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24 Gennaio 2025
16:00

Girare il caffè prima di berlo lo rende più salutare? La risposta della scienza

Mescolare il caffè prima di berlo non può essere considerato un metodo efficace per ridurre significativamente l'acrilammide, ma offre altri vantaggi legati alla qualità e all'esperienza sensoriale della bevanda. Essendo una sostanza volatile, mescolare può ridurre la quantità presente nella tazzina ma in una maniera del tutto irrilevante.

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Il caffè è una delle bevande più amate al mondo, non solo per il suo effetto stimolante, ma anche per il suo sapore e l'importante ruolo culturale e storico che riveste. Tuttavia, accanto ai suoi benefici, il caffè contiene anche alcune sostanze potenzialmente dannose per la salute, come l'acrilammide. Questo composto chimico, formatosi durante la tostatura dei chicchi, è stato oggetto di studi scientifici e di dibattiti sulle sue implicazioni per la salute. Una domanda che spesso emerge è se il semplice gesto di mescolare il caffè prima di berlo possa effettivamente ridurre la presenza di acrilammide o mitigarne gli effetti. La risposta a questa domanda è che no, mescolare il caffè non serve (quasi) a nulla se l'intento è "neutralizzare" l'acrilamide. La buona notizia? L'acrilammide nel caffè non è un problema per la tua salute perché per assumerne quantità sufficiente da renderla cancerogena, dovresti bere così tanti caffè da avere sicuramente altri problemi prima dell'insorgere di ipotetici tumori. Quindi bevi il caffè (moderatamente) come più ti piace senza stare lì a farti troppe domande.

Che cos'è l'acrilammide e come si forma nel caffè?

L'acrilammide è un composto chimico che si forma naturalmente durante la cottura ad alte temperature (superiori ai 120°C) di alimenti ricchi di carboidrati. Nel caso del caffè, si sviluppa durante la tostatura, quando le temperature raggiungono e superano i 200°C. Questo processo è il risultato della reazione di Maillard, un'interazione chimica tra zuccheri (come glucosio e fruttosio) e l'amminoacido asparagina. La reazione è responsabile di gran parte del sapore, dell'aroma e del colore caratteristici del caffè tostato, ma comporta anche la formazione di sottoprodotti indesiderati come l'acrilammide.

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Secondo la European Food Safety Authority (EFSA), l'acrilammide non è presente solo nel caffè, ma anche in altri alimenti come patatine, prodotti da forno e persino nel fumo di sigaretta. Questo composto è stato classificato dalla IARC (International Agency for Research on Cancer) come "probabile cancerogeno per l'uomo" (Gruppo 2A), motivo per cui la sua presenza negli alimenti è attentamente monitorata. L'Unione Europea ha stabilito nel Regolamento UE 2017/2158 livelli di riferimento per l'acrilammide negli alimenti, fissando limiti di 400 µg/kg per il caffè torrefatto e 850 µg/kg per il caffè solubile. Sono quantità davvero irrilevanti che non possono essere dannose per la nostra salute, neanche se bevessimo una quantità di caffè superiore alla media.

La concentrazione di acrilammide nel caffè può comunque variare in base a diversi fattori.

  • La tipologia di caffè gioca un ruolo importante, con la varietà Arabica che tende a contenere meno acrilammide rispetto alla Robusta, grazie a una composizione chimica naturalmente differente.
  • Anche la maturazione dei chicchi è cruciale: quelli immaturi hanno livelli più alti di asparagina e zuccheri, precursori dell'acrilammide.
  • Le tecniche di lavorazione post-raccolta possono fare la differenza; ad esempio, la lavorazione a umido riduce il contenuto di zuccheri nei chicchi, contribuendo a limitare la formazione di acrilammide durante la tostatura.
  • Il processo di tostatura è un altro fattore determinante, forse quello più importante. Chicchi tostati più a lungo e a temperature più elevate tendono a contenere meno acrilammide, poiché questa si degrada durante il prolungamento del processo. Una cosa a cui non pensiamo spesso perché tendiamo a dare per scontato che più un prodotto è "bruciato", più fa male. In larga parte è vero ma questo non aumenta il livello dell'acrilammide.
  • infine, anche il metodo di preparazione del caffè ha un impatto: tecniche di estrazione più rapide, come l'espresso, possono limitare l'estrazione dell'acrilammide rispetto a metodi più lenti, come la moka o il caffè filtro.
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Nonostante l'acrilammide non possa essere eliminata completamente, esistono diverse strategie per minimizzarne la presenza. Una selezione accurata delle materie prime è fondamentale. Trattamenti pre-tostatura, come l'utilizzo di enzimi come l'asparaginasi, riducono il contenuto di asparagina, limitando la formazione di acrilammide. Ottimizzare il processo di tostatura è altrettanto importante, scegliendo temperature più elevate per periodi più lunghi o utilizzando tecniche innovative come la tostatura sottovuoto. Esistono anche innovazioni tecnologiche, come l'estrazione supercritica con CO2 o la fermentazione dei chicchi tostati, che mostrano promettenti risultati nella riduzione dell'acrilammide. Tuttavia, al momento non sono praticabili su larga scala e presentano costi elevati.

Dal punto di vista scientifico, mescolare il caffè offre vantaggi significativi. Favorisce l'omogeneità termica, evitando che il calore si concentri solo in alcune parti della tazza. Contribuisce alla distribuzione uniforme dei composti aromatici, migliorando l'esperienza sensoriale complessiva. Come scrive Geopop, però, "Non ci sono del tutto evidenze scientifiche che il mescolamento del caffè – anche senza aggiunta di zucchero – riduca l'acrilammide, tuttavia è possibile fare una deduzione basata sulle attuali conoscenze scientifiche". È infatti ipotizzabile che parte di questa sostanza, essendo volatile, possa evaporare durante il processo di mescolamento. Tuttavia, l'effetto sarebbe marginale e non sufficiente a rappresentare una strategia concreta di mitigazione.

Nato giornalista sportivo, diventato giornalista gastronomico. Mi occupo in particolare di pizza e cocktail. Il mio obiettivo è causare attacchi inconsulti di fame.
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