Si tratta di una delle fasi finali della lavorazione della pasta che, insieme ad altri fattori, ne determina la qualità. Vediamo in cosa consiste e perché è così importante come viene realizzata.
Regina delle tavole italiane, la pasta è uno degli status symbol della nostra gastronomia, che in tutto il mondo viene considerato un prodotto di eccellenza e che spesso si fregia dei suoi stretti legami con la tradizione. Anche se non è sempre così, soprattutto quando identifichiamo con il termine tradizionale il metodo di produzione. Basta vedere l’amplissima scelta di marche e tipologie su un comune scaffale del supermercato per capire che per soddisfare l’alta richiesta quotidiana la pasta, da qualche parte, deve scendere a compromessi. L’argomento da trattare sarebbe amplissimo, ma qui ci soffermiamo su una fase in particolare della sua lavorazione, l’essiccazione, un dettaglio che fa la differenza perché, banalmente, è da come viene fatta che deriva una delle prime cose di cui ci accorgiamo, ovvero il suo colore: un’essiccazione lenta avrà come risultato una pasta cruda chiara, sui toni dell’avorio, mentre lunga la farà virare al giallo. Lo diciamo subito: la prima è meglio. Ecco perché.
L’essiccazione è una delle più fasi più importanti del processo produttivo: consiste nel togliere dalla pasta già diversificata nei diversi formati l’acqua per evaporazione attraverso dei cicli di aria calda che ne eliminano l’umidità: per legge nella pasta secca questa non può superare il 12,5%. Il tutto avviene in apposite celle di essiccazione e con metodologie diverse a seconda del tempo di permanenza e delle temperature utilizzate, che si dividono in due categorie:
Come si può intuire, l’essiccazione a bassa temperatura richiede dei metodi di lavorazione più lunghi, preferiti dalle aziende artigianali che non devono imporsi sul mercato in termini di volumi e vendite, mentre quella ad alta e altissima temperatura è maggiormente utilizzata nelle aziende industriali o semi-industriali, per un visibile abbattimento di costi e tempi.
Il presupposto per ogni pasta che si possa definire di qualità è quello di partire da un’ottima semola di grano duro: le sue proprietà organolettiche durante i passaggi della filiera devono essere preservate, così che arrivino nei piatti dei consumatori con tutti i nutrienti che li caratterizzano più intatti possibile. Durante l’essiccazione avviene una trasformazione chimico-fisica che coinvolge non solo la componente di acqua – che come abbiamo visto evapora – ma anche le proteine e gli amidi: dalla loro combinazione dipende il livello di fattura del prodotto finale, tra cui anche la sua digeribilità.
Disidratando la pasta in modo lento non si attiverà in anticipo il processo di gelatinizzazione dell’amido, che è proprio del momento in cui si cuoce in pentola, cosa che avviene invece con un’essiccazione veloce, con il risultato che la pasta subisce praticamente una doppia cottura. In più, resterà inalterato il valore della lisina, aminoacido essenziale per il nostro organismo.
I trattamenti termici ad alte temperature danneggiano il contenuto nutritivo e proteico della semola, facendone perdere anche la fragranza. Risulta chiaro come solo una semola in origine eccellente possa sostenere una disidratazione lenta che ne esalti tutti gli aspetti, mentre una semola già mediocre all’inizio sarà di più facile impiego nei processi veloci, con una pasta che si rivela il più delle volte anonima. Secondo la normativa vigente, non c'è un obbligo per le aziende di indicare sulla confezione il tempo e le temperature attuate nella fase di essiccazione, quindi è sempre bene fare riferimento alla tabella nutrizionale presente in etichetta.
Per distinguere i due tipi di lavorazione basta guardare il colore: la pasta più chiara ha subito un'essiccazione più lenta e a basse temperature, la pasta che tende al giallo-aranciato, invece, è probabilmente stata prodotta con l'essicazione ad alta temperatura.
In Italia c’è una zona che storicamente proprio per i suoi originali fattori climatici è stata il centro della produzione pastaia della penisola per molti secoli: si tratta di Gragnano, in provincia di Napoli conosciuta fin dal’ 500. Qui un equilibrio perfetto tra venti e umidità ha permesso che si generasse una prodotto di altissima qualità: l’essiccazione avveniva all’aperto, fuori dalle botteghe, dove gli artigiani disponevano la pasta ad asciugare in modo completamente naturale, grazie al sole e temperature ideali, mediamente sui 30 °C, per un riposo che durava per giorni a seconda delle condizioni contingenti, con un minimo di 24 ore.