Dagli gnocchi alla bava valdostani a quelli alla sorrentina campani, passando per gli gnudi toscani e quelli alla cannella veneti, ecco un tour da Nord a Sud per scoprire le tante gustose varianti di questo piatto della tradizione.
Gli gnocchi sono una preparazione tanto antica quanto amata, diffusa praticamente in ogni regione d’Italia, dove si trovano varianti legate alla tradizione locale e agli ingredienti del territorio. Gli gnocchi di patate oggi sono i più noti, ma in realtà hanno fatto la loro comparsa solo dopo la scoperta dell’America, quando le patate arrivarono in Europa. Prima di allora l’impasto era realizzato con pochi e semplici materie prime, come farina, acqua, uova quando c’erano e un pizzico di sale, dando vita a una base versatile per piatti sostanziosi e genuini, popolari tra i contadini e i pastori delle valli montane, così come quelli di pianura. Gli gnocchi sono una pietanza che appare maggiormente nell’Italia del Nord, tra Piemonte, Lombardia e Veneto, ma le loro declinazioni attraversano tutta la Penisola, dagli gnocchi alla bava valdostani a quelli alla sorrentina campani, passando per gli gnudi in Toscana. Di seguito, ecco un tour con protagoniste alcune delle specialità regionali più rappresentative.
Gli gnocchi alla bava sono tipici della Valle d’Aosta, chiamati così per i filamenti che forma il formaggio fuso usato come condimento. Si tratta di un ricco primo piatto di tradizione contadina dove una fonduta di latte, panna e fontina (vera e propria star regionale) incontra degli gnocchi a base di farina bianca e farina di grano saraceno.
Il Piemonte può vantare una serie di specialità a seconda della zona di provenienza. Troviamo delle varianti degli gnocchi alla bava, dove la fontina viene sostituita con la toma piemontese (un formaggio tipico) e lo gnocco è quello classico di patate. Una salsa altrettanto celebre arriva dalla Valle Grana, nel cuneese, ed è quella al Castelmagno Dop, con tanto di Sagra degli Gnocchi al Castelmagno che si organizza ogni anno in quel di Caraglio. Ci sono poi gli gnocchi della Val Varaita, sempre in provincia di Cuneo, meglio noti come ravioles: si caratterizzano per la forma allungata e per avere nell’impasto il tomino di Melle, una formaggetta locale lavorata insieme a patate, uova e farina. Un’altra versione arriva da Alessandria, e sono i rabaton, gnocchi grossi e cilindrici che si realizzano mescolando ricotta, erbette spontanee (ma anche bietole e spinaci, più semplici da reperire), uova, farina, pangrattato e formaggio grattugiato, per essere serviti dopo una veloce gratinatura in forno. E ancora, i dunderet, chiamati strangoiapreve, dove il composto di uova, farina e latte (con aggiunta di patate facoltativa) si porziona con il cucchiaio e si tuffa nell’acqua per la cottura.
Gli gnocchi non mancano di certo in Lombardia, visto che è una delle loro regioni d’elezione: partiamo dai capunsei, una preparazione della tradizione gastronomica mantovana che vede protagonista uno gnocco dall’aspetto affusolato fatto con pane, parmigiano, uova, brodo. Un piatto povero che rientra all’interno di quell’universo di ricette messe a punto per non sprecare il pane quando diventa raffermo.
Sono diffuse diverse tipologie di gnocchi “verdi”, come gli gnòc de la cua della Val Camonica, con pane raffermo, spinaci (o l’erba del buon Enrico che cresce spontanea in montagna), uova, latte, da condire con burro e salvia o formaggio Silter, una Dop del territorio. Oppure i malfatti, che gravitano sempre nel bresciano: l’impasto è a base di uova, spinaci, farina, formaggio grattugiato e si cuoce al cucchiaio, con il risultato di uno gnocco generoso dalla forma grezza. Altrettanto irregolari sono gli gnòch in còla della Val Seriana (nel bergamasco), dove si impastano però solo farina, uova e latte e si servono con burro, salvia e formaggio.
