I grandi classici sono la farina di grano tenero per la pasta all'uovo e la semola di grano duro più diffusa al sud, ma non mancano alternative, come le farine di legumi, proteiche e saporite.
L’arte della pasta fresca made in Italy può essere considerata come un vero e proprio patrimonio culturale: un gesto legato alla valorizzazione delle materie prime del territorio e a rituali racchiusi tra le mura domestiche che ancora si tramandano. Molto meno prosaicamente, preparare con le proprie mani un ottimo piatto di tagliatelle al ragù o di orecchiette alle cime di rapa, anche senza citare figure dell’albero genealogico, dà sempre una grande soddisfazione. La buona notizia è che ci vogliono davvero pochi ingredienti, di cui il principale è la farina, da impastare con acqua o uova, un pizzico di sale e una certa abilità. Da qui, si intuisce come la scelta tra le diverse tipologie a disposizione per realizzare il formato che si è deciso di portare in tavola non deve essere casuale. Vediamo quali sono le possibilità, sotto il segno della tradizione, ma anche delle ultime novità.
Quando si parla di pasta fresca all'uovo, soprattutto nel Nord Italia e nella patria delle sfogline, l’Emilia, la farina di grano tenero è la regina indiscussa: si ottiene dalla macinazione del Triticum aestivum, ed è particolarmente adatta per preparare impasti elastici e morbidi, perfetta per realizzare tagliatelle, pappardelle, lasagne o pasta ripiena, come tortellini, ravioli e cappelletti. Tra le diverse varietà in cui si differenzia, 00, 0, 1, 2 e integrale, quelle che meglio si prestano sono le prime due, dalla granulometria fine e la forza medio-debole, preferendo quelle con un tenore proteico basso (attorno al 10%), che permette di ottenere una sfoglia leggermente ruvida, ideale per trattenere i condimenti. L’impasto, inoltre, è facilmente modellabile, e può essere steso a mano o nella classica macchina meccanica o elettrica senza rompersi a spessori differenti, compresi quelli molto sottili.
Spostandoci verso il Sud Italia, ecco che troviamo la semola di grano duro. A differenza della precedente, arriva dalla macinazione del Triticum durum, più diffuso nel meridione, ma non in modo esclusivo, visto che in Liguria le trofie – la classica pasta che si abbina al pesto – si fanno con la semola e non con la farina. Ha una consistenza più granulosa e un contenuto proteico più alto (12-14%) ed è per questo che lo sviluppo della maglia glutinica durante la lavorazione con l’acqua diventa decisamente laborioso. L’impasto, alla fine, ha una struttura liscia, corposa e resistente, garantendo un’ottima tenuta in cottura (peculiarità che si riflette anche nella pasta secca): spazio quindi a orecchiette, cavatelli e scialatielli, per citare i formati più comuni.
Le farine alternative tipo quella integrale, di cereali antichi come il farro, di legumi, di canapa e di castagne stanno acquisendo sempre più popolarità nella preparazione della pasta fresca, grazie ai loro benefici nutrizionali e ai sapori distintivi, che offrono una gamma di gusti più complessi rispetto alla farina 00 e alla semola. Si tratta soprattutto di farine non raffinate, ricche di fibre e il più delle volte anche proteiche – per esempio quelle di piselli, lenticchie e ceci – che sono difficili da impastare, per via della bassa presenza di glutine o dell'essere gluten free. Di solito non si usano mai in purezza, ma miscelate con farina di riso o 00, che aiutano la stendibilità. Inoltre, non sono basi neutre, ed è per questo che bisogna fare maggiore attenzione nella scelta dei condimenti, per abbinarle al meglio.