Mozzarella, scamorza, provola, provolone e caciocavallo sono specialità casearie del meridione che hanno conquistato tutta l'Italia (e non solo). Vediamo come si fanno e perché sono irresistibilmente filanti.
Se non ci fossero i formaggi, probabilmente bisognerebbe inventarli. Soprattutto quelli a pasta filata: come sopravviverebbero gli italiani altrimenti senza la mozzarella sulla pizza? Eccellenza casearia del made in Italy, gode di facile utilizzo in cucina per via della versatilità e del gusto neutro, ma riconoscibile. Mozzarella, mozzarella di bufala, scamorza, provola, provolone, caciocavallo sono tra i prodotti più iconici e conosciuti del Sud Italia, dal Molise alla Sicilia, passando per Campania, Basilicata, Calabria e Puglia, dove la maestria dei casari si perde nella notte dei tempi.
Quella dei formaggi a pasta filata è una tecnica di lavorazione dalle origini secolari, anche se non certe: si dice che già la mettessero in pratica gli antichi Romani, in quanto il clima caldo portava il latte ad acidificarsi molto velocemente durante il trasporto, favorendo questo tipo di trasformazione. Vediamola nel dettaglio, per poi fare una panoramica sulle varietà principali.
Questi formaggi sono il risultato dell’acidificazione e della coagulazione del latte, che una volta diventato cagliata subisce la filatura grazie a un’operazione svolta a mano nelle produzioni artigianali o avvalendosi di appositi macchinari diffusi negli stabilimenti industriali.
Si tratta, come per tutti i formaggi, del passaggio del latte dallo stato liquido a quello solido:
La fase di filatura esclusiva di questa tipologia avviene adesso: la cagliata, che si è rassodata, è ridotta in pezzi, salata e coperta da acqua calda, tra gli 80 °C e i 95 °C. Si inizia a mescolare al fine di ottenere un impasto modellabile: attraverso il calore la caseina (ovvero la principale proteina del latte) assume una struttura fibrosa che permette alla massa di fondersi per raggiungere una consistenza plastica, facilmente malleabile secondo la forma e la dimensione che si vuole dare (tonda, a treccia, con testina, media, grande o bocconcino). Una volta formato, il formaggio si mette a raffreddare in acqua fredda e al bisogno si fa un ultimo passaggio in salamoia per la salatura se non avvenuta durante la filatura.
Possono essere freschi e stagionati, a pasta molle, semi dura e dura: mozzarella, burrata, provola, scamorza, provolone e caciocavallo sono specialità gastronomiche che hanno conquistato tutta la penisola. Il loro attaccamento al territorio spesso è anche certificato da marchi di eccellenza, come Dop e Igp. Alcuni formaggi sembrano uguali, in altri le differenze si vedono a occhio nudo: conosciamoli meglio.
Sono due tipologie di formaggi freschissimi e freschi, a pasta molle, prodotti con latte vaccino o di bufala. La mozzarella ha colore bianco, consistenza morbida ed elastica e si presenta in forme e dimensioni diverse, come sfera, nodino o treccia. Al gusto è lievemente acidula e lattiginosa: indice di qualità è la leggera uscita del suo siero al momento del taglio. Tra le eccellenze italiane più famose ci sono la Mozzarella di Bufala Campana Dop, tipica delle province di Salerno e Caserta (ma si produce anche in Puglia e Lazio), la Mozzarella di Gioia del Colle Dop, tra Bari, Taranto e Matera e il Fiordilatte di Agerola. realizzate con latte vaccino. La burrata invece è uno scrigno di mozzarella che racchiude al suo interno la stracciatella, un mix voluttuoso di pasta filata stracciata a mano e panna: il top di qualità lo raggiunge la Burrata di Andria Igp, nei territori dell’Alta Murgia.
Abbiamo accoppiato i due formaggi perché spesso i termini sono usati come sinonimi, ma in realtà la provola e la scamorza non sono la stessa cosa. In comune hanno l'aspetto a pera, il colore bianco/avorio, una crosticina ispessita, l’interno compatto e filamentoso e possono subire l’affumicatura, che regala la tipica nota di sapore e una tonalità paglierina, così da distinguersi in bianche e affumicate. Si ottengono con la stessa lavorazione della mozzarella, ma sono a pasta semi dura ed entrambe possono derivare da latte vaccino, bufalino e ovino. La differenza principale è data dalla trasformazione della materia prima, che per la provola è totalmente filata a crudo, mentre per la scamorza prima viene semicotta e poi filata.
A seconda delle specificità locali, ne esistono tantissime varianti, a stagionatura breve, media o lunga, dal solo giorno a qualche mese. Si dice che la provola sia il formaggio a pasta filata più antico, con testimonianze che risalgono al Medioevo. Il nome potrebbe derivare dall’azione di “prova” che compivano i casari per verificare la filatura, oppure dalla “pruvula” o “pruvatura”, pezzetto di formaggio che i fedeli mangiavano durante la processione verso il Monastero di San Lorenzo in Capua, nel casertano. Scamorza invece deriva da “capa mozza” ovvero “testa mozzata”, in riferimento alla sua forma. Anche questa tipologia ha una Dop di riferimento: si tratta della Provola dei Nebrodi, localizzata nelle province di Enna, Catania e Messina.
Il provolone è un formaggio dalle dimensioni maggiori rispetto a quelli visti in precedenza, pesa in media 5 kg e a seconda del suo gusto, dolce o piccante, ha tempi di stagionatura lunghi, che possono arrivare fino a 12 mesi. Si presenta con una crosta più spessa di quella di provola e scamorza, dalle nuance brune e con una pasta interna liscia e compatta di colore giallo paglierino. Si produce con latte vaccino e rispetto ad altri formaggi a pasta filata che sono tipici del sud, una delle sue eccellenze è ubicata al nord, il Provolone Valpadana Dop, nato dall’unione della tradizione casearia meridionale e dalla grande disponibilità di latte del settentrione. Impossibile non citare il Provolone del Monaco Dop, 100% partenopeo: famosissima tra gli appassionati la ricetta degli spaghetti messa a punto dallo chef Peppe Guida, abbinato a limone e olio extravergine d’oliva.
Eccellenza casearia del Mezzogiorno, legato a tradizioni contadine e storie di emigranti, è un formaggio a pasta semidura o dura che si ottiene dal latte vaccino, prima filato e poi fatto stagionare da un minimo di 15 giorni a qualche mese: a seconda del grado di maturazione la crosta esterna risulta più o meno scura, la pasta interna si compatta maggiormente e il sapore diventa pungente. La sua forma è spesso riconoscibile: tonda con una testina circondata da un cappio. Il termine sembra derivare da un passaggio della sua lavorazione: le forme fresche venivano legate a coppie e messe a riposare “a cavallo” di una trave. Anche qui ritroviamo una Dop, il Caciocavallo Silano, e una varietà particolare, il caciocavallo podolico, prodotto da vacche di razza podolica del Gargano con stagionature che si prolungano per anni e che lo rendono un formaggio molto pregiato.
In Calabria e Sicilia, in alcune feste di paese, non è raro trovare formaggi zoomorfi: si tratta di animaletti di provola, tipici soprattutto del comune di Marcellinara in provincia di Catanzaro, che vengono abilmente realizzati con la pasta filata, un po’ come le pecorelle pasquali siciliane con il marzapane. Piccoli maialini, cavalli, pecore e caprette, sono modellati a mano da persone che conservano e tramandano questa antica lavorazione: a volte è opera del casaro stesso, che da artigiano diventa un vero e proprio artista.