Gli appassionati sono già pronti ad andare nei boschi, perché questi mesi si rivelano i più propizi per fare incetta di funghi. Dita incrociate, e parte la ricerca di porcini, cardoncelli, finferli e molti altri.
L'autunno è il periodo d’elezione per i funghi, che diventano protagonisti di molti piatti creativi e classici, dai risotti ai contorni, passando per le frittate. Tra settembre e ottobre, le condizioni climatiche diverse da quelle dei mesi precedenti, troppo caldi e aridi, favoriscono la crescita di nuove varietà, confermando però anche la presenza di alcune tipologie che si sono già viste durante la bella stagione e che continuano a tenerci compagnia. È sempre bene ricordare che raccoglitori di funghi non ci si improvvisa e che questa pratica richiede conoscenze precise per non incorrere in intossicazioni o veri e propri avvelenamenti, senza dimenticare che ogni zona ha delle normative locali da rispettare. I funghi autunnali must have sono senza dubbio i porcini, tra i più pregiati, ma ci sono anche i cardoncelli e i chiodini, senza dimenticare il ritorno dei prataioli, pronti ad arricchire di sapore le ricette più disparate. Andiamo a conoscere meglio alcuni tra i principali.
I porcini sono tra i funghi più pregiati e apprezzati in cucina per il loro sapore e la consistenza carnosa: in Italia ne esistono quattro varietà diverse e a essere la star di questo periodo è il Boletus edulis, con un cappello che va dal bianco al marroncino chiaro, molto carnoso, prima convesso che tende ad appiattirsi, caratterizzato da un bordo a margine, mentre il gambo è corto e tondeggiante, più tozzo rispetto a quelle delle altre tipologie. Appare principalmente nei boschi di conifere e latifoglie, spesso vicino a querce, castagni e abeti. I porcini in cucina danno grande soddisfazione, perché sono sodi, gustosi e aromatici, tanto da essere ottimi anche mangiati crudi in insalata, tagliati a carpaccio e conditi con olio e scaglie di grana, ma anche sott’olio e secchi. Per non parlare del loro uso in grandi classici come le tagliatelle o il risotto.
Cantarelli, gallinacci, galletti, finferli: siamo sempre di fronte al Cantharellus cibarius, un fungo molto noto e ricercato, ottimo saltato in padella con olio o burro, nelle pastasciutte e nei risotti, che spicca per la sua forma irregolare, la nuance giallo-intensa e le costolature simili alle lamelle che lo ricoprono interamente: il gambo è corto e liscio. Di pezzature contenute, si trova nei boschi di latifoglie e conifere, superando anche i 2000 metri sul livello del mare: compare dal mese di maggio fino ad autunno inoltrato. La carne dei finferli ha un gradevole profumo e sapore fruttato, e per questo piace molto, tanto da essere uno dei funghi più amati assieme ai porcini.
I prataioli (Agaricus campestris) sono funghi molto comuni nei prati e pascoli, soprattutto in primavera e in autunno, quando compaiono in cerchi o a gruppetti dopo che ha piovuto. Si riconoscono perché hanno un cappello bianco o beige liscio e leggermente convesso, con lamelle rosa che diventano marrone scuro con l'età. Il gambo è corto e cilindrico, con un anello nella parte superiore che può essere più o meno evidente. La carne è bianca e diventa rosacea quando si taglia, ed entra in contatto con l'aria: ha un buon odore, che si potrebbe paragonare a quello della mandorla. Da giovani si possono consumare crudi in insalata, mentre quando sono adulti è importante scegliere quelli con le lamelle ancora rosa e cotti: sono ideali in contorni e nei ripieni. I loro “cugini” coltivati sono i popolarissimi champignon (Agaricus bisporus).
Dall’inizio dell’estate (giugno) fino all’autunno inoltrato (ottobre, ma anche dicembre in zone temperate senza neve o gelo) è tempo di steccherini dorati, ovvero l’Hydnum repandum, che acquista tantissimi appellativi lungo la penisola, come carpinello, dentino e spinarolo. A prima vista potrebbe essere scambiato con un finferlo, ma è più massiccio e dai nomi traspare la presenza di spine sotto il cappello – irregolare, con colore variabile tra il crema e il giallo arancio – che sostituiscono le tradizionali lamelle. Prima di usare il fungo in cucina gli aculei vanno tolti (si levano con una leggera pressione). Anche la forma del gambo tende a incurvarsi e ha la stessa tonalità della testa. Crescono principalmente in mezzo a latifoglie e conifere, in particolare nel Centro Italia, dove emergono dal sottobosco in gruppi numerosi. Si gustano da giovani, hanno una buona croccantezza in padella e si prestano alla conservazione sott’olio.