Particolarmente sostanziosi sono i pizzoccheri della Valchiavenna, che sono completamente diversi da quelli più noti di Teglio in Valtellina e, probabilmente, corrispondono ai loro “antenati”. Niente strisce di pasta scura per via della farina di grano saraceno, ma gnocchetti tondeggianti di farina 00 (tanto che prendono il nome di “pizzoccheri bianchi”) avvolti dal formaggio filante e irrorati con burro fuso. In Lombardia sono diffusi anche gli gnocchi di zucca, preparati con farina, zucca mantovana cotta e formaggio grattugiato e quelli di castagne come gli gnòc de schelt in Val Camonica.
Le interpretazioni degli gnocchi più popolari del Trentino Alto-Adige hanno bisogno di poche presentazioni, perché stiamo parlando degli spatzle e dei canederli (o knödel alla tirolese). I primi sono degli gnocchetti di piccole dimensioni dal classico colore verde dovuto alla presenza degli spinaci (c’è anche la versione basic fatta solo di farina di grano tenero, uova e acqua) che si portano in tavola arricchiti da panna, speck, burro e formaggio. I secondi, invece, sono la giusta ricompensa che si incontra nei rifugi dopo ore di cammino: sono grandi sfere realizzate con mollica di pane raffermo, speck, latte, uova, prezzemolo, pepe nero, erba cipollina che vengono cotte nel brodo. Alla ricetta più celebre si sono affiancate diverse varianti, come quelle agli spinaci, al formaggio e alla barbabietola.
Se fino ad ora le patate si sono viste poco, in Veneto recuperano il terreno perso in precedenza. Gli gnocchi di patate classici qui sono i più popolari, da condire con svariati sughi, dall’anatra alla cannella. Un piatto particolare, molto noto in passato, era proprio quello degli gnocchi alla cannella (soprattutto nel vicentino), che venivano mescolati a una salsa realizzata con burro, salvia e la spezia in polvere (si potevano unire anche uvetta e grappa), per un risultato piacevolmente dolce e aromatico. Salendo sulle Prealpi Venete, i tuberi lessati spariscono a favore di un impasto molto semplice di sola farina, acqua e sale, alla base degli gnocchi di malga o gnochi sbatùi, entrati nei Pat regionali con il nome ufficiale di “gnocchi della Lessinia” (nel veronese): la pastella si cuoce a cucchiaiate nell’acqua bollente e una volta rassodata si serve con burro, Grana padano Dop e Monte veronese Dop. Parenti stretti sono gli gnocchi con la fioretta di Recoaro (Vicenza), dove questa ricotta liquida prodotta in alpeggio si fa addensare insieme alla farina bianca. Nell’ampezzano (quindi sulle Dolomiti) tornano i canederli.
In Friuli-Venezia Giulia ci si imbatte in declinazioni di gnocchi molto diverse tra loro. Partiamo dalla più curiosa (e golosa), gli gnocchi de susini: si tratta di grandi gnocchi di patate, uova e farina che vengono farciti ciascuno con una prugna privata del nocciolo, a sua volta riempita di un mix di zucchero, burro fuso e cannella che funge anche da condimento dopo averli lessati in acqua. Nei ristoranti delle province di Udine, Trieste e Gorizia si servono sia come primo piatto, sia come dessert. Eredità dell’Impero Austro-Ungarico e molto diffusi nel triestino sono gli gnocchetti de gries che vedono un impasto a base di semolino e uovo, con l’albume montato a neve prima di essere inglobato: si mangiano rigorosamente in brodo. Infine, non mancano gli gnocchi di pane (gnochi de pan): simili ai canederli, sono preparati con pane raffermo, uova, latte, pancetta affumicata o altri salumi, formaggi e serviti asciutti (suti, come si dice in dialetto) per accompagnare gulash e secondi di carne.
