È una delle varietà funginee più diffuse ma, al contempo, è facilmente confondibile con altre specie tossiche e potenzialmente mortali. Come si differenzia il chiodino dalle sue controparti velenose?
Prima di addentrarci in questo articolo una premessa è d'obbligo. Tutti coloro che vanno alla ricerca di funghi devono possedere l'apposito tesserino, essere quindi in grado di conoscere le differenze tra le diverse varietà esistenti. Chi non ha effettuato il corso per il rilascio dell'attestato da micologo non è autorizzato alla loro raccolta, quindi chi non è in possesso di questo patentino di base non dovrebbe (e potrebbe) andare a raccogliere i funghi. Questo pezzo è a puro titolo informativo, su come poter riconoscere in linea generale diverse specie di fungo confondibili in quanto simili.
L'autunno è sinonimo di funghi. Boschi e macchie iniziano a popolarsene e un numero sempre maggiore di cercatori (gelosissimi delle loro zone) si addentrano nella vegetazione tentando la fortuna, nella speranza di poter trovare qualche porcino o fungo prelibato da poter utilizzare in cucina. Il mondo della micologia è piuttosto complesso, data la grande varietà di specie tossiche e velenose, proprio per questo serve essere in possesso di un tesserino apposito rilasciato al termine di un corso di formazione.
Tra le varietà più diffuse c'è il chiodino, un fungo non particolarmente pregiato ma piuttosto diffuso, amante di superfici e terreni costantemente umidi. Un fungo che, suo malgrado, ha anche una controparte velenosa. Quasi un cugino cattivo, dal quale è meglio stare alla larga. Stiamo parlando, nello specifico, di quello comunemente riconosciuto come falso chiodino, il cui nome scientifico è Hypholoma fasciculare, specie velenosa e in grado di causare gravi intossicazioni.
Il chiodino comune, conosciuto pure come Armillaria mellea, è un fungo della famiglia delle Phylasacriaceae e cresce durante il periodo autunnale per lo più sui tronchi degli alberi oppure sui ceppi morti. A seconda della superficie sulla quale vivono possono mutare il colore del loro cappello: va dal giallo nel caso in cui sorgano sui gelsi al rossiccio se crescono sulle conifere, mentre se il loro habitat è una quercia svilupperanno una sfumatura più tendente al marrone. Il colore varia anche con il passare del tempo: un chiodino più giovane sarà più tendente al chiaro-giallognolo, mentre un fungo più vecchio apparirà maggiormente scuro, tra il rosso e il marrone.
Come detto esiste una varietà molto simile esteticamente al chiodino, capace però di provocare danni alla salute umana. Si tratta come detto dell'Hypholoma fasciculare, diffusa da aprile a novembre e in grado di svilupparsi sui tronchi di alberi vivi e sul terreno all’interno dei resti degli alberi morti. Quali sono le caratteristiche estetiche del falso chiodino? Questa varietà sviluppa un cappello più sferico, lievemente a campana e piuttosto polposo, del diametro della grandezza variabile (da tre a sette centimetri). Il colore varia in più tonalità di giallo. Il centro del cappello è più scuro, tendente all'arancio marroncino. A differenza dalla sua controparte buona il falso chiodino non è caratterizzato da nessun anello, sostituito da alcuni filamenti. Già l'odore, respingente e sgradevole, è un indizio: meglio stare alla larga da questa varietà.
Altra varietà confondibile con il chiodino alla quale prestare attenzione è la Galerina marginata. Si tratta di uno dei funghi più tossici e pericolosi che esistano, scambiata dai meno esperti anche per il più comune pioppino. Dal cappello di dimensioni generalmente ridotte (fino a 3 centimetri), contiene amatossine, sostanze mortali per l'uomo capaci di causare la sindrome falloidea, che prende il nome della più conosciuta Amanita phalloides.
Sintomi intestinali più o meno gravi, tra cui nausea, vomito e dolori addominali, sono la conseguenza del consumo del falso chiodino (il cui sapore, comunque è amaro e non piacevole). In casi estremi, inoltre, la sua ingestione in grandi quantità potrebbe anche portare alla morte. Nota bene: pure i comuni chiodini potrebbero causare problemi, se consumati crudi infatti sono tossici e la loro parte velenosa viene eliminata solo attraverso un processo di cottura di almeno 10-15 minuti a una temperatura minima di 70 gradi. Le idee su come poterli preparare, poi, non mancano di certo.