Gli allevatori italiani stanno importando i metodi adottati in Irlanda che, al momento, sembrano i migliori per salvaguardare la specie dall'aumento delle temperature e dai cambiamenti della salinità dell'acqua.
Le ostriche sono uno dei prodotti agroalimentari più elitari e delicati che ci siano. Da sempre associate all'aristocrazia e alla Francia, stiamo imparando sempre di più ad apprezzare ostriche provenienti da altre parti del mondo che nulla hanno da invidiare a quelle bretoni. C'è però un problema globale che si frappone tra il mercato e gli animali: l'inquinamento e il cambiamento climatico stanno mettendo a dura prova gli allevamenti di ostriche in tutto il mondo.
Purtroppo le ostriche sono dei molluschi delicati e quindi anche le minime variazioni di temperatura e della salinità possono essere mortali, sia in natura sia in allevamento. Ad essere sotto "attacco" sono principalmente le ostriche della nostra Costa adriatica: oltre un milione di larve per restituire i banchi di Ostrea edulis, una specie autoctona dell'Adriatico (conosciuta come ostrica piatta europea). Un habitat che abbraccia cinque regioni ma che è minacciato dalle alte temperature.
Sulle coste di Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Marche e Abruzzo potrebbero quindi nascere tantissime ostriche ma bisogna stare attenti perché il calore è una minaccia molto importante oltre all'inquinamento delle acque. I produttori stanno acquisendo la metodologia di allevamento irlandese che sembra vincente, stando all'Ansa, grazie al meccanismo delle maree e alla qualità delle acque dolci che affluiscono in mare salvaguardate dal basso impatto antropico e dal minimo utilizzo della chimica negli allevamenti bovini e ovini circostanti.
L'Irlanda è il secondo Paese produttore del continente, dietro la Francia che ha ben il 70% del mercato e proprio davanti all'Italia, ma gli ostricoltori anglosassoni sembrano quelli più pronti a questo cambiamento climatico. Non è un caso se le ostriche provenienti dall'Irlanda siano state importate per oltre 4.000 tonnellate nel nostro Paese nel 2023, con un aumento dell'import del 23% del valore nonostante un calo del 4% in volume, secondo dati di Bord Bia.