L'erborinatura è una tecnica millenaria dell'arte casearia. Le forme di formaggio vengono infatti "attaccate" dalle muffe buone che arricchiscono il risultato finale con sapori sbalorditivi. Un viaggio per l'Europa e nella storia con i formaggi erborinati, cercando di capire come si fanno e quali sono i più noti.
Fanno storcere il naso a molti con le loro muffe e l’odore pungente, ma sono una delle massime espressioni dell’arte casearia: i formaggi erborinati.
L’erborinatura è una tecnica antichissima che permette alle muffe “buone” di svilupparsi nella pasta di formaggio. I prodotti che subiscono questo processo sono anche chiamati “verdi” o “blu”, dal colore delle striature e delle chiazze che si formano.
Pare che questo processo sia stato scoperto in modo del tutto casuale, grazie ai primi formaggi che venivano lasciati a maturare nelle caverne. Una volta che le muffe si infiltravano nel formaggio, qualcuno buttava la forma “marcia”, qualcun altro provava ad assaggiare il prodotto: non sappiamo chi sia stato, rapito dal sapore del formaggio, a provare a replicarlo per la prima volta.
I primi reperti che testimoniano la presenza del Gorgonzola, infatti, risalgono all’anno 879, il Roquefort nel 1070, il Blue stilton nel 1700 ma è probabile che ci siano tutti comunque più antichi. Ma come si ottiene un grande erborinato e quali sono quelli che dobbiamo provare almeno una volta?
Per i formaggi erborinati bisogna parlare di scienza, perché di scienza si tratta. L’erborinatura è dovuta alla nascita dei miceli colorati dei Penicillium. Questi funghi si sviluppano durante la maturazione delle forme e sono rigorosamente controllati grazie all’aggiunta di agenti specifici, di colture pure e selezionate al latte munto, prima anche della cagliata. In fase di maturazione vengono praticate delle agature – cioè dei piccoli fori – sulle forme, per permettere il passaggio dell'ossigeno, fattore fondamentale per lo sviluppo dell’erborinatura.
Un tempo tutta la stagionatura era affidata al caso come abbiamo detto: superata la paura di assaggiare un formaggio macchiato e dall’odore forte, i casari che hanno assaggiato e fatto assaggiare gli erborinati agli amici e poi ai clienti. Il prodotto ha funzionato e così i pastori hanno studiato per anni le migliori tecniche per riprodurre le forme volute arrivando ai risultati odierni che sono eccezionali.
Abbiamo fatto una selezione degli erborinati da provare almeno una volta nella vita. La produzione è diversa da formaggio a formaggio e molto incide il luogo di produzione. Grande tradizione ce l’ha la Francia Alpina, al confine con l’Italia. Nel Bel Paese quello più noto è il Gorgonzola, un formaggio ormai di uso comune in tutta la nazione e non più relegato alla nicchia degli appassionati nel settentrione.
L’erborinato più famoso al mondo, il principe del formaggio italiano: la produzione e l’esportazione del Gorgonzola si attesta intorno alle 5 milioni di forme, il secondo formaggio Dop più prodotto sul pianeta alle spalle del solo Parmigiano Reggiano. La leggenda colloca la nascita del gorgonzola nell’ 879 grazie a un mandriano distratto che lasciò nella città di Gorgonzola, in provincia di Milano, del latte cagliato. Sprovvisto degli strumenti necessari, in una sosta successiva avrebbe aggiunto un’altra cagliata alla prima e dopo diversi giorni si sarebbe accorto delle venature verdi nella forma.
Leggende a parte, il gorgonzola è un formaggio grasso a pasta cruda con due versioni ben distinte: il gorgonzola dolce che si presenta più cremoso, ha un sapore leggermente piccante, il gorgonzola piccante ha una pasta più dura e una consistenza friabile, più simile agli erborinati francesi e ovviamente più piccante. Perfetto come accompagnamento a salumi magri, ancora meglio nei risotti.
Secondo formaggio italiano da provare assolutamente almeno una volta nella vita. Si tratta di un erborinato neonato, ideato e prodotto da Battista Locatelli nel 2005 presso la Centrale laitiére de la Valle d’Aosta. Il Bleu d’Aoste è un formaggio dalla forte personalità e dal sapore pronunciato, simile al Roquefort, perché proprio come l'erborinato francese anche questo valdostano si scioglie in bocca lasciando al palato una sensazione molto forte di muffa e sale.
