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28 Aprile 2024 11:00

Frutta martorana, la storia del dolce nato in un convento nel cuore di Palermo

Come tante altre prelibatezze, siciliane e non solo, anche la celebre frutta di pasta reale colorata è nata tra le mura di un convento. La sua creazione, infatti, si deve all’inventiva di una suora del convento fondato da Eloisa Martorana e alla visita a sorpresa del re di Sicilia.

A cura di Martina De Angelis
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Sembrano sculture di quelle in miniatura da casa delle bambole, e invece si tratta di dolci perfettamente commestibili e interamente realizzati a mano. Sono i frutti colorati conosciuti come frutta martorana, o frutta di Martorana, tipico dolce siciliano originario di Palermo. Si tratta di una sorta di trompe-l'œil gastronomico, un vero e proprio inganno visivo (proprio come quello del genere pittorico da cui prende in prestito il nome) per cui quella che sembra frutta a tutti gli effetti in realtà non lo è. La frutta martorana, infatti, ha solo la forma della frutta ma in realtà è realizzata con una particolare pasta di mandorle simile al marzapane, ma più dolce.

Come moltissime altre specialità, siciliane e non solo, anche questo dolce è nato tra le mura di un convento: quello della Martorana, legato alla figura della nobildonna dal cuore d’oro Eloisa Martorana.

Cos’è la frutta martorana e da cosa prende il nome

La frutta martorana è una preparazione dolciaria modellata dalla pasta reale, una pasta di mandorle simile al marzapane ma molto più dolce, poiché si ottiene impastando la farina di mandorle con il miele, oggi più comunemente sostituito con lo zucchero a velo come nella ricetta che ti proponiamo.

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Il composto ottenuto viene poi modellato in forme diverse, principalmente frutta, e dipinto a mano con coloranti alimentari. Il risultato è una vera e propria opera d’arte, dalla forma estremamente realistica tanto da sembrare, appunto, sculture in miniatura.

L’origine della frutta martorana è molto antica ed è legata alla figura dell’aristocratica Eloisa Martorana, da cui come è facilmente intuibile il dolce prende nome. Proprio lei, insieme a suo marito Goffredo, fondò nel 1194 il terzo monastero benedettino di Palermo annesso alla chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio. Conosciuto con il nome “la Martorana” dalla sua fondatrice, il convento fu la casa dell'omonima frutta, che come tutte le preparazioni più antiche e iconiche vanta diverse versioni di storie che raccontano la sua nascita.

La leggenda della suora cuciniera e della visita reale

Come tutte le storie antiche, anche quella della frutta martorana ha i contorni di una leggenda, che però tutt’oggi si tramanda per raccontare l’invenzione della specialità siciliana. Una delle versioni più diffuse è quella che Maria Oliveri scrive nel suo libro I Segreti del Chiostro.

Secondo la storia un giorno di fine ottobre del 1143 le suore del convento della Martorana ricevettero una notizia inaspettata: il re di Sicilia (ma in alcune versioni della storia è il vescovo) sarebbe arrivato per ammirare con i suoi occhi il giardino delle benedettine, divenuto una vera leggenda in tutto il regno per la sua bellezza e la sua ricchezza di fiori e alberi da frutto. La madre superiora e le altre religiose, però, furono sconfortate perché in autunno il giardino mancava dei fiori e dei frutti colorati che lo rendevano tanto ammirato. Allora la suora cuciniera ebbe un’idea: avrebbe ricreato lei frutti finti da appendere tra gli alberi per renderli più belli e carichi di frutti anche se era l'1 novembre.

La suora impastò farina di mandorle e miele, lasciò il composto ad asciugare qualche giorno e poi modellò e pitturò frutti che sembravano veri, ma che dovevano solo essere decorativi. Quando il sovrano arrivò per la visita e ammirò il chiostro, stupendosi che solo quel giardino in tutta la città avesse frutti maturi durante l’autunno. Invogliato a mangiarli il re colse un’arancia per sbucciarla e solo allora si rese conto che non era un frutto. Allora le suore, di fronte al suo divertimento, raccontarono che si trattava di dolci e, quando il sovrano li gustò definendoli "degni di un re", il composto trovo un nome: la pasta reale.

Il re prima di andare via si fece preparare un fagottino pieno di quei golosi fruttini e da allora le sorelle del convento non smisero più di preparare i frutti dolci di pasta reale. Nel 1193  Eloisa Martorana fece costruire un monastero benedettino accanto alla chiesa e al convento: in suo onore sia il complesso edilizio che i dolci preparati dalle monache assunsero il nome "della Martorana".

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Un’altra versione della storia: Eloisa Martorana e il suo buon cuore

Un’altra versione della storia lega invece la nascita della frutta martorana direttamente alla figura di Eloisa Martorana, donna buona e caritatevole che accoglieva nel suo convento molti bambini abbandonati cercando di donargli un po’ di amore. Un giorno, per premiare i bimbi più buoni e ubbidienti, preparò lei stessa dei dolci colorati a forma di frutta e impastanti con una sorta di pasta di mandorle simile al marzapane, imparata da una donna araba che viveva nel convento, ovvero quella che conosciamo come pasta reale.

I dolci ebbero tanto successo e le consorelle del convento impararono a prepararli come faceva Eloisa. Quando la donna morì, per mantenere viva la tradizione, la mattina del 2 novembre le suore continuarono a far trovare nel complesso dei cesti pieni di dolcetti di mandorle dicendo che era stata proprio Eloisa a portarli durante la notte. Da qui nascerebbe la tradizione di preparare la frutta martorana in occasione della festa dei defunti.

La frutta martorana oggi

Il convento della Martorana oggi non esiste più in quanto tale: nel 1876 fu espropriato dallo Stato e oggi ospita il Dipartimento di Architettura dell’università, invece la chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio, detta Martorana, è ancora in funzione.

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Chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio o Chiesa della Martorana

L’eredita delle suore del convento però è più che mai viva a Palermo, tanto che oggi la frutta martorana è riconosciuta come prodotto agroalimentare tradizionale siciliano e adorna le vetrine di le pasticcerie palermitane non solo in occasione del 2 novembre, ma tutto l’anno.

Dopo che il sinodo diocesano di Mazara del Vallo proibì alle suore di produrre la frutta perché le distraeva troppo dal loro raccoglimento religioso, infatti, si mise in messo la corporazione dei Confettari: nel 1575 chiese e ottenne il monopolio della produzione di questi dolci e da allora la tradizione del convento divenne la tradizione dei pasticceri cittadini.

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