Lo chef trevigiano classe '88, propone piatti azzardati dalla grande sensibilità estetica e punta sulla ricerca "del sapore, del sano, dell'eticamente sostenibile e del bello". Ma lancia anche un "allarme" sulla direzione che ha intrapreso la cucina italiana: "Deriva pericolosa e bolla speculativa in atto: troppe proposte che confondono i clienti".
Francesco Brutto, cuoco stellato a Treviso, è uno chef anticonformista nel senso più piacevole del termine. Un cuoco partito come stagista alla “Vineria”, locale che 11 anni dopo ha rilevato con un socio trasformandola nell’Undicesimo Vineria. Oggi questo ristorante ha 1 Stella Michelin dal 2017.
Il percorso dello chef di Undicesimo Vineria è diverso dal solito. Se fino ad ora abbiamo raccontato di baby prodigi in cucina già teenager, questa volta no perché Brutto intraprende il lavoro in Vineria dopo due anni di università (psicobiologia). Forse una follia, il cuoco la definisce “Una folgorazione sulla via di Damasco. Ho iniziato come stagista nel locale che poi ho rilevato. La decisione di mollare gli studi e provare a cucinare l’ho presa durante un rave”. Una frase che dice tanto, fa sorridere, ma esprime al meglio il concetto di approccio alla cucina che Brutto vuole proporre: “Una cucina prevalentemente di ricerca; ricerca del sapore, ricerca del sano, ricerca dell'eticamente sostenibile e del bello che l'umanità tutta e il mondo inteso come pianeta Terra ci può regalare”. Questa ricerca ha portato alla luce piatti favolosi, tanto da meritarsi una recensione entusiastica da parte di Gabriele Zanatta per Identità Golose, in cui i Tortellini al tamarindo fermentato con doppia panna e angostura bitter vengono definiti “Uno dei piatti più buoni che ci sia capitato di assaggiare nel sempre più affollato panorama della cucina giovane italiana”.
Francesco Brutto è un classe 1988 anche se non si direbbe vista la sicurezza con cui gestisce l’Undicesimo Vineria e dirige con Chiara Pavan il Venissa. Questa capacità è dovuta sicuramente al carattere forte del cuoco trevigiano ma anche al suo maestro, Piergiorgio Parini del Povero Diavolo di Torriana, perché “da lui ho imparato la libertà di pensiero, la curiosità, tutto ciò che riguarda il mondo della cucina, Piergiorgio è il mio unico grande maestro”. Su Parini si potrebbe scrivere un capitolo a parte: Tre Cappelli delle Guide dell’Espresso mantenuti dal 2013 al 2016, Stella Michelin al Povero Diavolo dal 2011 al 2016, tre Forchette per la guida del Gambero Rosso nel 2012 punteggio 90/100, L’Accademia della cucina di Francia gli ha conferito nel 2015 il premio "Chef del Futuro". Pensiero indipendente e tanta sostanza nella ricerca, anche se poco sponsorizzato.
Brutto non ha paura di esprimere le proprie opinioni. C’è sicurezza nelle sue idee, la sicurezza di chi vede un mondo anche al di fuori dai confini. Non solo le neuroscienze, ma l’arte e l’ecologia: “La cucina sta prendendo una deriva molto pericolosa, stiamo vivendo in una bolla speculativa che interessa il nostro mondo. Nell'ultimo decennio sempre più aperture di locali e format diversi hanno confuso la clientela che a causa di pubblicità, di agenti, uffici stampa riceve troppe e soprattutto fuorvianti informazioni. Per i commensali è difficile distinguere un ristorante dove la qualità-prezzo sia giustificata o dove viene servito semplicemente del cibo buono e sano”. Poi però prosegue con una visione futuristica in cui “la direzione sia quella di un consumo responsabile delle risorse che il pianeta ci mette a disposizione. La riduzione del consumo di plastica, la riduzione del consumo di carne e pesce d'allevamento, la diminuzione dell'utilizzo di latte e derivati”.
I prodotti che Brutto usa per i suoi 3 menu sono freschi e figli di un’attenta analisi da parte dello chef. Le portate cambiano spesso e la passione per l’arte è evidente nell’impiattamento che troviamo all’Undicesimo Vineria. Altra cosa evidente è l’amore che lo chef ha per la sua città, Treviso. Città dalla quale è partito e nella quale è ritornato. I prodotti sono locali, raccontano di una città e di una provincia, quella di Treviso, che esprime un panorama di sapori ampissimo. Lo chef, dice, inserirebbe nel menu un piatto storico della tradizione trevigiana, la sopa coada, una zuppa di pane e piccione tipica di Treviso. Pietanza nata presumibilmente in tempi di guerra, è testimone di un prodotto che, dall'essere riservato alle fasce povere della popolazione, con il tempo si è evoluto fino a diventare un ingrediente mainstream nel settore della ristorazione "gourmet". Le virgolette sull’ultima parola le mette proprio lo chef, come a rimarcare l’idea.
Fino ad ora abbiamo raccontato di un cuoco tutto d'un pezzo, deciso e consapevole, che propone una cucina audace. Ciò non deve far passare in secondo piano la sensibilità dello chef, come ha dimostrato "a parole", dopo la Stella del 2017, dicendo che "Non ho pianto quanto l'ho saputo, piango ora sugli scalini di questo teatro mentre scrivo. Realizzo quanto è stato dato e quanto è stato fatto per arrivare a questo nuovo punto di partenza da tutti noi di Undicesimo" e sensibilità che (di)mostra tutti i giorni nei suoi piatti.
All’inizio dell’articolo abbiamo parlato di un socio di Francesco Brutto. Il suo nome è Regis Ramos Freitas, un brasiliano con la passione del vino che in Treviso ha creduto tantissimo. Non solo socio del ristorante, ma sommelier e maître di Undicesimo Vineria. La sua passione e la sua sapienza per i vini naturali hanno donato al locale una delle migliori cantine d’Italia in questa speciale categoria enologica. La carta dei vini è facilmente consultabile sul sito del ristorante che disegna la geografia del Nord Italia e porta in cantina alcune delle migliori etichette estere.
I menu di Francesco Brutto sono selvaggi come i vini naturali di Ramos, ma mai sopra le righe. La consapevolezza del proprio ruolo nel mondo di cui ci ha parlato la troviamo nelle proposte ai clienti: ci sono azzardi certo, ma controllati, cadenzati, ricercati. I menu sono da 4 portate, 8 portate o “a sorpresa” ovvero una proposta tra le 10 e le 16 portate (il numero lo sceglie il cliente) in cui la fervida immaginazione di Francesco Brutto prende il sopravvento.