Per ogni anno di vita di un umano, i cibi ultra processati ce ne aggiungono 0,7 in più: questo è quanto emerso da uno studio italiano pubblicato da una delle riviste scientifiche più importanti al mondo.
L'età biologica del nostro organismo è pesantemente influenzata dal consumo di alimenti ultra processati: questo è quanto emerge da recente ricerca condotta dall'IRCCS Neuromed di Pozzilli che ha svelato un nuovo e preoccupante effetto del consumo eccessivo di alimenti ultra processati. In altre parole chi consuma abitualmente prodotti industriali come snack, bevande zuccherate, cibi pronti e molti altri, invecchia più rapidamente rispetto a chi segue una dieta più naturale e meno elaborata.
Gli alimenti ultra processati, già noti per il loro legame con patologie come diabete, ipertensione e obesità, sembrano avere un ulteriore effetto negativo: accelerare l'invecchiamento biologico dell'organismo. Un consumo elevato di questi cibi è associato a una senescenza precoce delle cellule, come dimostrato da uno studio italiano pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition. Condotto dagli epidemiologi del Neuromed di Pozzilli nell’ambito del progetto di popolazione Moli-sani, iniziato nel 2005, lo studio coinvolge migliaia di partecipanti della regione Molise.
I ricercatori, riporta Il Fatto Alimentare, hanno analizzato i dati di circa 25.000 persone, raccogliendo informazioni tramite un questionario dettagliato sui consumi alimentari che includeva 188 diversi alimenti. Grazie a questa indagine è stato possibile calcolare la quantità giornaliera di alimenti ultra processati consumati, identificati attraverso la classificazione NOVA, sia in grammi sia come percentuale delle calorie totali ingerite. Contestualmente, sono stati effettuati regolari prelievi di sangue per misurare 36 marcatori biologici dell’età dell’organismo. La classificazione NOVA è un sistema che categorizza gli alimenti in base al livello di lavorazione industriale che subiscono e non in base al loro contenuto nutrizionale. Si suddivide in quattro gruppi principali: alimenti non trasformati o minimamente trasformati, ingredienti culinari trasformati, alimenti processati e alimenti ultra processati, questi ultimi caratterizzati da formule industriali con additivi, aromi e conservanti che ne alterano significativamente struttura e qualità nutrizionale.
Questi dati sono stati confrontati con l’età anagrafica dei partecipanti per determinare se una dieta ricca di ultra processati, definita come oltre il 14% delle calorie totali derivanti da tali alimenti, influenzasse il ritmo dell’invecchiamento biologico. Secondo i risultati, chi consuma regolarmente grandi quantità di ultra processati mostra un invecchiamento biologico medio di 0,7 anni superiore rispetto all’età anagrafica. I due tipi di età non sempre coincidono e lo studio voleva puntare a verificare in che modo i cibi ultra processati potessero implementare questa forbice. Questo divario si riduce del 9% in chi segue una dieta più vicina ai criteri della dieta mediterranea, a conferma dei benefici di quest’ultima anche in presenza di un consumo significativo di cibi industriali.
Le cause precise di questo fenomeno non sono ancora del tutto chiare. Simona Esposito, epidemiologa e responsabile dello studio, evidenzia alcuni possibili fattori come la presenza di alti livelli di grassi saturi, zuccheri e sale negli alimenti ultra processati che gioca sicuramente un ruolo, ma ci sono ulteriori elementi da considerare. Molti prodotti classificati come ultra processati, infatti, non sono necessariamente di scarsa qualità nutrizionale, come yogurt aromatizzati, sostituti vegetali della carne o pane confezionato. È quindi necessario approfondire quali additivi, ingredienti o metodi di lavorazione possano influenzare l’invecchiamento cellulare. Marialaura Bonaccio, nutrizionista e coautrice dello studio, suggerisce che le lavorazioni industriali alterano profondamente la struttura degli alimenti, con possibili effetti negativi sul metabolismo del glucosio e sul microbiota intestinale. "La trasformazione industriale modifica la quantità e la qualità delle fibre e dei nutrienti presenti negli alimenti", spiega Bonaccio. Inoltre, l’uso di confezioni in plastica per molti cibi ultra processati rappresenta un ulteriore rischio: queste possono rilasciare sostanze tossiche che migrano nel cibo e vengono assimilate dall’organismo. Licia Iacoviello, responsabile dell’unità di epidemiologia dell’Università LUM di Bari e collaboratrice dello studio, sottolinea l’importanza di linee guida più chiare per il consumo di ultra processati. "Occorre stabilire raccomandazioni sulle quantità massime giornaliere di questi alimenti e rendere più trasparente l’identificazione di un prodotto come ultra processato, così da aiutare i consumatori a fare scelte più consapevoli."