Alcune regole sono basilari, come ringraziare lo chef, altre decisamente strane per gli occidentali, come mangiare rumorosamente. Scopriamo insieme tutti i crismi di un cibo amatissimo, con una storia millenaria alle spalle fino ad arrivare ai giorni nostri: cosa fa infuriare i grandi sushi-man giapponesi?
Come ogni cucina tradizionale che si rispetti, anche la cultura gastronomica giapponese ha la propria etichetta. Il Sol Levante ha regole molto ferree che spesso in Occidente si ignorano, causando l’ira dei giapponesi. Un po’ come se un estremo orientale provasse a mangiare la pizza con le bacchette. Il piatto nazional popolare in Giappone è il sushi che, con la sua salubrità e il suo sapore, ha conquistato tutto il mondo.
Cominciamo col dire che le origini del sushi non sono giapponesi, bensì cinesi. Molti piatti nipponici provengono dalla terra ferma, per due culture tanto diverse quanto segretamente unite.
In Cina l’abbinamento riso-pesce crudo non era però un piatto, bensì un metodo di conservazione del pesce molto comune, ancora oggi, nel sud-est asiatico: il pesce viene sviscerato, salato e cosparso di riso cotto. La fermentazione del riso crea un ambiente così basico da permettere la conservazione del pesce per mesi. Per mangiare l’animale non bisognava far altro che scartare il riso e gustare il prodotto.
Tutto questo processo subisce una prima variazione nel periodo Muromachi, quasi mille anni dopo, perché nasce il namanare (生成): un primordiale sushi in cui il pesce è servito con del riso arrotolato da mangiare in pochissimo tempo (altrimenti i batteri avrebbero attaccato il pesce). Da qui, il sushi inizia a trasformarsi da metodo di conservazione a vera e propria ricetta, ma non è ancora lontanamente simile nel sapore e nell’aspetto a quello che conosciamo oggi.
Per vedere i primi nigiri dobbiamo aspettare la fine dell’Epoca Edo, un lunghissimo periodo di circa 200 anni in cui il Giappone si è auto-isolato dal resto del mondo: non avendo risorse esterne a cui attingere, ogni materia prima era fondamentale per i giapponesi, per questo motivo il riso viene mescolato con l’aceto prima del naturale inacidimento. Il sapore piace, nascono i primi chioschi in giro per le grandi città, finché Hanaya Yohei, uno dei gestori di questi chioschetti, non decide di rivoluzionare la pietanza: il riso a forma di gnocchetto, sormontato da una fetta di pesce crudo marinato in salsa di soia e sale. Una puntina di wasabi per coprire le impurità: abbiamo il sushi moderno.
La cultura giapponese è rigida. Non lo scopriamo oggi e probabilmente questa rigidità e questa ritualità la rende tanto affascinante agli occhi degli occidentali. Ci sono numerosi dettami per mangiare sushi: lo chef Susumu Yajima ha stilato una sorta di comandamenti da rispettare, molti dei quali ignorati dagli stessi giapponesi, come il mangiare il riso ancora caldo o provare il sushi solo a pranzo.
Ci sono però 20 regole a cui ogni sushi-lover che si rispetti non può esimersi.
I grandi maestri del sushi affermano che “Il modo migliore per servire un pezzo di sushi, è direttamente nella bocca del cliente” perché basterebbero solo 3 secondi per assaporare il prodotto finito e servono solo 3 secondi per passare dal servizio all’assaggio. Oggi non è più così.
Lo scorso anno Eater intervistò in merito Mitsuru Tamura, Una Stella Michelin, per le sue rimostranze sul food porn: “Instagram sta rovinando l’arte del sushi” disse lo chef, che portò avanti anche delle rimostranze igienico-sanitarie: “La differenza di temperatura tra riso e pesce influenza la bontà del piatto, quindi andrebbe mangiato subito: ma sfortunatamente per una foto perfetta, tra telecamere, videocamere o semplici cellulari, possono passare anche 3-4 minuti. Le persone dimenticano che si tratta di pesce crudo, con un decadimento molto veloce. Senza contare che questo atteggiamento punisce noi chef che investiamo una vita sul sushi”.
Dello stesso avviso anche il due Stelle Michelin Masaki Saito, che non ripudia il food porn in sé, e sempre a Eater aggiunge: “Io vorrei vietare le telecamere, vorrei obbligare i clienti a inserire la modalità aereo e riporli per farli concentrare solo sul mangiare. Comprendo il valore della fotografia, della pubblicità che può portare perché dopotutto, il ristorante è business: ma fotografare il sushi porta le persone fuori dal momento”. Per i giapponesi il “momento” è tutto, e a tavola soprattutto, pretendono attenzione.