A proposito di erborinati francesi, troviamo un formaggio storico come il Bleu d'Auvergne ai piedi delle Alpi. Questo erborinato è nato nella metà dell’800 grazie ad Antoine Roussel. Il mastro casaro notò come le muffe rendessero il suo formaggio molto più gradevole e con degli esperimenti provò a replicare la forma. Alla fine la soluzione: caglio e pane di segale in un sacco puntellato. Così, grazie all'aria – fondamentale per facilitare la formazione della muffa – nacque il primo Bleu d'Auvergne.
Con il tempo il maestro imparò a sfruttare la naturale temperatura della regione e oggi questo erborinato è tra i migliori sul mercato e sicuramente uno di quelli da provare almeno una volta nella vita. Si presenta con una pasta di colore bianco avorio, molto cremosa e con delle striature blu o verdi ben visibili anche nella colorazione della crosta. Il sapore è piccante e leggermente sapido perché la pasta è ricca di sale.
Il formaggio erborinato più famoso insieme al Gorgonzola. Il primo prodotto a ottenere la certificazione di Aoc, l’equivalente dell’italiana Denominazione di origine controllata. Il roquefort è uno dei più antichi erborinati al mondo: nei giacimenti preistorici dell’Occitania sono state ritrovate fuscelle per formaggi che, probabilmente, sono riconducibili a questa tipologia. Nel corso della storia viene citato in opere francesi, atti di donazione, documenti d’acquisto di reali e castelli. C’è addirittura un editto del 1400 in cui Carlo VI di Valois, re di Francia, afferma che il Roquefort deve essere protetto dai francesi. Nel 1666 poi, un decreto del Parlamento di Tolosa impone l’esclusività della stagionatura alla città di Roquefort-sur-Soulzon che ancora oggi produce questo formaggio con i metodi immutati del ‘600. Questo formaggio è da provare perché è una vera macchina del tempo, uno dei pochi esempi di gusto puro medievale arrivato fino a noi.
Il suo sapore è molto distinto, deciso e salato; si scioglie in bocca lasciando al palato una sensazione molto forte di muffa e sale perché ha una stagionatura molto lunga. A volte è così lunga che non si può mangiare da solo, ma può essere solamente cucinato.
Il formaggio dei druidi. La leggenda fa risalire la nascita della Fourme d’Ambert addirittura ai Galli, molto prima dell’arrivo di Giulio Cesare e dei racconti di Uderzo, con i druidi gallici che benedicevano i pascoli di pecore nelle notti di luna piena. È da queste jasserie – le costruzioni di pietra per la fabbricazione dei formaggi – dei monti del Forez che è nata la fourme d’Ambert, un formaggio erborinato deciso ma delicato. Si tratta del più dolce dei formaggi “blu” e questo lo rende particolarmente attraente a un pubblico più ampio di appassionati.
Se diciamo “Stilton” il pensiero va immediatamente a Geronimo, il topino intellettuale inventato da Elisabetta Dami. Non è del tutto sbagliato perché l’autrice milanese ha dedicato il cognome del suo personaggio proprio al famoso formaggio inglese.
Probabilmente il Blue stilton è nato grazie all’intuizione di Cooper Thornhill, proprietario di una locanda nel villaggio di Stilton nel 1730. L’oste scopre questo formaggio in una fattoria nei pressi di Leicester e lo replica nel corso degli anni. In questi tre secoli il Blue stilton è diventato il re dei formaggi, immancabile sulle tavole dei nobili del Regno Unito.
La crosta del Blue stilton è grigia mentre la pasta è giallo ocra con muffe verde grigio, con le venature blu che lo fanno somigliare al gorgonzola. Il gusto è pungente, liscio e quasi burroso, con un sapore rotondo, maturo, ricco e piccante.
A prima vista non sembra neanche un erborinato. La pasta è più compatta, le venature sono ridotte al minimo ma il sapore vi conquisterà. Dopo il Blue stilton, secondo George Orwell, è questo il miglior formaggio al mondo.
La storia del Wensleydale comincia in Inghilterra nel 1150 grazie a dei monaci cistercensi francesi che, dopo aver costruito un monastero a Fors, si spostarono nell'Abbazia di Jervaulx, nell'area meridionale di Wensleydale appunto, portando con loro una ricetta di un formaggio di pecora. Nel 1300 la corona inglese importa tantissimi capi di mucche, rendendo il latte vaccino molto più diffuso sull’isola al punto che i monaci decidono di provarlo per il Wensleydale con ottimi risultati. Nel 1540 il monastero viene chiuso, ma la ricetta del formaggio passa ai contadini del North Yorkshire, che continuano la tradizione seguendo pedissequamente le indicazioni dei monaci.
