le motivazioni sono anche più profonde: il cibo industriale ha infatti una caratteristica particolare, che si chiama palatabilità. Si tratta di una delle caratteristiche principali dello junk food, tale da renderci praticamente dipendenti da esso. L'industria alimentare, infatti, ha scoperto che l'unione di tre ingredienti in particolare crea una combinazione assolutamente perfetta, in grado di stimolare l'appetito e far sì che si abbia sempre maggiore voglia di quel determinato junk food. Si tratta della sinergia tra zucchero, sale e grasso e il fenomeno è noto come "bliss point", ovvero il punto di massima beatitudine indotta da un alimento.
L'unione di questi tre ingredienti, opportunamente dosati anche a seconda dei consumatori da intercettare, esercita una potentissima stimolazione a livello celebrale, creando una sorta di assuefazione e quindi di conseguente dipendenza. I livelli di dopamina – il neurotrasmettitore coinvolto nella sensazione di piacere provocata dal cibo ultrapocessato – non diminuiscono mai, i circuiti neuronali si alterano e il cibo diventa una vera e propria droga.
Come si rimedia a tutto ciò? Sicuramente il primo passo è quello di riabituare il palato ai sapori più semplici, preferendo cibi con elevato potere nutritivo e stagionali: frutta e verdura, carne, pesce, uova, alimenti integrali. Abitudini alimentari scorrette, infatti, possono essere modificate grazie al recupero della cultura e delle tradizioni gastronomiche, con la riscoperta ad esempio del piacere di cucinare, anche come attività ludica in cui coinvolgere i più piccoli di casa, e soprattutto attraverso l'educazione a scelte più consapevoli e possibilmente locali.