Brie e camembert ti dicono qualcosa? Ebbene sì, sono loro i rappresentanti più amati e conosciuti di questa tipologia di formaggi, che grazie alle muffe nobili diventano irresistibilmente cremosi.
La tradizione casearia italiana è ricca di specialità regionali che varcano i confini nazionali e portano alto il nome della gastronomia tricolore in tutto il mondo. C’è però un altro tricolore che è universalmente apprezzato per il suo formaggio: stiamo ovviamente parlando della Francia, che tra le tante eccellenze culinarie è anche la terra d’elezione dei formaggi a crosta fiorita, particolarmente conosciuti e consumati anche in Italia. Le due varietà più famose sono il brie e il camembert: prodotti diversi tra loro che hanno però in comune parecchie cose, tra cui la forma rotonda, l’odore pungente, il gusto delicato e una consistenza dura in superficie e morbida all’interno. Questo perché la stagionatura di entrambi è merito delle cosiddette muffe buone o nobili, che invece di deteriorare un alimento, lo caratterizzano in senso positivo, rendendolo unico.
Il termine crosta “fiorita” – croûte fleurie – può apparire un po’ troppo romantico se associato a questi formaggi riconosciuti tra i più puzzolenti in circolazione, eppure fa perfettamente capire in che modo si presentano le muffe, ovvero come uno strato bianco germogliato in superficie ben visibile a occhio nudo, oltre che al tatto. Il velo dalla texture vellutata che ricopre la parte esterna è un insieme di microrganismi fungini composto da muffe bianche che vengono da colture selezionate appositamente per creare questo rivestimento. Si tratta di funghi che non fanno male alla salute – tanto che la loro crosta è edibile – e che assicurano il giusto processo di affinamento. In che modo?
Le colture più utilizzate in questa lavorazione appartengono al genere di funghi Penicillium, che si divide in differenti sottogeneri: c’è quello usato in medicina, da cui si ricava il celebre antibiotico (penicillina) e poi ci sono quelli destinati alla produzione dei formaggi; questi si dividono in Penicillium roqueforti e glaucum per i formaggi erborinati tipo il gorgonzola e Penicillium candidum per i formaggi a crosta fiorita.
Quali sono le differenze? I primi conferiscono ai blue cheese le classiche striature verdi e blu, colorando anche la parte interna; i secondi fioriscono in superficie, mantenendo le tonalità del bianco. Non fanno cambiare nuance al formaggio neppure internamente, ma agiscono sulle sue proteine degradandole, così da avere la tipica cremosità fondente. L’azione delle muffe, che in passato avveniva spontaneamente, adesso è regolata per legge dall’uomo, che le innesta nel latte vaccino, ovino o misto tramite una soluzione solubile all’inizio del processo di produzione oppure una volta ottenute le forme, prima della stagionatura, spruzzandole sulla superficie.
In territorio francese ci sono diversi formaggi a crosta fiorita, anche se la loro fama non arriva fino a qui. Per esempio il Neufchâtel, dalla tipica e antichissima forma a cuore: si narra che fosse regalato dalle ragazze ai soldati come pegno d'amore durante la guerra dei Cent’anni tra il 1337 e il 1453. Oltretutto, anche nel nostro paese i formaggi a crosta fiorita non mancano: esistono soprattutto in Lombardia e Piemonte piccole produzioni artigiane d’eccellenza, che legano il loro nome a quello dell’azienda. C’è da dire, però, che il brie e il camembert hanno raggiunto una notorietà senza pari: vanno degustati a temperatura ambiente, quindi tolti dal frigo almeno 30 minuti prima di servirli per arricchire taglieri, oppure sono ottimi al forno per il loro cuore filante o sciolti in primi piatti, in versione comfort food. Conosciamoli meglio.
Sarebbe più corretto parlare di brie al plurale e non di brie al singolare, visto che con questo termine si indicano prodotti simili tra loro tutti appartenenti a questa grande e amatissima “famiglia” di formaggi provenienti da una regione che si chiama proprio Brie, situata nel nord-est della Francia, nell’Île-de-France. Vantano un’origine antichissima, così come lo è il loro più grande estimatore, l’Imperatore Carlo Magno, che si narra ne rimase folgorato all'assaggio, nel 774 ospite di un’abbazia. Successe la stessa cosa nel 1915 durante il Congresso di Vienna, dove i rappresentanti dei vari stati coinvolti nelle guerre napoleoniche non sono ristabilirono l’ordine europeo, ma durante una cena elessero anche il brie come il “re dei formaggi”. Tradizionalmente il brie viene preparato con latte vaccino crudo (anche se ora a livello industriale si usa pure quello pastorizzato) e sono tre le varietà più pregiate.
Vanto caseario della Normandia, lodato da Napoleone III, il camembert arriva dall’omonima cittadina, votata alla produzione di questo formaggio esattamente dal 1791, nei primi anni della Rivoluzione francese. La sua origine, infatti, è documentata nella Maison du Camembert, il pittoresco museo dedicato a questa specialità, e vede protagonista la contadina Marie Harel che impara la tecnica da un prete fuggito dalla regione di Brie per lavorare un formaggio locale chiamato con lo stesso nome, ma che fino a quel momento si consumava fresco, senza quindi la classica crosta fiorita.
Anche il Camembert de Normandie è una Aop, con un metodo di produzione ben definito: solo latte vaccino crudo derivante da vacche di razza Normanna che pascolano per più di sei mesi l’anno, la cagliata che va inserita nelle forme con il mestolo per 5 volte a distanza di un’ora l’una dall’altra, una stagionatura di 4 o 5 settimane e il 25% di grassi. Il colore esterno è bianco e vira al marroncino man mano che il formaggio affina: l’interno è particolarmente molle, quasi fuso. Non è un caso che il camembert venga porzionato in confezioni rotonde di legno da 250 o 500 gr: questo serve a mantenere la forma, in quanto il formaggio più matura più diventa cremoso e rischierebbe altrimenti di collassare.