Il Wensleydale è un altro erborinato un po' atipico: dalla consistenza morbida, friabile e umida allo stesso tempo, con un sapore che ricorda il miele selvatico, ma con una nota di acidità.
Oggi la zona preposta a questo erborinato è invasa dalle fabbriche di Cheddar che comprano gran parte del latte, questo a causa di un’imposizione decisa dal Governo Churcill durante la Seconda Guerra Mondiale (il Cheddar doveva essere inviato alle truppe); alla fine del conflitto le fabbriche hanno prosperato cannibalizzando il commercio di latte vaccino nella zona e riducendo purtroppo di molto la produzione di Wensleydale.
Restiamo in Gran Bretagna, ma ci spostiamo in Scozia, e facciamo un grande balzo in avanti nella storia. Lo Shropshire blue non ha una di quelle nascite leggendarie fatte di Ciclopi e pastori con poca memoria. Lo Shropshire blue è un contemporaneo dei Led Zeppelin, dei Pink Floyd, degli Yes: proprio come queste band, è un figlio degli anni ‘70.
Andy Wiliamson, un casaro delle Highland Scozzesi produttore di Blue stilton, negli anni '70 ha infatti provato ad aggiungere alla cagliata un carotenoide estratto dalla Bixa orellana, l’annatto. Da questo esperimento è nato l’erborinato arancione scozzese, un formaggio molto diverso dagli altri incontrati fino ad ora, non solo per il colore. Il gusto dello Shropshire blue è infatti tendente al dolce più che al piccante, è molto più facile da mangiare anche per palati meno allenati al sapore degli erborinati.
Anche la Spagna ha una grande tradizione di formaggi erborinati. Questo in particolare, fatto col latte di capra, ha origini di epoca pre-romana: anche lo studioso Pascual Madoz parla della vocazione alla produzione dei formaggi caprini, erborinati o meno, nella Valle di Valdeón, già nell’800. Qui le montagne sono ricche di grotte e i pastori le hanno usate da tempi immemori per far maturare i formaggi.
A differenza degli altri erborinati trovati fino a questo momento, il Valdeón necessita di pochissimo tempo di stagionatura, circa due mesi, ed è per questo motivo che ha una crosta sottilissima e molto morbida. Anche la pasta è morbida, quasi cremosa, di un bellissimo color avorio con delle fessure azzurro-verdi di grandezza irregolare. Il sapore è piccante, acidulo, salato e fondente in bocca.
Su questo erborinato ci sono decine di pagine tra i libri più disparati della storia spagnola e della religione cattolica. Il Queso de Cabrales è infatti uno dei più antichi formaggi dei pastori e i pellegrini che hanno fatto il Cammino di Santiago ne hanno sicuramente sentito parlare. La marcia verso Santiago de Compostela è pregna di questo formaggio, venduto e regalato durante la traversata. Il prodotto è figlio di un’unione di tre tipi di latte: bovino, caprino e ovino. Il motivo è semplice: nella zona le famiglie possedevano solo un paio di capi per specie, se erano fortunati, e quindi la quantità di latte che avevano dagli animali non bastava per fare una forma di formaggio; erano quindi costretti a unire il latte dei vari capi di bestiame.
Il Queso de Cabrales è oggi il formaggio caratteristico del comune di Cabrales e di alcune località di Peñamellera Alta, nelle Asturie. Proprio come il precedente, ha una crosta sottilissima e viene venduto nell’alluminio per proteggerlo dall’ossidazione oppure nelle foglie d’acero inumidite. L’odore di questo formaggio è molto forte, è un formaggio ostico per i neofiti e del tutto inadatto alla cottura, a causa della potenza del suo sapore.
Questo è un erborinato danese nato nel 1927 con una storia molto curiosa. Marius Boel, un mastro casaro con la passione per il Roquefort voleva ottenere una propria versione del formaggio francese e cercò quindi di produrre un formaggio che lo ricordasse. Praticamente, il Danablu nasce come un tentativo di imitazione, di tarocco, come una normale videocassetta in vendita sulle bancarelle.
In realtà il risultato di Boel è andato ben oltre le aspettative. Il Danablu ha un sapore simile al Roquefort ma è molto diverso in tanti fattori tanto da renderlo un formaggio diffusissimo in tutto il mondo, con un mercato ampissimo soprattutto negli Stati Uniti. Rispetto all’erborinato francese il sapore è molto più delicato con un odore meno pungente anche se mantiene la nota salata tipica del Roquefort.