Spostandoci in Emilia Romagna ci imbattiamo nei pisarei e faśö: un piatto tipico piacentino composto da gnocchetti di farina e pangrattato conditi con un sugo di fagioli borlotti, pomodoro e un battuto di lardo, aglio ed erbe aromatiche (detto pistà ad gràss). Come la maggior parte degli gnocchi anche questi hanno radici antiche: si dice che fossero preparati nei conventi come piatto nutriente per i pellegrini che giungevano esausti. Il nome deriverebbe dallo spagnolo "pisar", che richiama il gesto di schiacciare gli gnocchetti per creare l’incavo centrale, ideale per raccogliere il sugo. Non mancano gli gnocchi di patate (inseriti nei Pat regionali), che sono perfetti con il sugo al pomodoro o il ragù alla bolognese: tra i più rappresentativi ecco gli sgranfignoni di Medesano (Parma), realizzati con patate vecchie, farina di frumento, uova e sale, che in passato sarebbero stati un unico pastone grossolano che i monaci offrivano ai poveri.
In Toscana si fanno spazio gli gnudi (detti anche malfatti), che sono dei grossi gnocchi a base di ricotta e spinaci che vengono insaporiti con burro e salvia dopo essere stati lessati in acqua. Sono tipici delle aree di Siena e di Grosseto e si chiamano “nudi” perché gli ingredienti sono caratteristici del ripieno dei ravioli di magro, ma in questo caso non c’è nessun involucro a contenerli. Patate, uova, farina e sale sono invece le materie prime con cui si realizzano i “topini”, ovvero gli gnocchi di patate toscani, molto popolari tra Firenze e Arezzo, conditi generalmente con un corposo ragù di carne.
In queste due regioni centrali gli gnocchi sono molto comuni: nelle Marche, quelli di patate si portano in tavola da tradizione con il ragù di papera, oppure esiste una versione ripiena con manzo, condita a sua volta con un intingolo di carne. In Umbria compaiono tra le specialità locali gli gnocchetti alla collescipolana, provenienti da Collescipoli, frazione di Terni. Come si fanno? Con farina, pangrattato, acqua e sale, tagliati a tocchetti e una volta cotti in acqua immersi in un ricco sugo composto da salsa di pomodoro, guanciale, salsiccia, fagioli borlotti o cannellini, il tutto spolverato con pecorino.
Nel Lazio diamo il benvenuto a una variante degli gnocchi che si discosta da quella classica, ma sempre amatissima: stiamo parlando degli gnocchi alla romana, medaglioni che si preparano con un impasto di semolino, burro, latte e uova: la cottura avviene al forno, con l’interno che resta morbido mentre all’esterno si forma un’invitante crosticina. Da Amatrice – si narra ancora prima dell’arrivo dell’amatriciana – giungono gli gnocchi ricci, chiamati così perché il minuscolo tocchetto che si ricava mescolando farina, acqua e uova viene trascinato “lungo la tavola con il medio, l’indice ed il pollice della mano, così da ottenere lo gnocco (da 3 a 5 cm di diametro)”, così come spiegato sul sito del Comune. Come si gustano? Con “spezzatino di castrato di pecora, macinato misto di maiale e vitellone, spezzatino di vitellone. Condire con parmigiano e pecorino nelle stesse quantità”. Tra i Pat del Lazio compaiono anche gli gnocchi di castagne delle zone di Cicolano e di Antrodoco, in provincia di Rieti.
In Campania la parola “gnocchi” non può che essere seguita da: “alla sorrentina”. Un primo piatto che ormai è diventato uno dei simboli della condivisione del pranzo della domenica e che mette d’accordo tutti grazie ai suoi ingredienti mediterranei: gnocchi di patate, salsa di pomodoro, mozzarella, parmigiano e basilico. Si passano in forno per una sfiziosa gratinatura e più sono filanti, meglio è.
Per la Sicilia citiamo le ganeffe, conosciute anche come badduzzi di risu cu brodu, tipiche delle province di Caltanissetta ed Enna: più di gnocchi qui si tratta di palline-polpettine di riso sotto il segno del riciclo aromatizzate allo zafferano, fritte e poi immerse in brodo di carne. Chiudiamo con la Sardegna, che includiamo per via dei malloreddus, una delle sue paste più famose a base di semola, acqua e sale chiamata “impropriamente” rispetto alla nostra lista gnocchetti sardi.