Gli struffoli a forno di Carraturo sono immancabili sulle tavole di tutti i napoletani a Natale, insieme a quelli fritti. Deliziose palline di pasta cotte a forno, ripassate in un dolce miele e ricoperte di confettini squisiti. Un invito alla tentazione natalizia.
Ulderico Carraturo, titolare dell'Antica Pasticceria Carraturo a Napoli, ci prepara i suoi famosissimi struffoli a forno di Natale. Una variante più leggera della ricetta tradizionale, un piatto povero e antico, simbolo delle feste natalizie nel Capoluogo campano e di tutta Italia. Sebbene siano riconosciuti come dolci partenopei, gli struffoli sono preparati in tantissime altre zone d'Italia e hanno tanti nomi diversi:
Tutte queste preparazioni derivano dalla cultura greca: ancora oggi in Grecia si fanno i loukoumades, delle palline di pasta fritte e ripassate nello zucchero. Tra i piatti più famosi antesignani degli struffoli, ma figli della Magna Grecia, ci sono i piñonate, dolci tipici dell'Andalusia, in Spagna. Secondo molti storici sono proprio i piñonate andalusi a dar vita agli struffoli sotto il lunghissimo periodo di vicereame spagnolo a Napoli.
Gli struffoli sono delle morbide palline piccole di pasta dolce che vengono fritte o cotte al forno, imbevute nel miele e, infine, guarnite con canditi e confettini colorati. Nel video con Ulderico Carraturo vediamo insieme tutti i segreti per a preparazione.
Uno dei proverbi più celebri sul capoluogo campano è che "Napoli tre cose tene ‘e belle: ‘o sole, ‘o mare e ‘a sfugliatella". L'Antica Pasticceria Carraturo è nota come "la bottega della sfogliatella" perché fin dalla sua fondazione, datata 1837, il maestro pasticciere ha cominciato a specializzarsi nella preparazione delle sfogliatelle portando diverse innovazioni al primordiale "pasticciotto" importato da Pintauro a Napoli.
Da oltre 180 anni, partendo dal fondatore Pietro Carraturo fino ad arrivare alla gestione odierna, nella zona di Porta Capuana campeggia l'insegna rossa e arancione della pasticceria. A Pietro Carraturo succede Vincenzo Carraturo, poi Alfredo Carraturo, Guido Carraturo e oggi ci sono Ulderico e Alessandro Carraturo, a gestire la pasticceria, due fratelli con 5 generazioni alle spalle e un nome "importante" da portare avanti.
Si tratta di una pasticceria solo ed esclusivamente tradizionale. Tutto viene lavorato artigianalmente con materie prime fresche. Non troverete cheesecake, elementi di cake design o altri dolci alla moda. La coerenza della propria idea di dolce si riflette anche sull'architettura del locale: l’ambiente è a dir poco spartano e non si discosta molto da altre botteghe storiche partenopee. All'ingresso una vetrina dedicata ai coloniali, bancone classico da bar, e la vetrina con i dolci classici della tradizione napoletana. Qui tra sfogliatelle ricce e frolle, babà, pastiere, roccocò e tutto il ben di Dio che la grande tradizione dolciaria napoletana ha da offrire, c'è solo l'imbarazzo della scelta, con il forte rischio di perdervi in un labirinto di tentazioni indistricabile. Il nostro consiglio è di combattere la tentazione cedendovi, come suggerisce da un secolo Oscar Wilde, che nel 1897 si trasferì proprio a Napoli: speriamo per lui che una capatina da Carraturo l'abbia fatta prima di lasciarci.