Secondo un recente studio americano, l'86% della pesca del calamaro non è regolamentato e questo è un problema: stiamo pericolosamente dimezzando la specie.
I calamari che mangiamo, purtroppo, arrivano quasi certamente dalla pesca non regolamentata. La maggior parte di quelli che arrivano nei mercati del pesce, nei ristoranti e nelle case, proviene da acque internazionali dove non ci sono regole e quando non ci sono regole gli esseri umani tirano fuori il peggio di loro stessi. Diversi ministri e tantissimi scienziati hanno fatto presente la preoccupazione circa il declino del numero di cefalopodi nei nostri mari ma finora è stato fatto poco per mirare alle attività di pesca dei calamari che si stanno espandendo in spazi non regolamentati, secondo un nuovo studio internazionale. Vediamo di che si tratta.
Lo studio pubblicato su Science Advances è diretto da Katherine Seto, docente di studi ambientali all'Università della California: secondo la ricercatrice le attività di pesca continuano a crescere di anno in anno e si spostano sempre più spesso molto lontano dalle giurisdizioni dei singoli Paesi. La ricerca utilizza immagini del satellite per tracciare i pescherecci: tra il 2017 e il 2020 (il periodo dello studio) le battute di pesca sono aumentate del 68%, una cifra abnorme.
Secondo Seto le attività di caccia ai calamari sono pericolosissime per l'ambiente e che per far fronte al problema dobbiamo combattere l'espansione dei pescherecci "e aumentare la condivisione dei dati e la comunicazione tra gli enti di gestione". Lo studio ha rilevato che questi pescherecci di calamari pescano in aree non regolamentate: l'86% del tempo sono in acque internazionali. Ora specifichiamo che questo tipo di attività non è necessariamente illegale, dipende da come la si fa, ma crea grossi scompensi in merito a sostenibilità della pesca ed equa ripartizione delle risorse tra i diversi gruppi sociali e l'ecosistema marino. Queste navi pescano enormi quantità di calamari con poca o nessuna supervisione.
Le catture non vengono comunicate agli organismi di gestione nazionali o internazionali, né sono incorporate nelle stime dello sforzo di pesca, del raccolto o dello stato degli stock. Il risultato è che potremmo quasi estinguere una specie senza accorgersene. Purtroppo questi animaletti sono visti come "esseri inutili" dai pescherecci, come prodotti di poco conto, perché si riproducono molto velocemente e hanno una vita breve. In natura i calamari vivono circa un anno infatti. Il problema è che in quest'anno di vita contribuiscono a ripulire il mare e a fornire cibo ad altri animali. Sono un anello fondamentale della catena alimentare della Terra, non a caso anche sulle nostre tavole ne arrivano in grandi quantità, troppo grandi probabilmente. Facciamo sempre più attenzione a ciò che mangiamo: molto del futuro del pianeta dipende proprio da questo.