Sanguinello, ma anche sanguinaccio, rosito o rossella, è un fungo che appartiene alla famiglia delle Russulaceae, del genere Lactarius, conosciuto scientificamente come Lactarius deliciosus, in quanto è pregiato dal punto di vista gastronomico. Predilige un terreno acido sormontato da pini e altre conifere e prosperano in estate e in autunno. La peculiarità dei sanguinelli è quella di avere un colore rosso-arancio sia nel cappello che nel gambo: nel primo, grande dai 5 ai 15 cm e il più delle volte depresso al centro, sono visibili anelli concentrici di diverse tonalità di arancione, che invecchiando diventano verde rame. Quando tagliati rilasciano un liquido lattiginoso sempre delle sfumature che ricordano quelle del sangue. L’odore è fruttato e il sapore dolciastro: sono molto indicati da fare alla griglia.
La Colombina maggiore (Russula cyanoxantha), appartiene anch’essa alle Russulaceae, ma si identifica nel genere Russula (che comprende una vasta gamma di varietà, tra cui anche tossiche). In questo caso si tratta di un fungo molto comune e apprezzato per la sua commestibilità, ideale come contorno. Cresce prevalentemente durante l’estate e l’autunno nei boschi di latifoglie come castagni e querce. Riconoscerlo non è difficile: il cappello, di diametro variabile tra 5 e 15 cm, può avere colori che vanno dal violetto al verde grigiastro, con una superficie liscia e leggermente viscida. Le lamelle, bianche con riflessi azzurrini, sono note per la loro elasticità e consistenza cerosa. Il gambo è tozzo, bianco con eventuali sfumature lilla, e la carne è soda, compatta, di colore bianco.
La Macrolepiota procera, detta anche "vera Mazza di tamburo" a causa dei tanti sosia, tra cui diversi velenosi e non commestibili, è un fungo molto diffuso in tutta Italia ed facilmente riconoscibile per il suo grande cappello beige-marroncino su cui compaiono delle squame scure man mano che cresce, la parte inferiore provvista di fitte lamelle e il lungo gambo sottile. Quando è giovane il cappello è chiuso, con forma ovoidale e quindi non è ancora pronto per essere raccolto: quando completamente aperto, può raggiungere i 30-40 cm di diametro, mentre negli esemplari più piccoli si stabilizza tra i 10-25 cm. Non ha un habitat distintivo, ma mal sopporta il caldo secco e il freddo:lo si trova tra settembre e ottobre, ma resiste fino a dicembre in assenza di gelate. La carne è bianca e tenera, con un sapore delicato e leggermente nocciolato: non va mangiata cruda, ma ben cotta. È spesso consumata impanata e fritta come una cotoletta, oppure grigliata.
Una tipologia di funghi che necessita di una cottura approfondita per evitarne la tossicità è quella dei chiodini, che sono edibili da giovani e si distinguono perché tendono a svilupparsi in grandi gruppi sui tronchi o sui ceppi di alberi, ma possono crescere anche in solitaria: occhio a non confonderli con dei loro simili pericolosi. Si trovano ai margini dei boschi, nelle radure, lungo sentieri lontani dal fitto bosco, con il sole che arriva, quando in autunno le temperature iniziano a calare, soprattutto a fine ottobre. Il loro nome scientifico è Armillaria mellea, sono di ridotte dimensioni, con una piccola testa di colore marrone-giallastro e un gambo fibroso e sottile. La polpa è bianca e soda, con un sapore caratteristico che va dal dolciastro all’amarognolo. Prima di portare in tavola i chiodini è bene compiere una bollitura, così da eliminare efficacemente tutte le tossine, che si distruggono con le alte temperature. Si gustano saltati in padella, perfetti come accompagnamento a polenta e secondi di carne in umido.
Il cardoncello (Pleurotus eryngii) è un fungo rinomato che cresce spontaneamente nelle regioni meridionali d'Italia, soprattutto in Puglia e Basilicata, su terreni calcarei e aridi. Molto apprezzato per la sua consistenza carnosa e il sapore deciso, è anche versatile in cucina: può essere grigliato, cotto al forno, usato come condimento per pasta o in zuppe. La raccolta avviene principalmente in autunno, ma può essere coltivato. I cardoncelli hanno un forma cilindrica, talvolta arcuata, con un colore che varia dal bianco all'ocra. Il gambo è panciuto, dalla lunghezza che va dai 3 ai 6 cm. Il cappello può essere piatto nei giovani esemplari, conico o convesso, con una depressione al centro, sotto cui si trovano le lamelle di colore beige. I cardoncelli si possono mangiare anche crudi.